sabato 27 Luglio, 2024
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’800-‘900
Novecento

Il fascino dimenticato del tramway, le ferrovie secondarie

Piccoli treni a vapore di poche carrozze, che svolgevano un ruolo complementare alle ferrovie, iniziarono a viaggiare nel 1882, sostituendo “omnibus” e diligenze a cavalli, per il trasporto di persone e merci. Le prime ad essere attivate nell’astigiano furono le linee Montechiaro-Cortanze e San Damiamo-Canale. Nel 1898 si aggiunse quella per Scurzolengo che due anni dopo arrivò fino ad Altavilla con la realizzazione di tre gallerie. I convogli viaggiavano su binari che correvano a lato delle strade provinciali e statali. Dalla stazione di Asti, oggi Movicentro, passavano per piazza Alfieri e corso Alfieri. I tramway cessarono l’attività nel 1935, sopraffatti dal trasporto su gomma.

Trenini a vapore percorsero per decenni tre linee dell’Astigiano. Il successo e il declino di uno straordinario mezzo di trasporto pubblico

 

Oggi sarebbero una bella attrazione turistica e contribuirebbero a ridurre il traffico di auto. Ma dei tramway non è rimasto che il ricordo sbiadito di qualche cartolina. Eppure negli anni a cavallo del 1900 quei piccoli treni attraversavano la città e collegavano decine di paesi. I convogli percorrevano il lato ovest di piazza del Palio, costeggiavano i portici Pogliani di piazza Alfieri e, risalendo corso Alfieri, sfociavano in corso Torino per diramarsi poi, alla Torretta, a nord per Montechiaro e Cortanze e a ovest per San Damiano e Canale. C’era anche una linea che arrivava fino ad Altavilla, passando per Montemagno.

I tramway arrivarono a intaccare il predominio di carri e carrozze che nei primi decenni dell’800 avevano avviato il trasporto pubblico con il “velocifero” a cavalli per Torino e per Genova. E c’erano anche servizi locali come l’omnibus per Montechiaro e per altri paesi dell’Astigiano. È bene ricordare che la prima ferrovia in Italia fu attivata nel 1828 da Napoli a Portici, la seconda collegò Milano con Monza nel 1840. Il primo treno giunse ad Asti da Torino capitale il 5 novembre 1849. La linea per Genova fu completata solo un paio d’anni dopo. Con il rapido sviluppo dei commerci ben presto nacque anche la necessità di collegare le città con i dintorni, utilizzando le tramvie extraurbane, con trazione a vapore, che correvano per lo più accanto alle strade principali, con binari posti a lato della carreggiata, come quelle di un tram cittadino. Erano dette “ferrovie economiche” perché non avevano bisogno di grandi stazioni né di passaggi a livello.

Lo scartamento adottato (la distanza tra le due rotaie) il più delle volte era ridotto rispetto a quello normale di m. 1,435. Svolgevano un ruolo complementare alle ferrovie principali.

In Piemonte la prima tramvia extraurbana fu la Torino-Rivoli attiva dal 1871 mentre ad Asti si iniziò a parlarne nel 1877, quando nacquero comitati promotori e vennero presentati i primi progetti.

L’interno della stazione di Asti, dove oggi ci sono il Movicentro e via Artom

Nel 1877 fu chiamato a finanziare l’impresa un imprenditore francese

 

L’imprenditore francese Raoul Berrier Delaleu – che aveva già realizzato linee tramviarie nel Cuneese e nel Torinese – venne incaricato di costruire le prime due linee nell’Astigiano: la Asti-Montechiaro-Cortanze (18 km) e la Asti-San Damiano-Canale (24 km), che entrarono in funzione alla fine del 1882. Fra il 1898 ed il 1900 fu poi attivata la Asti-Montemagno-Altavilla (24 km), costruita dall’alessandrino Vincenzo Remotti.

Mentre le prime due erano a scartamento ridotto (distanza tra i binari metri 1,10), la Asti-Altavilla era a scartamento ordinario, in modo da permettere anche il passaggio dei carri delle Ferrovie dello Stato. La stazione del tramway da cui partivano le tre linee era poco distante dalla stazione ferroviaria. Nello spazio dell’attuale stazione delle autocorriere e dell’odierna via Artom (allora piazza Savona) trovavano posto il fabbricato con uffici, biglietteria, sala d’aspetto, i serbatoi dell’acqua e i capannoni con l’officina, il deposito delle merci, delle locomotive e dei vagoni. Dal 1888 i binari non passarono più per il centro di Asti, ma vennero spostati sulla circonvallazione sud, oggi corso Gramsci e corso Don Minzoni. La stazione dei tramway fu smantellata nel 1937, quando iniziò la costruzione della prima stazione delle corriere. Con il consolidarsi dell’uso dell’energia elettrica si aprirono nuovi orizzonti anche per i trasporti pubblici. Mentre iniziava l’elettrificazione delle linee ferroviarie già esistenti, si pensò anche a realizzare nuove linee di trasporti su rotaie a trazione elettrica. Così, nel 1911 fu progettata, tra le altre, la tramvia elettrica di 20 chilometri Asti-San Marzanotto-Isola-Boglietto, con diramazione per Costigliole.

I comuni interessati deliberarono i rispettivi contributi e l’impresa Alessi iniziò l’iter burocratico. A settembre 1913 la pratica ottenne la definitiva approvazione, ma la linea non fu mai realizzata.

 

La Asti-Costigliole elettrificata rimase sulla carta

 

Già nel 1907 l’ingegnere astigiano Michele Bay aveva progettato una tramvia elettrica che da Asti avrebbe dovuto raggiungere San Martino Alfieri, con prolungamento fino a Motta di Costigliole, ma anche quel progetto rimase sulla carta. Il propugnatore della prima tramvia a vapore, la Asti-Montechiaro-Cortanze, fu l’ing. Vincenzo Adorni, esperto di problemi ferroviari con consistenti proprietà a Montechiaro. Il progetto prevedeva 17 fermate obbligatorie, mentre nel tratto cittadino i viaggiatori potevano salire in qualunque punto, anche perché la velocità era di 17-18 km all’ora.

I convogli, oltre alla locomotiva, avevano due o tre carrozze (una di prima classe) e un carro merci. Le tariffe per i passeggeri erano a chilometro: 7 centesimi per la prima classe e 5 centesimi per la seconda. La stazione più importante, quella di Montechiaro, con le tettoie per le merci e un pozzo per alimentare le caldaie delle locomotive, fu realizzata in località Nocciola su un terreno del cav. Doglio acquistato dal Comune, dove sono oggi il campo da tennis e la tipografia Castelli. L’appalto per la tramvia fu affidato al finanziere francese Berrier Delaleu, che ebbe anche l’incarico di costruire la linea per San Damiano e Canale. I lavori iniziarono nella primavera del 1882. Non vi furono problemi dal lato tecnico, ma vi furono difficoltà finanziarie, specie in Val Rilate dove dei 23 Comuni che in un primo tempo avevano promesso il loro contributo solo 13 firmarono l’impegno del 15 febbraio 1882. Dopo una serie di corse sperimentali, il viaggio inaugurale della tramvia fino ai piedi di Cortanze avvenne sabato 16 settembre 1882. L’intera tratta di 18,6 km era coperta in un’ora e mezza da due coppie di treni. Le fermate intermedie erano a Porta Torino, alla Torretta, a Serravalle, Cossombrato e Montechiaro.

La fermata alla stazione di Quarto sulla linea per Altavilla

I binari, partendo da Asti, andavano in tre direzioni: Canale, Cortanze, Altavilla

 

Dal fondo di corso Torino, alla Torretta, si diramò poi a sinistra la linea per San Damiano e Canale. Venne ultimata qualche mese dopo e fu inaugurata il 31 dicembre 1882. Dopo la sosta alla Torretta, i convogli fermavano poi alle stazioni di Vaglierano e di San Damiano, prima del capolinea di Canale. Si ebbero alcuni ritardi per le difficoltà insorte per la costruzione del ponte sul Triversa e gli espropri dei terreni nei pressi di San Damiano. Le nuove linee tramviarie riscossero subito successo, specie nei giorni festivi quando le vetture erano colme di gente, entusiasta della novità.

I disagi e i disservizi però non tardarono ad arrivare. L’inverno del 1882 fu particolarmente rigido e il freddo intenso raggelò le vetture prive di riscaldamento, mentre i convogli si arrestavano e deragliavano. Nel solo gennaio 1883, ben cinque deragliamenti, e il 28 gennaio la locomotiva “Malabaila” si bloccò per un guasto tra Priocca e Canale con le proteste dei viaggiatori che furono obbligati a pernottare a San Damiano. Senza contare i piccoli disagi quotidiani, come quello al Rondò di San Damiano, cui peraltro i passeggeri si erano ben presto abituati. Ai piedi della salita che porta in paese la locomotiva aveva quasi sempre difficoltà a trainare i vagoni, così i passeggeri di prima classe stavano comodamente seduti sulla vettura loro riservata, quelli di seconda scendevano e percorrevano a piedi il breve tratto, mentre quelli di terza dovevano scendere e spingere il convoglio.

 

Difficoltà economiche ostacolano lo sviluppo delle linee

 

Le difficoltà economiche in cui versava la società concessionaria del francese Adolfo Berrier Delaleu (che si era troppo esposto con le banche), dovute anche ai contributi arrivati in ritardo o mai arrivati dai Comuni interessati, ed i non pochi problemi di funzionamento delle due linee, portarono al fallimento della Società Tramvie Astigiane nel 1885.

Alla fine del 1897 il Credito Torinese (che si era aggiudicato all’asta la gestione delle due linee in seguito al fallimento) cedette le tramvie alla Nuova Società delle Tramvie Astigiane, che poco dopo diventò Società Tramviaria Astese Monferrina.

Dopo la fermata del Rondò, il treno affrontava la salita di San Damiano. Solo i passeggeri di prima classe restavano a bordo, quelli di seconda andavano a piedi e quelli di terza spingevano

Al rondò di San Damiano la terza classe scendeva a spingere

 

Il servizio riprese normalmente ed ebbe anche un discreto incremento, tanto che si pensò di prolungare la linea di Montechiaro fino al fondovalle di Cocconato, con una galleria sotto Cortanze. La mancanza di finanziamenti impedì però la realizzazione dell’opera. La Società Tramviaria Astese Monferrina gestì anche la Asti-Montemagno, costruita alla fine dell’800 e poi prolungata fino ad Altavilla (dove oggi è allestito il Museo del tramway a vapore). Altavilla era diventato un importante snodo da cui partivano già le tramvie per Alessandria (in funzione dal 1883) e per Casale (dal 1888).

 

La Asti-Altavilla aveva tre gallerie e scartamento normale

 

Anche la Asti-Altavilla ebbe una lunga gestazione. Fin dal 1875 si era formato un comitato promotore, ma la linea restò per molti anni allo stato di progetto per le difficoltà nel reperire i finanziamenti. I lavori, poi, si protrassero a lungo per le difficoltà che sorsero anche nel realizzare tre gallerie. Solo nel 1898 entrò in funzione il primo tratto da Asti a Scurzolengo. L’anno successivo fu aperto il tratto Scurzolengo-Montemagno, mentre la linea tramviaria arrivò ad Altavilla il 7 agosto 1900. I binari si allontanavano dalla stazione di Asti attraversando la zona ancora periferica dove vi erano solo orti, passando cioè per le attuali via Artom, piazza Leonardo Da Vinci, via Dogliotti, via Benedetto Viale, per attraversare corso Pietro Chiesa, correre dietro al Circolo Way Assauto, percorrere corso Genova e raggiungere corso Alessandria (si vede ancora oggi il “taglio” tra le case in fondo a corso Genova e fino a qualche tempo fa c’erano ancora una decina di metri di binari) per dirigersi verso Quarto.

Nei 20 km di rotaie a scartamento normale fino ad Altavilla (11 dei quali correvano accanto alle strade provinciali Asti-Alessandria e Asti-Casale) diverse erano le difficoltà da superare: due ponti, un sottopasso stradale, tre gallerie nei pressi di Castagnole Monferrato e Montemagno. La velocità non doveva superare i 20 km/h, i treni dovevano rallentare prima degli scambi e prestare particolare attenzione, con un fischio della locomotiva negli attraversamenti delle strade provinciali.

Le fermate previste erano tredici: Porta Alessandria (oggi piazza 1° Maggio), Pilone, Cauda, bivio Castiglione, bivio Valterza, bivio Migliandolo, Quarto, Refrancore, Scurzolengo, Castagnole, Montemagno, Viarigi, Altavilla. Stazioni con binari a incrocio, fabbricato viaggiatori e magazzino merci a Quarto, Refrancore, Scurzolengo, Castagnole, Montemagno e Viarigi. Anche su quella linea i disagi non mancavano. Per affrontare le salite i viaggiatori di seconda e terza classe dovevano scendere. Per illuminare le carrozze si usavano lampade a petrolio dalle quali a ogni scossone gocciolava il liquido, però le carrozze di prima classe avevano il “riscaldamento”, intiepidite dalla presenza di serbatoi riempiti con acqua calda.

La stazione di San Damiano

Se mancava il carbone si andava a legna tagliando anche i rami

 

Durante la Grande Guerra mancò il carbone e le locomotive vennero alimentate a legna. Quando si esauriva, il capotreno e il fuochista tagliavano i rami degli alberi a fianco dei binari, con veementi proteste dei contadini. Nonostante la modestissima velocità non mancavano gli incidenti (collisioni con altri mezzi in transito, investimenti di animali, pedoni o carri agricoli) tanto da indurre i capostazione delle località attraversate dal tramway ad attendere l’arrivo del treno, per salire sul predellino della vaporiera e segnalare l’arrivo del convoglio al suono di una cornetta. Le tramvie astigiane dovettero superare non poche difficoltà durante la Prima Guerra Mondiale, mentre la linea per Montechiaro e Cortanze aveva già dovuto sopportare il pesante calo di attività di circa il 60% con l’entrata in funzione della linea ferroviaria Asti-Chivasso, inaugurata il 20 ottobre 1912. Dopo la guerra, le automobili iniziarono a diffondersi e prese piede il trasporto su gomma sia delle merci con i primi autocarri, sia dei passeggeri con le prime “corriere” e con le prime “autolinee” che man mano collegavano i comuni della provincia con il capoluogo.

Le tramvie non riuscirono a reggere la concorrenza.

 

La fine nel 1935. L’ultimo treno negli Anni Settanta serviva le Ferriere Ercole

 

Le linee Astesi Monferrine (le cui azioni erano in mano a banchieri inglesi che non si curavano dei disservizi) continuarono a perdere interesse, tanto da dover poi cessare l’attività nel 1935, proprio quando nasceva la Provincia di Asti. Vennero smantellate le linee, ma rimasero ancora in Asti i binari del tramway a scartamento normale, collegati alla stazione ferroviaria, che andavano fino in corso Genova ed entravano nelle Ferriere Ercole.

Fino a metà degli Anni ’70 una sbuffante vaporiera, ormai anacronistica, percorreva fino a quattro volte al giorno quel tratto di ferrovia ormai circondato dalle case per trasportare carri merci da e per le Ferriere. Un ricordo sfumato che si perde tra le memorie della città.

L'AUTORE DELL'ARTICOLO

Astigiani è un'associazione culturale aperta, senza scopo di lucro, che ha bisogno del sostegno di altri "Innamorati dell'Astigiano" per diffondere e divulgare la storia e le storie del territorio.
Tra i suoi obiettivi: la pubblicazione della rivista trimestrale Astigiani, "finalizzata alla raccolta e diffusione di informazioni e ricerche di storia e cultura astigiana dal passato remoto a quello prossimo, con uno sguardo al presente e la visione verso il futuro (dallo statuto), la raccolta di materiale per la creazione di un archivio fotografico, video e documentale collegato al progetto "Granai della memoria", la realizzazione di presentazioni pubbliche e altri eventi legati al recupero della memoria del territorio.

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