…Solo quando si insegnerà ai fanciulli che al di là di ogni frontiera, antica e nuova, vi sono esseri umani, nostri fratelli, bisognosi di aiuto, ed altri più evoluti coi quali si potrà collaborare per il progresso pacifico e per il benessere di tutta l’umanità, solo allora, il mostruoso mito della guerra che tiene l’umanità schiava del male e di se stessa, crollerà … (“Diario di guerra”, 1917)
È la riflessione quotidiana del caporale Giovanni Rovero (Mongardino d’Asti 1885 – Noli 1971) sulla dolorosa esperienza che sta conducendo, con molti coetanei, nelle trincee del primo conflitto mondiale. L’astigiano Rovero disegna con tenerezza e commozione le tragiche vicende belliche, in immagini vigorose ed essenziali pastelli (Museo del Risorgimento, Torino). Nel 1914, aveva conseguito il Premio Fumagalli “per il paesaggio” (Accademia di Brera) e completato i cicli dei disegni dedicati ai Vangeli, esposti nel 1919 a Torino, nella Sala d’Arte Cristiana, ottenendo il plauso del suo maestro Giacomo Grosso e degli accademici Leonardo Bistolfi ed Edoardo Rubino. Nel 1920 alla prima Esposizione d’Arte Sacra di Venezia, città ove ritorna in occasione delle edizioni delle Biennali nel 1924 e 1926, espone “In chiesa (A messa)”, conservato nella sede centrale della Cassa di Risparmio di Asti. Tra le due guerre, la vicenda artistica di Rovero si arricchisce di partecipazioni e consensi critici alle esposizioni annuali della Società Promotrice, degli Amici dell’Arte, alle Quadriennali torinesi con soggetti di paesaggio e studi di figura. Invitato da Giuseppe Manzone, espone alla rassegna astigiana (1920) per il Centenario della morte di Giuseppe Maria Bonzanigo e partecipa alle rassegne d’Arte Astigiana (1937, 1939) e del Premio Alfieri.
Durante tutta l’esistenza, con discrezione ed impegno, coltiva il motivo religioso sia in pittura ad olio che ad affresco presso la Cattedrale di Noli, la Chiesa Madonna della Neve di Savona, le pievi di Spotorno e di Tosse, il Monastero di Monte Oliveto, il Santuario Madonna del Pozzo ( San Salvatore Monferrato). Indole riservata, sensibile alla pittura mistica rinascimentale italiana, al purismo preraffaellita, all’idealità di Puvis de Chavannes, Rovero si accosta al paesaggio con lo stupore percettivo della rivelazione e vi còglie il ritratto familiare e lo studio di figura in evocanti soluzioni espressive. L’unità linguistica delle sue composizioni si origina dall’inconfondibile valenza tonale, che alla luce atmosferica si schiude in accordi evanescenti. ll rabesco cangiante di infiorescenze suggerisce la quinta naturalistica nel sobrio dipinto “Maternità” (“Madonna”), datato 1920. L’Evento universale diviene storia minima, incarna al tempo stesso sofferenza umana e gioia quotidiana, nella raccolta partitura spaziale dell’interno, umile e severo d’ascendenza trecentesca, eppur prodigiosamente compenetrato di ariosa luce, impalpabile e tersa, dilagante e rifrangente dal volto e dalla veste del Bambino alla tunica ed al mantello della Vergine. Una piccola icona augurale, foriera di pace nel pacato sguardo della Madre al suo Piccolo. La speranza contro l’incognita del futuro.