Il libro di Antonella Appiano parte da un tragico fatto di cronaca: nel 2016 scompare l’insegnante cinquantenne Gloria Rosboch. Viene ritrovata uccisa pochi giorni dopo. Il colpevole è presto trovato: un suo allievo di 22 anni che l’aveva intrappolata in una gabbia di amore, le aveva sottratto tutti i risparmi. Solo alla fine del libro Antonella rivela che Gloria era stata sua amica durante l’Università, donna solare, ironica, timida al contempo. Si erano poi perse per strada, ma si erano ritrovate molto tardi, quando fra Gloria/Emma e l’amica Cinzia inizia una lunga corrispondenza di condivisone dei turbamenti e delle difficoltà.
L’amica per un momento ritrova l’ex e si illude ancora, pazza di gioia. Che diventa tragedia. L’ultima frase del libro è: «Spero infine, una cosa, soltanto. Che Dio ci sia e non ci odi affatto. E che, prima o poi, per risarcirci di tanta inutile fatica, ci faccia ritrovare. Amiche da qui all’eternità». Credo che Antonella abbia dichiarato solo alla fine il punto di partenza del libro per una sorta di pudore, credo che abbia scritto con molta sofferenza. Ha messo a confronto la vita di una donna che pare più fortunata, tuttavia irretita, sui cinquant’anni, da un uomo non esattamente affidabile, con la vita di Gloria/Emma, capace di crearsi uno spazio tutto suo, nei sogni, ma spaventata e uccisa dalla vita reale.