La Fiat 524-L fu la prima auto immatricolata ad Asti
Nel 1935, con la nascita della provincia di Asti, il Ministero dei Trasporti decretò che la sigla automobilistica fosse AT. Fu una decisione curiosa, perché le sigle provinciali introdotte dal 1927 prevedevano, tranne Roma, che aveva il nome per intero sulla targa, che le due lettere fossero tratte dall’iniziale del nome della città capoluogo, a meno che non ci fossero lettere uguali di altre città che creassero doppioni. In questo caso si passava a quella successiva. Asti avrebbe quindi potuto avere la sigla AS, visto che Ascoli Piceno aveva già AP. Prese invece la AT abbandonando la AL alessandrina da cui si separò con la nascita della provincia. La prima targa della nuova provincia fu ovviamente AT 1 e fu assegnata a una FIAT 524 L di proprietà del Comune di Asti. La decisione di acquistarla, in sostituzione di una precedente FIAT 525 di proprietà comunale e con targa AL di Alessandria, fu presa dal podestà di Asti Vincenzo Buronzo con delibera podestarile n° 425 del 23 aprile 1932. La motivazione fu la seguente: «Dopo tre anni la predetta macchina (FIAT 525) non presenta più le volute garanzie di buon funzionamento e dovrebbe essere completamente ripassata, sostituita in alcune parti e trasformata nella carrozzeria con una spesa notevole, senza avere la sicurezza di avere un’autovettura che risponda alle esigenze del servizio, sia per ricevimenti ufficiali di autorità e personaggi che qui convengono in circostanze varie, come per tutte le occasioni in cui occorre agli amministratori di fare sopraluoghi nelle diverse frazioni del vasto territorio del Comune ed altrove in rappresentanza del Comune stesso…». Una giustificazione di comodo che sottintende il desiderio del podestà Buronzo, che da tempo mirava a fare di Asti un capoluogo di provincia, di avere un’auto di rappresentanza nuova fiammante, adatta al futuro ruolo della città.
Sette posti con l’autista 2500 di cilindrata
La scelta, rigorosamente nazionale, tra le poche auto di lusso dell’epoca era tra Fiat e Lancia, visto che l’Alfa Romeo, usata anche dal Duce, era più corsaiola. Ad Asti in Comune scelsero l’ultimo modello di lusso della FIAT, la 524 L appunto, una berlina a sette posti con una cilindrata di 2500 cc. L’auto era così descritta nell’opuscolo pubblicitario: «Questa ricca vettura di classe, dotata dei più moderni ritrovati per rendere il viaggiare sempre più comodo e attraente, fa onore veramente all’industria italiana; e, malgrado la sua ridotta cilindrata – in armonia con le esigenze dell’attuale momento economico in tutto il mondo – può reggere agevolmente il confronto con i più grandi capolavori dell’industria automobilistica internazionale… dalla linea filante, sobria e signorilmente distinta, dalla finitura impeccabile, ha all’interno tappezzeria e imbottitura in panni o pelli finissime, sedili anteriori a poltroncina regolabili, appoggiapiedi ribaltabili, cristalli scendenti, visiera parasole interna regolabile, tendina posteriore regolabile dal posto di guida, tergicristallo automatico, specchio retrovisore, illuminazione interna, posacenere, ecc… ha inoltre un divisorio interno tra i posti anteriori fissi e i posteriori, con grande cristallo unico scendente a manovella, cristalli laterali e posteriori anch’essi scendenti, telefono elettrico per comunicare con lo chauffeur dal divano posteriore…» Insomma tutte le caratteristiche per un’auto di rappresentanza. Per l’acquisto, il Comune di Asti spese in contanti 20 000 lire, dal momento che la concessionaria FIAT fece uno sconto di 6000 lire rispetto al prezzo di listino di 35 000 lire e ritirò la vecchia 525 valutandola 9000 lire. La nuova macchina nel 1932 venne immatricolata con la targa AL 8198, ma con la costituzione della provincia di Asti fu la prima autovettura ad essere iscritta il 23 aprile del 1935 nel Registro astigiano del Reale Automobile Club di Italia e da allora prese a circolare con la targa AT 1. Non è stato possibile ritrovare immagini certe della vettura. Ma è certo che fu utilizzata, come si diceva allora, “in pompa magna” per le cerimonie ufficiali del regime e avrà trasportato vari personaggi in occasione di visite ad Asti come quella del Duce del ’39 che nelle foto appare seduto accanto a Badoglio. Vi salirono anche personaggi di Casa Savoia e gerarchi vari. Senza dubbio comunque, con le sue imbottiture di pelli finissime e il suo telefono interno, fu l’auto di rappresentanza del Comune di Asti per dieci anni. La sua vernice scura era tirata a lucido, lucenti le cromature e regolarmente sottoposta a manutenzione dal personale dell’autoparco comunale che negli anni era cresciuto di numero. La storia di AT 1 risulta però travagliata e curiosa. Con lo scoppio della guerra le uscite si fecero più rade, la benzina fu razionata a scopi bellici e ci furono anche meno occasioni di sfoggio.
Agli inizi del 1945 il Comune cedette la vettura che andava a gasogeno
Proprio sul finire della seconda guerra mondiale, il 10 marzo 1945, sul Registro del Reale Automobile Club d’Italia viene annotato il cambio di categoria da autovettura ad autocarro e il trasferimento di proprietà dal Comune di Asti al signor Cavagnero Giuseppe, residente in Asti, via Botallo 5, sulla base di una dichiarazione di vendita del 17 febbraio precedente al prezzo di lire 5000. Il 4 aprile fu registrato anche il cambio di alimentazione da benzina a gasogeno. Tali trasformazioni sono tipiche del momento storico in cui vennero fatte. La benzina era praticamente introvabile e quindi, negli ultimi, terribili mesi di guerra, alcune auto furono dotate di ingombranti impianti di combustione che consentivano di produrre gas bruciando carbone di legna. Anche la trasformazione da automobile ad autocarro era negli anni del Dopoguerra pratica piuttosto diffusa. Infatti la carrozzeria della Fiat 524 poggiava su un robusto telaio metallico (chassis). Era quindi possibile sezionare l’abitacolo e sostituire la parte posteriore con un cassone per il trasporto merci.
La carrozzeria fu tagliata e se ne ricavò un camioncino
Stranamente, però, la vendita non compare negli atti comunali dell’epoca e senz’altro il prezzo fu decisamente basso, tanto è vero che nel dicembre dello stesso anno sull’AT 1 fu accesa un’ipoteca per l’importo ben superiore di 75 000 lire. Non avendo altre informazioni possiamo solo fare delle ipotesi: o l’autovettura, forse per motivi bellici, era praticamente ridotta a un rottame e il nuovo proprietario dovette spendere parecchio per rimetterla in condizioni di viaggiare oppure qualcuno in Comune, nell’ultimo travagliato periodo di guerra, la svendette per fare cassa senza preoccuparsi troppo di registrare la delibera. In ogni caso l’AT 1 circolò ancora molti anni. I passaggi di proprietà nei primi mesi del dopoguerra furono parecchi, tutti riportati sul foglio complementare del libretto di circolazione: da Cavagnero a Garattino Antonio e Tarasco Bonifacio il 21 dicembre 1945, poi a Maschio Fiorino il 9 gennaio 1946. Il primo aprile del 1946 tornò a essere alimentata a benzina e quindi, il 24 settembre 1946, fu registrata a nome di Brugora Amedeo, carbonaio in via Cavour, che la utilizzò per trasportare legna e carbone. Infine la proprietà, il 4 marzo 1953, passò a Nebiolo Ferdinando residente in via XX Settembre 52, anch’egli carbonaio. Dai documenti risulta che l’AT 1 passò la revisione per l’ultima volta nell’aprile del 1956. Da allora se ne perdono le tracce. Sicuramente smontata e demolita per recuperare metallo da mandare alle fonderie.
L’ultima revisione nel 1956, la targa ritrovata trent’anni dopo da un collezionista
Di AT 1 sono rimaste solo la targa e i documenti di circolazione che furono acquistati nel 1985 da Mario Calosso, collezionista di auto e cimeli d’epoca. In un certo senso l’AT 1 seguì la parabola dell’Italia fascista. Nata ai tempi dei fasti dell’Impero come auto di rappresentanza per parate e cerimonie, con sedili e finiture di lusso, finì i suoi giorni come modesto, ma forse più utile, autocarro destinato al trasporto di carbone. Sic transit gloria mundi.
La fortunata scoperta di AT1 era su un’altra auto storica
La storia del ritrovamento della targa merita un’appendice. Mario Calosso, ultraottantenne ex ferroviere, abita ai Valenzani, vicino a Quarto d’Asti, e ha da sempre la passione per le moto e le auto d’epoca. Dice in piemontese di aver la “malatia ‘dla rizu” (la malattia della ruggine). Il ritrovamento della targa AT 1 è frutto di una fortunata vicenda. Tutto nacque per caso alla metà degli Anni ’80. Mario Calosso venne a conoscenza che nelle vicinanze di Torino un privato intendeva vendere una FIAT Torpedo 509. Prese un appuntamento e andò a visionarla. Trovò la Torpedo, ma trasformata in camioncino. Non era quello che cercava, però alla fine decise di acquistarla lo stesso, anche se era senza documenti. Quando giunse a casa, con meraviglia trovò nelle tasche interne delle portiere la targa AT 1 e i relativi documenti. Esultò per il ritrovamento, poi esaminandoli con attenzione si accorse che non corrispondevano, in quanto la AT 1 era una FIAT 524-L. Aveva acquistato una vecchia auto con i documenti di un altro veicolo.