Paolo De Benedetti
23 dicembre 1927 – 11 dicembre 2016
Teologo, docente universitario
Ho trascorso la vita a studiare la natura di Dio. Ora lo vedrò in volto e scoprirò quale ramo della famiglia aveva ragione. Sarà Jahveh, secondo la religione di mio padre, oppure sarà uno e trino, come sosteneva la Chiesa di mia madre? In realtà, sono sempre stato convinto che si possa essere ebrei il sabato e cattolici la domenica. D’altra parte, anche Gesù Cristo apparteneva al Popolo eletto. A nove anni ho chiesto di essere battezzato, e da allora ho lasciato che in me convivessero entrambe le anime. Conosco ogni versetto della Bibbia e all’università ho cercato di trasmettere agli studenti ciò che avevo appreso. Sui libri passai il resto dei miei anni, spesso a fianco di menti di eccezionale levatura. Come Umberto Eco – anche lui nato in riva al Tanaro – che pensò a me per un personaggio di un suo romanzo. Ma è mia sorella Maria la persona con cui ho condiviso tutto, dalle riflessioni sull’assoluto all’amore per i nostri animali. Anche loro ci aspettano in Paradiso, ed è una certezza che rende più lieve questo mio cammino.
Gino Nebiolo
9 dicembre 1924- 5 gennaio 2017
Giornalista
Ho girato il mondo per lavoro e passione, ma sono voluto tornare a Moncalvo e stavolta per sempre. Avevo poco più di vent’anni quando me ne andai dal mio Monferrato per iniziare una lunga e grande avventura giornalistica. Giovane cronista a La Stampa, nel ‘51 fui tra i primi ad accorrere nel Polesine a raccontare i drammi di quella tremenda alluvione. Per la Gazzetta del Popolo ho intervistato il giovane Dalai Lama. Per la Rai in Etiopia ho conosciuto il Negus e dai microfoni del Tg1 ho raccontato i fatti del mondo. Sono stato per anni corrispondente estero nelle sedi di Madrid, Pechino, Il Cairo e in ultimo Parigi. Ho cercato di spiegare i grandi fatti del mondo che è diventato sempre più complicato. Avevo un vezzo che mi ricordava la mia terra. Ovunque mi trovassi mi facevo spedire qualche bottiglia di barbera, grignolino e ruchè, da condividere con colleghi e amici. Il vino aiuta a fluidificare la conversazione. A Madrid mi è successo con l’argentino Peròn. Lasciato il lavoro, ho vissuto tra Roma e Parigi, scrivendo libri. Moncalvo mi è rimasta nel cuore e ora sono qui con la mia famiglia.
Uberto Ghia
24 gennaio 1969 – 6 gennaio 2017
Giornalista
Negli ultimi anni ho passato più tempo negli ospedali di quanto avrei voluto, ma non ho mai perso il mio senso dell’umorismo. La politica e il Toro mi davano sempre ottimo materiale di cui ridere o piangere con i colleghi giornalisti, ogni volta che nella mia città ci incontravamo per una conferenza stampa. Con il mio passo, senza fretta, mi spostavo tra i luoghi dove avevo testa e cuore. La testa era alla redazione della Gazzetta d’Asti, ma il cuore – mi è sempre battuto a sinistra – era alla Casa del Popolo. Per me una casa lo è stata davvero, grazie all’accoglienza dei compagni che mi strappavano da una solitudine provata troppo spesso. A scaldarmi, in quei momenti meno felici, c’era sempre una fedele amica: la musica rock. Pink Floyd, Rolling Stones, Doors sono stati la colonna sonora della mia vita e ora mi manca stringere tra le mani quegli album. E se tra i cori celestiali chiedessi di inserire il riff di chitarra di The Wall?
Aristide Bego
13 febbraio 1931 – 9 gennaio 2017
Sindacalista
Avevo appena sei anni quando mio padre prese la bicicletta e, dal Veneto, andò a cercare lavoro in Piemonte. Quante volte avrò raccontato questa storia? A ripensarci, fu un’impresa. Nel bel mezzo della guerra arrivammo in Valle San Pietro, nella cascina dove arrivò anche Rita Levi Montalcini. Dopo la Liberazione imparai il mestiere di elettricista, poi pian piano imparai che il lavoro è anche un diritto per cui lottare. Dicevano di me che ero un uomo luminoso, e non perché lavorassi all’Enel. Qualche idea luminosa l’ho avuta, come l’apertura dello spaccio di prodotti alimentari in via Sant’Evasio, dove la gente poteva comprare a prezzi ragionevoli. Un’altra idea che ho avuto? Riunire in un’associazione pensionati e volontari dei settori elettrico, gas e telefonia, per farli lavorare su progetti a scopo sociale. Chiamala se vuoi protezione civile. Qualcuno dice che con tutta questa inventiva avrei dovuto fare l’imprenditore. Forse, ma so di aver lasciato un’eredità di impegno e solidarietà.
Ugo Scassa
28 dicembre 1928 – 20 gennaio 2017
Arazziere
Ho conosciuto e toccato con mano la bellezza. La trama dei fili, l’intreccio dei colori sotto i miei occhi giorno per giorno, centimetro per centimetro sono diventati arazzi. Capolavori li hanno definiti. Erano come miei figli che hanno viaggiato il mondo e arredato anche i saloni dei transatlantici. Ho dato arte e ricevuto arte da grandi nomi della pittura che ho conosciuto e che mi offrivano le loro opere da far vivere in arazzo. Ho avuto un sogno: veder continuare quest’arte antica nella mia città. Alla bella Certosa di Valmanera viveva l’arazzeria e il suo museo. Ma il tempo e le scelte umane non ci sono state amiche. Abbiam discusso per dare a quei miei colorati figli una nuova casa. Tutto è però scivolato nella polemica, sterile, perfino cattiva. I miei arazzi non hanno più casa. La bellezza non ha vinto e abbiamo perso tutti.
Antonello Colaianna
1 aprile 1961- 22 gennaio 2017
Bibliotecario
Ricordatemi tra i libri colorati della sezione ragazzi. È il posto dove continuo a respirare l’aria della biblioteca Astense. Il mio lavoro, la mia vita, quella parte che ha meritato di essere vissuta. L’altra invece, l’altra vita che mi sono buttato addosso, è stata grama, tormentata. Ho sprecato il tesoro che mi aveva dato la natura. è finita troppo presto, ma stavo giocando una partita contro un avversario subdolo, nascosto dentro di me. Voglio restare nel cuore di mio padre Rocco, dei miei fratelli , degli amici e delle ragazze delle magistrali. Per loro ero il più figo della scuola. Ci scherzavo su. Vi lascio i miei amori: i fiori del mio giardino, i viaggi in Grecia e il mare di Amalfi.
Angiola Fiorani Baglione
2 agosto 1948 – 23 gennaio 2017
Insegnante
La prima a venirmi incontro, festante, è stata Ava, forse la più amata fra i cani, compagni delle battute di caccia di Ugo, compagna di tante serate. Poi le persone care perdute: sorprese per il mio inaspettato arrivo. Schiacciata dal peso di un verdetto senza possibilità di appello, i ricordi mi hanno travolta, in una manciata di giorni, durante le ore bianche d’ospedale: la mia giovinezza, viale alla Vittoria negli anni Sessanta, i versi greci e latini degli autori più amati, come in un’eco lontana. Poi il balcone su piazza San Secondo, i volti dei miei piccoli allievi, i volti sorridenti delle persone amiche di Casabianca, e la casa bianca fra il verde. Avrei voluto tornarvi, per un’ora, un giorno, un mese: riordinare i miei libri, salire la scala, trovare forse le parole mai dette, le tenerezze sepolte. Illudermi, forse, di fermare il tempo. In me è precipitato l’oblio e, benché gli attimi di sofferenza siano eterni, è stato breve lo strappo. Ho provato una grande sorpresa, vorrei dire una gioiosa, una grata sorpresa: io così discreta, io che credevo di essere passata in punta di piedi attraverso le vostre vite, sfiorandole appena, sorpresa vi ho visti in tanti, per me, e il vostro affetto, ricambiato con tutta me stessa, ha dato valore a ciò sono stata e sarò.
Rosa Monticone Bellangero
11 ottobre 1926 – 27 gennaio 2017
Consulente del lavoro
Sono stata donna di numeri ma non ho lasciato che inaridissero il mio cuore. Le cifre, le percentuali, le leggi, i calcoli delle buste paga mi hanno circondato tutta la vita, fin da quando, nel 1959, ho aperto il mio primo ufficio in casa. Allora alle donne si concedeva di far le segretarie. Lo ero stata anch’io prima e anche fiorista e operaia come mio marito Giovanni che era alla Waya. A nostro figlio Elio insegnai a rispondere al telefono quando ero fuori casa per lavoro. Ho creduto nel lavoro, nel mio e in quello degli altri e sono arrivata, con mia sorella Mariuccia, a impiegare una dozzina di ragazze. Era la mia famiglia. Ho tenuto lo studio per 59 anni. Per il resto della vita ho viaggiato e cucinato e mi sono divertita a sfilare al Palio per la mia Santa Maria Nuova. Dicevano che avevo un bel portamento. Nel 1994 ci fu anche chi mi propose la candidatura a sindaco di Asti. Li ringraziai con un sorriso: la propria città si può amare in molti altri modi.