Giulio Massasso si è ritrovato a vivere un’esistenza avventurosa quasi senza volerlo. Da emigrante monferrino ad amico e consigliere del re di Tonga, nel Sud del Pacifico. Una vita intensa iniziata come tante. Poteva essere una dei molti emigranti che lasciavano il paese d’origine per abbandonare miseria e tribolazioni. Giulio se ne andò dall’Italia nel 1938. Aveva 23 anni e non gli piaceva come si stavano mettendo le cose sotto il Fascismo. Prima la guerra d’Etiopia, poi quella di Spagna e le nubi di una tempesta bellica ancora più grande che si addensavano sulla vita di milioni di italiani inneggianti al Duce.
Riuscì ad imbarcarsi per l’Australia. Un viaggio lunghissimo con il biglietto di sola andata in terza classe e nel portafogli l’indirizzo di parenti emigrati laggiù anni prima. Aveva lasciato la famiglia a Montaldo Scarampi. Papà Enrico, mamma Maria, la sorella Jolanda, il fratellino Giuseppe. Una casa, qualche vigna, un po’ di campi. Erano stati la sua scuola di vita.
Non conosceva una parola d’inglese e non era l’unico su quella nave della speranza. Sbarcato in Australia faticò a trovare i parenti e dopo un lungo peregrinare trovò un lavoro tra i cercatori d’oro nel deserto del Queensland. C’erano grosse compagnie minerarie inglesi che facevano picchettare le concessioni di ricerca dei minerali preziosi. Ci si spostava a dorso di cammello, tra rocce e sabbia. C’erano molti italiani nella zona di Cairns. Gli proposero un lavoro da cuoco. Meglio che stare per settimane nel deserto. Nel frattempo era scoppiata la guerra, per gli italiani c’era il rischio di ritrovarsi in un campo di internamento come “nemici”. Giulio si fece ben volere, aveva il suo carattere e sapeva farsi rispettare. Forse nella sua vita entrò anche un amore importante, ma non se ne seppe molto di più.
La compagnia mineraria inglese aveva interessi anche nelle isole Fiji e alla fine della guerra offrì a Massasso di trasferirsi nell’arcipelago. Dopo sette anni d’Australia il contadino divenuto minatore e cuoco andò nel Pacifico. E la sua vita avrebbe avuto un’altra svolta. In quel clima cresceva bene il tabacco, ma in quegli anni le piante venivano attaccate da un parassita. Massasso ricordava i trattamenti fumiganti che aveva visto fare in Italia e li propose anche agli inglesi. Le coltivazioni furono salvate e quell’italiano un po’ stregone divenne responsabile di una grande piantagione. Fu in quel periodo che conobbe il principe di Tonga, un piccolo regno a Nord della Nuova Zelanda. Una manciata di isole sulla linea del cambio di data.
La regina Salote stava aprendo ai commerci il suo paese che era entrato nel Commonwealth. Il principe e il contadino divennero amici, un’amicizia che durò per oltre mezzo secolo, anche quando Ta’ufa Ahau divenne Tupou IV, il re di Tonga, succedendo alla madre. Massasso nel 1952 si trasferì a Nuku Alofa, la capitale di Tonga, con l’incarico di “direttore dell’agricoltura”, una sorta di ministro.
Si occupava di papaje, ananas, noci di cocco. Di quegli anni restano le foto che Giulio mandava alla famiglia con brevi descrizioni scritte a penna sul retro. In una datata 1947 dalle Isole Fijii lo si vede sorridente tra le piante di tabacco. In un’altra è tra un gruppo di donne “vestite per la loro danza”. Da Tonga negli Anni Sessanta spedì una foto in sella ad un trattore «così potete vedere il mio cavallino di ferro». Il re e il primo ministro lo consultano anche su temi extra agricoli. Tonga si apre lentamente al turismo e Massasso invia un’altra foto sorprendente: lui in camice bianco al centro di un gruppo di cuochi e camerieri nel 1966 all’inaugurazione – scrive – «del grande albergo di Nuku‑Alofa alla presenza del re».
Giulio ama cucinare e il re apprezza. Le foto lo mostrano al mondo come un gigante decisamente sovrappeso, che si muove a fatica. Va in bicicletta circondato dai dignitari e ha un trono d’oro che pare quello delle favole. Allora le distanze si colmavano con viaggi epici ancora in nave e poi dall’Australia sui primi voli di linea. Negli Anni Sessanta Massasso trova il modo di tornare una prima volta in Italia per conto del regno di Tonga, dove vogliono impiantare un allevamento di maiali e chiedono consigli alle cooperative dell’Emilia Romagna.
Il ritorno al paese è commovente. Riabbraccia la mamma (il padre era morto nel 1951), i fratelli. Il suo italiano è inglesizzato, meglio il piemontese. Porta camice colorate a fiori. Si stupisce del traffico di auto, lui che a Tonga ha una vecchia berlina targata 4. La sua vita ormai è laggiù. Invita i parenti, organizza qualche viaggio. Nel 1975 lo va a trovare il fratello Giuseppe, che dopo anni di lavoro come macellaio a Genova, tornerà a vivere a Montaldo. «Arrivai dopo 32 ore di volo. Mi venne incontro una guardia armata. “You brother Masaso” mi domandò. “Yes” risposi un po’ timoroso. Allora sorrise e in un mezzo italospagnolo mi disse “bievenudo amico tutti aspetta al palazzo del Re, grande festa in tuo onore, cucina tuo fratello Masaso”».
Passano gli anni e nella primavera del 1990 arriva a Montaldo una lettera con stemma ufficiale della Repubblica italiana e la scritta in evidenza “Consolato d’Italia Kingdom of Tonga, Polynesia”. È Giulio, divenuto console in appoggio all’ambasciata di Nuova Zelanda, che annuncia il suo arrivo in Italia e forse verrà anche il Re. Il fratello Giuseppe avvisa il sindaco di Montaldo allora Enzo Forno, il paese monferrino si prepara a fare “bella figura”.
La notizia è curiosa e viene ripresa da La Stampa. Giulio, raggiunto a fatica al telefono, calcolando un fuso orario di 12 ore, non esclude la visita del Re che è un grande appassionato di calcio e vorrebbe venire per i Mondiali e annuncia che lui sarà in Italia per trattare un mulino da una ditta friulana «Così ci facciamo noi la farina e non la importiamo più dall’Australia».
Ha 75 anni ma la vitalità di un ragazzo. Quando sbarca a Fiumicino lo aspettano le telecamere. Il Re ha preferito vedersi le partite dei Mondiali in tv. Lui appare sorpreso e divertito. L’italiano divenuto consigliere del re nei Mari del Sud piace anche a Maurizio Costanzo che lo ospita nel suo show televisivo, sperando di avere sul palco anche il mastodontico re. A Montaldo in una domenica di primavera ci sono tutti.
Lui stringe mani, sorride. È in camicia a fiori, come sempre, e spicca tra le giacche e le cravatte dei politici e degli amministratori. Inaugura un campo da tennis, visto che il nipote Claudiogiulio è diventato un maestro di questo sport.
Ancora qualche giorno e poi la nostalgia lo convince a riprendere il viaggio che fece per la prima volta mezzo secolo prima. «Avrei voluto rivedere la neve, sarà per un’altra volta» disse sorridendo ironico. Tornerà nella sua Tonga per sempre. Giulio Massasso morirà nel 1996 in Nuova Zelanda in ospedale. È sepolto a Tonga non lontano dalla tomba del suo amico re scomparso nel 2006. Nell’isola i più anziani ancora ricordano quell’uomo bianco, amico di tutti che “capiva la terra” e non aveva mai imparato a nuotare.