Le diverse varietà di asparagi, gli ortaggi con i turioni
«Un giorno fu detto a monsignor Courtois de Quincey, vescovo di Belley, che un asparago di meravigliosa grossezza spuntava in un quadrato del suo orto. Subito gli addetti alla diocesi andarono a vedere, perché anche nei palazzi vescovili ognuno è contento se ha qualcosa da fare. La notizia fu riconosciuta né falsa né esagerata. La pianta aveva forato la terra e appariva già sul livello del suolo: la testa era tonda, lucida, iridescente e prometteva una colonna da poter sì e no entrare in una mano […] fu unanimente proclamato che soltanto a monsignor Vescovo spettasse il diritto di sradicarlo […] Nei giorni seguenti l’asparago crebbe in grazia e bellezza […] Allora monsignore si avanzò, armato del coltello rituale […] Ma oh, sorpresa! oh delusione! oh dolore! Il prelato si rialzò a mani vuote… L’asparago era di legno». Questo, che si può ben definire uno scherzo da preti, è raccontato da Jean-Anthelme Brillat-Savarin, che nella sua Fisiologia del gusto, opera fondamentale per la storia della gastronomia moderna, non trascura momenti di gioco e di allegria. La storiella, comunque, testimonia della fortuna antica di un frutto della terra che proprio in questo periodo, da fine marzo a tutto giugno (al di fuori di questo li troverete solo di serra o di importazione), vive da noi la sua epoca migliore, per qualità e prezzi convenienti. L’asparago è una pianta erbacea dalle radici rizomatose che danno origine a germogli chiamati scientificamente turioni, la parte commestibile, raccolti appena spuntano dal terreno, quando sono teneri e succosi.
Diverse sono le varietà, che si distinguono in base al colore dei turioni che possono essere bianchi (bianco d’Olanda, bianco di Bassano, di Pescia e di Cesena), verdi (come i californiani), violetti (di Argenteuil, napoletano, di Albenga). Molto noto e importante in Italia è l’asparago violetto di Albenga, inconfondibile per i turioni molto grossi e il colore viola intenso che gradatamente sfuma scendendo verso la base. In tavola questa varietà porta la sua morbida carnosità, la delicatezza del sapore, dolce e burroso e, non ultima, l’assenza dell’aggressività olfattiva dei suoi fratelli. Ugualmente interessante la tradizione dell’asparago di Bassano, rigorosamente bianco, e, passando alla Lombardia, quello di Cilavegna in provincia di Pavia e l’asparago di Mezzago, in provincia di Milano. Godono della Igp il bianco di Cimadolmo (provincia di Treviso) e il verde di Altedo (tra Bologna e Ferrara), mentre è stata riconosciuta la Dop al bianco di Bassano. Tutti con una loro personalità, tale da farli senz’altro preferire ai prodotti di importazione che spesso in Italia monopolizzano gli scaffali di negozi e supermercati, con buona pace di tipicità e biodiversità. Ci sono anche gli spontanei, che crescono nei boschi nello stesso periodo: sono più sottili ma non meno saporiti di quelli coltivati. Terra buona da asparagi è anche il Piemonte con gli asparagi di Poirino e di Santena (Torino), di Borgo d’Ale (Vercelli) e di Valmacca (Alessandria). E, per quanto ci riguarda da vicino, l’asparago coltivato a Vinchio, il “Saraceno”. Nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale la comunità vinchiese sentì l’esigenza di puntare – oltre che sul vino – su altre produzioni agricole senza rinunciare alle vigne che ricoprivano, e ancora per buona parte ricoprono, le erte colline del territorio. Così, negli interfilari, si iniziò a impiantare le asparagiaie che, grazie ai terreni sciolti e alla componente sabbiosa di queste “colline del mare”, cominciarono a regalare una produzione copiosa, primaticcia e di grande qualità. Quanto al nome, c’è lo zampino di una intelligente “signora di campagna”, Rosetta Lajolo, che pensò a un nome identificativo ed esclusivo del territorio. Esiste a Vinchio una cresta di colline vitate che si chiama “bricco dei Saraceni” dove in passato, durante lo scasso per mettere a dimora nuovi vigneti, sarebbero venuti alla luce resti ossei. La fantasia popolare attribuì questi reperti ai “Saraceni”, quei nuclei di Berberi provenienti dall’Africa Settentrionale, che successivamente all’occupazione della Sicilia nell’Alto Medioevo compirono numerose spedizioni e fondarono empori e basi militari in Liguria e Provenza, da cui pianificarono profonde incursioni nell’entroterra, fino ai valichi alpini piemontesi. Riscontri oggettivi e documentali, incerti e complessi a fronte, tuttavia, di diversi toponimi che hanno alimentato la convinzione – a Vinchio come a Belveglio, a Cortiglione (Valle della Morte) come a Ottiglio (grotte dei Saraceni) – che vi si fossero svolte battaglie contro i Saraceni, condotte immancabilmente dal conte, e poi marchese, Aleramo. Al di là di battaglie e leggende, è indubbio che gli asparagi crescono in modo ottimale sulle colline vinchiesi, che il paese ne ha acquisito una fama che accosta a quella da tempo legata al vino Barbera, e che la collina dove sono particolarmente coltivati è detta proprio Bricco dei Saraceni. La prima domenica di maggio è dedicata alla promozione dell’asparago locale e a tutto il territorio, in particolare alla riserva naturale della Val Sarmassa, con passeggiate, mercatino e un pranzo in cui si degustano i prodotti tipici locali, asparagi e vino in primis. .