1814
4 settembre Domenica
Questa mattina accadde un fatto sorprendente all’Oberge Reale: ieri sera giunse proveniente da Torino, ed alloggiò ivi con altri forestieri un certo Sig. Avvocato Gioanni Agazzini Piacentino, giovane di anni 28 appena; stavano già tutti in pronto per partire i forestieri, ed egli ritornato nella camera mentre gli altri montavano in carrozza, senza dare alcun segno, almeno in quel momento, di giramento di cervello, si diede un colpo di temperino nella bocca dello stomaco, nella regione detta dai chirurghi epigastrico: vedendosi poi dai compagni che tardava a discendere, si andò sopra e si trovò che in un vaso da notte si coglieva il sangue che cadevagli dalla ferita: al rumore che si fece si chiamò un chirurgo, il quale fattogli qualche rimedio si partì lasciando inavvertentemente su una tavola una sua spattola: essendosene accorto lo sgraziato, ed osservando che l’uomo che lo custodiva non ci badava, destramente si prese la spattola suddetta e se la piantò nella ferita; ciò veduto dalla persona che lo governava si chiamò soccorso, venne gente, e volendo arrestarlo esso si gettò in terra, e sbattendosi fece penetrare la spattola nella ferita che più non si poteva estrarre perché già tutta coperta, e fu necessario dilatargli la ferita, ed estrarla colle pinzette. Questo accidente passò alle orecchie del Fisco, e si custodì subito da due soldati di giustizia, che più non lo abbandoneranno fino a nuovo ordine del Governo. Questo infelice fu interrogato, ma dalle risposte si vede che non aveva il cervello a capitolo, perché dopo poche parole adattate subito passava ad altro che non avea che fare coll’interrogazione, né colle circostanze. Vedremo col tempo come anderà a finire questa scena.
22 Giovedì
Questa sera a santa Maria Nova si portò il fu Sig. Avvocato Gio. Agazzini morto ieri d’anni 28 a cagione della ferita che si fece li 4 di questo mese, di cui già si parlò alla facciata 116. Nel fargli la visita si trovò che la piaga si era internamente incancrenita. Morì rassegnatissimo, e fu assistito nella sua disgrazia e cura dal Sig. Giuseppe Berruti valentissimo chirurgo, che invano usò ogni arte per guardare di sanarlo, tenendo per maggior suo comodo e dell’infermo, in propria casa.
Dal Giornale d’Asti di Stefano Giuseppe Incisa, all’anno 1814, il venerdì 14 gennaio.