giovedì 21 Novembre, 2024
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1800/1900

Piazza Alfieri e Campo del Palio

Così non si sono mai viste
Dagli archivi emergono i progetti di una Asti mai vista. Sono le idee di architetti e urbanisti che non hanno mai visto la luce, piazze ed edifici rimasti sulla carta. Se fossero stati realizzati, oggi la città sarebbe quasi irriconoscibile: la casa littoria – oggi sede dell’Intendenza di Finanza – si sarebbe aperta verso piazza Alfieri con una corte porticata. Piazza Campo del Palio non esisterebbe più, al suo posto vedremmo oggi viali, palazzi e giardini. E un intero isolato del centro storico, in epoca fascista, doveva diventare un'area verde, mentre dalle parti di Valmanera era previsto uno stadio di hockey. Viaggio tra le prospettive inedite di una città, dove i progetti scartati hanno lasciato vuoti urbanistici che ancora oggi faticano a trovare un’identità.

Le proposte di architetti e urbanisti che immaginavano una città diversa

L’intera annata 1934 di “Architettura – Rivista del sindacato fascista architetti” è rilegata in un unico volume e custodita su uno scaffale della Biblioteca Nazionale di Torino. Tra pubblicità di caldaie a nafta e articoli che cedono alla retorica, una decina di pagine del fascicolo di ottobre è dedicata al concorso pubblico per decidere il futuro aspetto di piazza Alfieri. Al “Concorso per la Casa Littoria in Asti” avevano partecipato numerosi architetti di fama, da Ettore Sotsas a Ottorino Aloisio, che si erano sbizzarriti nell’immaginare un nuovo palazzo da destinare a sede del Partito fascista. Il sedime era quello su cui, ancora negli anni Trenta, sorgeva l’Alla: una struttura in mattoni a vista edificata nel 1845 e utilizzata come mercato e area espositiva, imponente ma non priva di una sobria eleganza. Il bando per la Casa Littoria non neimponeva l’abbattimento, ma raderla al suolo era previsto dal progetto Aloisio, che risultò vincitore. L’Alla venne dunque abbattuta privando Asti di uno spazio pubblico che oggi definiremmo “polifunzionale”. La Casa littoria fu completata nelle sue parti verso l’allora piazza Emanuele Filiberto, oggi piazza Campo del Palio: la celebre pianta a M e la torre aperta “a piani” dal lato sud risalgono al 1935. Il resto del complesso progettato da Aloisio non venne mai portato a termine, causa la guerra. Al suo posto sorse tra il 1958 e il 1961 l’attuale palazzo della Provincia, disegnato da Mario Passanti. Come sarebbe apparsa piazza Alfieri se il corso degli eventi fosse stato differente? Una serie di fotografie, scattate ai plastici in concorso e pubblicate su “Architettura”, ci mostra quello che avrebbe potuto essere, ma non fu: oggi la statua del trageda posta in testa alla piazza fisserebbe un edificio a quattro piani, costruito con gli stili e i colori del progetto originale. I volumi, sono simili a quelli del palazzo di Passanti, ma con i due lati verso i portici Pogliani e Anfossi conclusi a semicerchio. Sfogliando quella rivista di quasi ottant’anni fa, emergono altre soluzioni che avrebbero dato forme del tutto inedite a piazza Alfieri. Sono i progetti che non vinsero il concorso per la Casa Littoria, ma che si meritarono una menzione. Tra i bozzetti, quello che più si distacca dagli altri è firmato da Giovanni Chevalley: un complesso di quattro edifici in stile severo, tutti orientati verso una piazzetta porticata, leggermente rialzata rispetto a quella principale. L’incontro tra gli archi della nuova costruzione e quelli dei portici Pogliani e Anfossi avrebbe creato un abbraccio architettonico del tutto inedito, un panorama cittadino completamente diverso dall’attuale. La proposta più originale è di Raffaello Fagnoni. L’architetto fiorentino, impegnato in quegli anni a delineare il piano regolatore della città insieme al collega Bianchini, aveva già disegnato l’Orfanotrofio Vittorio Alfieri, oggi scuola media Brofferio. L’idea che avanzò al concorso fu quella di un’imponente quanto bizzarra struttura, frutto della giunzione tra due corpi di fabbrica: il primo perfettamente circolare, il secondo a pianta rettangolare, con due ali a emiciclo a circondare un cortile. Se quel progetto avesse avuto seguito, oggi ai clienti del mercato di piazza Alfieri si offrirebbe una quinta del tutto asimmetrica, con una parte del complesso a ricordare un Colosseo in scala ridotta. Eppure l’esercizio creativo in quell’angolo di città non era del tutto nuovo per Fagnoni. Qualche anno prima aveva già immaginato un riutilizzo dell’Alla “per adattarlo a palazzo pubblico”, il risultato era un edificio ancora più massiccio, con due grandi scalinate esterne sul lato settentrionale e una tozza torre dell’orologio a sovrastare l’intera struttura. Ma al di là degli studi per la Casa Littoria, il periodo fascista fu “fecondo di idee” e progetti che immaginavano una città profondamente diversa da come la conosciamo oggi.

L’originale proposta per la Casa Littoria, disegnata da Raffaello Fagnoni per il concorso del 1934
L’originale proposta per la Casa Littoria, disegnata da Raffaello Fagnoni per il concorso del 1934

1925: si prevede la strada dei colli

L’edilizia ad Asti era ristagnato per tutti gli anni Venti, finché il “Piano regolatore e di ampliamento” del 1925 delineò quello che avrebbe dovuto essere il futuro della viabilità cittadina. Il progetto si proponeva in particolare di risolvere il problema dei flussi di traffico che necessitavano di circonvallazioni intorno al nucleo più antico della città. Tra le necessità del piano del 1925, vi era quella di collegare gli “Sbocchi a Nord” di Asti, sulla direttrice di corso Dante a salire, con la zona della Volta (oggi corso Volta). Lo scopo era quello di perimetrare una nuova zona residenziale, ricca di verde, per la nuova classe dirigente che stava emergendo con il Regime. Un percorso avrebbe dovuto unire direttamente le attuali viale Partigiani e strada Fortino, attraverso un’arteria appena a nord di via Gandolfino Roreto. Sulla carta appariva come un percorso sinuoso, dato che doveva assecondare le pendenze delle colline della zona: venne infatti denominata “strada dei Colli”, una tangenziale nord che più tardi, con il piano regolatore Bianchini-Fagnoni del 1935, venne ripresa e ribattezzata “strada panoramica”. Pensata per i mezzi leggeri, avrebbe offerto a chi la percorreva anche delle apposite piazzole per osservare il panorama sulla città o sui boschi di Valmanera verso nord. Il progetto era ambizioso, con una carreggiata che raggiungeva i 37 metri, suddivisa in corsie per il traffico veloce e lento, per la sosta e per i pedoni.

Si pensò anche di realizzare uno stadio del ghiaccio

La “panoramica” era intesa come spina dorsale del quartiere residenziale cui si è accennato, una nuova area di espansione che avrebbe riservato sorprese inaspettate, non solo per quei tempi. Dalla relazione degli architetti: «Tale settore comprende un vasto quartiere suddiviso in grandi appezzamenti di terreno destinati a ville […] Al centro di esso è impiantata una zona sportiva tenuta a verde e nella quale, nella parte più bassa sarà costruito un campo di ghiaccio per il gioco dell’hockey. Da questo, a mezzo di rampe e scalee si accederà a un piazzale dal quale si gode una bellissima veduta della città che si stende a mezzogiorno». Questa sorta di piazzale Michelangelo astigiano, evocato dalle parole di Bianchini e Fagnoni, avrebbe dovuto trovarsi nell’area compresa tra le attuali via Baussano e strada Valmanera, attualmente occupata da villette a schiera di recente costruzione. Asti, così come la avevano immaginata i due architetti fiorentini, sarebbe stata più ricca di aree verdi. Gli attuali parchi Biberach e Rio Crosio erano già previsti e più estesi di quanto non siano oggi

Nel centro storico era previsto il “diradamento”

L’autentica rivoluzione sarebbe avvenuta nel centro storico. Il “criterio generale del diradamento”, che rispondeva a criteri di igiene e di ordine formale, prevedeva l’abbattimento degli isolati compresi a nord e a sud rispettivamente da via Aliberti e via Garetti, a est e a ovest dal Palazzo Ina e da via San Martino. Al posto delle abitazioni, all’epoca modeste dimore di scarso valore storico, sarebbe stato realizzato un giardino urbano che – è lecito immaginare – avrebbe cambiato di molto la percezione e gli equilibri degli spazi cittadini. Del palazzo Ina sono sopravvissuti anche alcuni progetti alternativi: un acquerello, firmato dall’architetto Mario Bacciocchi, mostra una piazza San Secondo dove trovava ancora posto il monumento ai Caduti – poi trasferito in piazza I° Maggio – mentre il lato opposto alla Collegiata veniva occupato da un palazzo dalle formi più regolari dell’attuale. Il disegno, evidentemente scartato dal committente, lascia intravedere il dettaglio di portici che si estendevano da un lato all’altro dalla piazza. All’epoca fascista risale anche un’altra proposta per il “Cantone del Santo”, l’isolato di case medievali che allora si affacciava su Municipio e chiesa. Il frontespizio di un fascicolo conservato all’Archivio Storico recita “Progetto di massima per la costruzione della nuova sede della Cassa di Risparmio di Asti”, titolo vergato a mano negli inconfondibili caratteri cari al Regime.

“Foro Boario Città di Asti - Progetto di trasformazione in casa civile”, seconda metà dell’Ottocento (Asti, Archivio Storico)
“Foro Boario Città di Asti – Progetto di trasformazione in casa civile”, seconda metà dell’Ottocento (Asti, Archivio Storico)

Di quei progetti inviati a Roma non si ebbe più notizia

I piani, molto dettagliati, risalgono al 1934 e descrivevano un edificio dalle forme affini a quelle poi concretizzate nel palazzo dell’Ina. Nonostante il fermento urbanistico di quegli anni, il destino del piano regolatore Bianchini-Fagnoni non si compì appieno e gli studi redatti dai due architetti fiorentini si persero nei meandri del ministero dei Lavori Pubblici. «Solo un oscuro impiegato del Comune, incaricato di redigere nel 1942 un promemoria per il prefetto d’Asti sulla situazione di avanzamento dei lavori per la redazione del piano, seppe scrivere sull’intera opera il migliore degli epitaffi possibili: “…trasmesso al Ministero, non se ne ebbe notizia alcuna”» (Giovanni Butrico, “Asti – Progetto e costruzione della città 1918-1940”, ed. Comune di Asti – Assessorato alla cultura, pag.130). L’attività edilizia, che già da qualche anno segnava un periodo di flessione, si interruppe di fatto con lo scoppio della guerra. Ma ancora nel 1942 si dibatteva sui destini di un altro grande spazio urbano, piazza Campo del Palio, o – come veniva chiamata allora – piazza dell’Impero. L’idea era di farne una moderna cittadella, dove trovasse la sua sede ogni federazione sportiva e giovanile fascista. Un interessante prospetto, che reca la firma di un noto architetto dell’epoca – Dante Tassotti – ci mostra quale sarebbe stato il colpo d’occhio.

A metà Ottocento era arrivata la ferrovia

Le ipotesi per sfruttare questo vuoto urbanistico, in realtà, si erano succedute fin dall’Ottocento. Complice l’espansione di Asti e la necessità di regolarizzarne le forme ancora medievali, il XIX secolo fu ricco di proposte ambiziose per la città, alcune di esse tanto ambiziose da rimanere soltanto sulla carta. Negli anni attorno al 1840 la costruzione della ferrovia Torino-Genova proseguiva così speditamente che gli astigiani si trovarono d’improvviso a dover risolvere una serie di problemi urbanistici: ad esempio, l’incrociarsi della strada ferrata con la provinciale per Acqui, l’attuale corso Savona. L’ingegner Realis nel 1847 progettò un cavalcavia in muratura che discendeva a nord della ferrovia, in modo da innestarsi sull’asse dell’attuale via Cavour. Ma il suo tracciato contorto non convinse, così fu presentata e approvata una variante che prolungava la Provinciale per Acqui fin dietro l’Alla. Se fosse stata realizzata, oggi potremmo percorrere corso Savona, scavalcare la ferrovia, e senza svolte proseguire lungo una strada sopraelevata fin sotto l’Intendenza di Finanza. Una simile opera avrebbe tagliato a metà l’odierna piazza, se all’epoca la ritrosia delle autorità militari non avesse bloccato il necessario abbattimento delle mura, consegnando il progetto a un limbo durato anni. È però ragionevole supporre che, nel corso degli anni, lo spazio ai lati della mancata strada sopraelevata sarebbe stato edificato. Illuminante, sotto questo aspetto, il piano dell’ingegnere della provincia (allora era quella di Alessandria) Destefanis, datato 1851.

“Asti - veduta prospettica della nuova piazza dell’Impero”. Le sedi delle società sportive fasciste in piazza Campo del Palio, nel prospetto disegnato da Dante Tassotti nel 1942 (collezione privata)
“Asti – veduta prospettica della nuova piazza dell’Impero”. Le sedi delle società sportive fasciste in piazza Campo del Palio, nel prospetto disegnato da Dante Tassotti nel 1942 (collezione privata)

Una sopraelevata per portare da corso Savona al centro città

Nella cartografia conservata a Palazzo Mazzola si nota ancora il progetto di prolungamento della Provinciale per Acqui: due rampe per scavalcare la ferrovia, e un rettilineo che prosegue fino a quello che oggi è l’angolo tra piazza Alfieri e viale alla Vittoria. Lungo il percorso, due file di alberi fanno da quinte a una serie di palazzi che, se edificati, avrebbero trasformato radicalmente l’impianto di una larga parte di città. Nell’idea del Destafanis, chi giungeva ad Asti in treno si sarebbe trovato di fronte una piazza a pianta rettangolare, completamente porticata, chiusa sul lato opposto da un emiciclo: più o meno come piazza Carlo Felice a Torino,davanti alla stazione di Porta Nuova . La stazione di Asti sarebbe stata direttamente collegata a piazza San Secondo con un asse viario anch’esso bordato di portici, ma la piazza del santo sarebbe stata diversa da come la conosciamo oggi. Non senza una certa disinvoltura, il progettista aveva previsto l’abbattimento dei caseggiati medievali compresi tra la Collegiata e la Contrada Maestra – corso Alfieri – così che intorno al palazzo municipale e alla chiesa si sarebbe aperto uno spazio molto più ampio, dove avrebbe trovato posto anche un monumento a Vittorio Alfieri. Se il piano Destefanis avesse avuto seguito, il centro storico sarebbe apparso certamente più rigoroso, con via Cavour tendente a una piazza delle Erbe (oggi piazza Statuto) anch’essa allargata, grazie alla demolizione dei caseggiati che vi si affacciavano. L’amministrazione di Asti, adottò e approvò in via definitiva il piano. A bloccarne l’iter fu parte del Consiglio comunale, per via dei timori sulla quantità di espropri necessari a portare a termine l’opera. Si perse traccia anche di un’altra suggestiva ipotesi, prevista dal piano Valessina del 1849. La piazza d’Armi, all’epoca ancora priva dei portici Pogliani e Anfossi, stava cessando di essere area periferica; l’Alla l’aveva resa centro del commercio cittadino, e il progetto per nobilitarla con i porticati sui lati est e ovest era già delineato. Ma nei disegni del Valessina il caseggiato, con tanto di portici, avrebbe dovuto proseguire su corso alla Vittoria, prolungando lo stile severo che ancora oggi caratterizza piazza Alfieri fino alla porta di San Pietro, senza soluzioni di continuità. Dai faldoni conservati all’Archivio Storico è emerso anche un coevo prospetto che immagina una “trasformazione alla casa civile” per l’Alla: viene conservata la caratteristica pianta dalle estremità a semicerchio, mentre lungo tutto il piano terreno corre un elegante portico che richiama direttamente lo stile dei palazzi Anfossi e Pogliani. Nel 1900 Nicola Gabiani, aiutante dell’ingegnere municipale, presentò un piano regolatore che teneva conto delle nuove esigenze della città, diventata nel frattempo sede di fabbriche. Alcuni degli interventi ipotizzati avrebbero cambiato l’aspetto di diverse zone della città, è il caso della proposta di ricollocazione della stazione ferroviaria, per la quale Gabiani studiò differenti opzioni. Particolarmente interessante è quella che prevedeva l’edificazione della nuova stazione sul sedime del macello – oggi lo spazio Leonardo da Vinci – e la realizzazione di una piazza del tutto simile al progetto Destafanis di mezzo secolo prima. Dal nuovo scalo, una strada avrebbe collegato in rettilineo la ferrovia con corso Alfieri, seguendo il percorso oggi tracciato da via Prandone. I disegni del Gabiani suggerivano anche di sostituire il vecchio cavalcavia sulla Provinciale per Acqui con una nuova struttura metallica, più lunga del ponte in muratura che sarebbe andato a sostituire. Il progetto non ebbe seguito a causa della contrarietà delle Ferrovie.

Cartolina del dopoguerra con l’area ancora libera dove nel 1934 era stato abbattuta l’Alla. Dal “Calendario storico del Monferrato 2013” Montemagno
Cartolina del dopoguerra con l’area ancora libera dove nel 1934 era stata abbattuta l’Alla. Dal “Calendario storico del Monferrato 2013” Montemagno

Dopo alcuni anni l’amministrazione riprese un nuovo piano firmato da Nicola Gabiani. Nel 1906 venne infatti presentato un piano regolatore che rivoluzionava l’assetto di piazza del Mercato, nome con cui all’epoca si indicava l’attuale Piazza Campo del Palio. Ancora una volta emergeva l’ipotesi di una strada sopraelevata che collegasse direttamente il cavalcavia di Acqui con piazza Alfieri; quasi al centro della piazza del Mercato Gabiani aveva previsto uno slargo romboidale posta allo stesso livello di piazza Alfieri, dove la sopraelevata si incrociava perpendicolarmente con una strada che coincideva con l’attuale corso Galileo Ferraris, prolungato fino a intersecarsi con via Cavour. Le porzioni di piazza divise dalle nuove arterie sarebbero poi state colmate con nuovi edifici residenziali, porticati, un nuovo teatro e l’allargamento dei Giardini Pubblici. In base a questo schema, restava ben poco spazio per il mercato. Anche questo fu uno dei motivi per cui il piano venne respinto dall’amministrazione comunale, e la piazza Campo del Palio sopravvisse con l’attuale impianto a pianta esagonale con viali pedonali ai lati, mentre sul versante alberato verso sud si è tenuto fino agli ultimi decenni del Novecento il mercato del bestiame. Con i suoi circa 55mila metri quadrati è una delle più ampie d’Italia, ma certo non una delle più belle. Ancora negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso si è proposto di trasformarla in chiave residenziale, a servizi, o anche commerciale. Ci furono poi idee controverse fino alla metà degli Anni Ottanta-Novanta sulla realizzazione di un centro sportivo ed espositivo che contenesse anche la pista per il Palio. Si parlò senza costrutto anche di sopraelevazione al piano di piazza Alfieri e di parcheggi ricavati sotto la nuova struttura. Per ora la grande piazza resta adibita a parcheggio e a sede del mercato del mercoledì e del sabato – si potrebbe dire – in mancanza di idee migliori. Uno dei troppi luoghi della città divenuti anonimi per l’accumularsi di scelte non fatte, di progetti mai realizzati, di prospettive urbane che ebbero la loro occasione ma non furono. Sogni di carta.

L’Alla in fase di demolizione in una foto datata 1934. Alle sue spalle, l’anno successivo, venne edificata la Casa Littoria secondo il progetto di Ottorino Aloisio. Il nuovo Palazzo della Provincia sorse soltanto nel 1961
L’Alla in fase di demolizione in una foto datata 1934. Alle sue spalle, l’anno successivo, venne edificata la Casa Littoria secondo il progetto di Ottorino Aloisio. Il nuovo Palazzo della Provincia sorse soltanto nel 1961

 

Ringraziamenti

Un sentito ringraziamento agli architetti Michela Fassone, Antonio Fassone e Augusta Mazzarolli; alla direttrice dell’Archivio Storico di Asti Barbara Molina; ai colleghi Pippo e Alessandro Sacco.

Le schede

L’AUTORE DELL’ARTICOLO

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Astigiani è un'associazione culturale aperta, senza scopo di lucro, che ha bisogno del sostegno di altri "Innamorati dell'Astigiano" per diffondere e divulgare la storia e le storie del territorio.
Tra i suoi obiettivi: la pubblicazione della rivista trimestrale Astigiani, "finalizzata alla raccolta e diffusione di informazioni e ricerche di storia e cultura astigiana dal passato remoto a quello prossimo, con uno sguardo al presente e la visione verso il futuro (dallo statuto), la raccolta di materiale per la creazione di un archivio fotografico, video e documentale collegato al progetto "Granai della memoria", la realizzazione di presentazioni pubbliche e altri eventi legati al recupero della memoria del territorio.

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