«La più bella eredità che mi hanno lasciato i miei genitori è la passione per la lirica. Un interesse che mi ha cambiato la vita, anche se sono a rischio di dipendenza».
Così, tra il serio e il faceto, Pier Giorgio Bricchi, una lunga carriera come professore di italiano e storia prima alle medie e poi al Liceo Artistico di Asti e dal 1994 presidente dell’“Associazione Amici della musica Beppe Valpreda”, spiega il suo innamoramento per la lirica.
«Sono un melomane confesso e non pentito. La prima opera l’ho vista all’Alfieri di Asti. Mi avevano portato i miei come premio: il Rigoletto. Avevo dodici anni ed è stata una folgorazione. Il baritono era Orazio Gualtieri, il Duca di Mantova il tenore Lorenzo Sabatucci e il soprano Rena Gary Falachi. La cosa che mi colpì fu il contrasto tra la bellezza del Duca e la sofferenza del buffone di corte. Fui stordito dalle arie e affascinato dalla storia. Il mattino dopo sono corso a comprare i miei primi dischi con quelle romanze». Oggi la sua collezione privata, tra vinili, musicassette e dvd è di migliaia di pezzi, rigorosamente catalogati.
Bricchi, nato nel 1949 a Borgomanero, è arrivato con la famiglia ad Asti a otto anni, quando papà fu chiamato come capo contabile alla Way Assauto. Ha un fratello più giovane, Giuseppe, ginecologo. Ha frequentato il classico “Alfieri” e poi si è laureato in letteratura antica con una tesi in ebraico biblico. Vive con Emiliana De Maria, con la quale condivide l’entusiasmo per arte, musica e viaggi.
Bricchi spiega che è sui dischi che si impara a conoscere la lirica. Vanno ascoltati e riascoltati, scoprendo ogni volta nuovi particolari, sfumature, timbri vocali e quant’altro. Dopodiché si fanno confronti con altri interpreti ed esecutori. Fondamentale è anche il ruolo dei critici, in ognuno dei quali si può trovare una originale chiave di lettura. E poi c’è naturalmente il piacere e l’emozione di assistere a un’opera dal vivo. Non importa se in un grande e suggestivo teatro come la Scala, il Regio di Parma o quello di Torino, l’importante è lasciarsi conquistare. Per Bricchi il teatro è qualcosa di magico. «Un rifugio – ecco come lo definisce – entrando nel quale lasci fuori le miserie umane e partecipi a una serie di rituali che vanno dall’emozione del vedere entrare il direttore d’orchestra, sentire gli applausi a scena aperta e, lasciarsi coinvolgere dai gesti degli artisti. Ma il teatro non è solo questo. È anche un luogo di incontri, un esercizio della cultura, fatto di scambi di idee magari gustando un caffè nell’intervallo, oppure nei giorni successivi incontrando altri melomani».
A chi critica l’opera perché difficile e di scarsa comprensione Bricchi risponde con passione: «Nell’opera classica dell’800 gli autori scrivevano per tutti, non solo per pochi intellettuali. Del resto alle storie d’amore si intrecciano vicende storiche che musicisti geniali come Verdi e Puccini si sono incaricati di tramandare ai posteri». Certo servono anche i divulgatori. Negli Anni ‘90 con Flavio Russo, allora presidente dell’Associazione Amici della Musica “Ferrua”, Bricchi ha realizzato, per il Festival estivo di Cherasco, la riduzione di alcuni musical e operette. «Io e lui, sullo sfondo dei portici di Cherasco, facevamo i narratori e da filo conduttore delle vicende che erano poi cantate e suonate da professionisti. Quindi, possiamo dire che ho anche recitato. Purtroppo la gioia di cantare in un’opera mi è sempre stata preclusa da limiti precisi che madre natura mi ha imposto».
Dal 1990 tiene corsi di musica operistica all’Utea, l’Università della terza età di Asti, di cui è dal 2013 vicepresidente, e dal 2007 all’Unitre di Bra e all’Università Popolare di Cherasco. Dal 2015 è componente del consiglio di amministrazione della biblioteca “Giorgio Faletti” di Asti. La sua passione lo ha portato a conoscere da vicino molti cantanti lirici. Appartengono a generazioni ben definite: la prima, quelli che ascoltavano i suoi genitori: Franco Corelli, Mario Del Monaco, Lina Paliughi, Ferruccio Tagliavini, artisti in voga negli Anni ’50. Dopodiché sono i Pavarotti, Mirella Freni, Domingo, Carreras, Katia Ricciarelli e naturalmente gli astigiani Carlo de Bortoli e Tiziana Fabbricini. L’attuale è la generazione dei Francesco Meli, Juan Diego Flores, con altri astigiani in evidenza come Erica Grimaldi e Enrico Iviglia. Una occasione di conoscenza è data dal premio “Aureliano Pertile”, istituito dall’associazione “Amici della musica” intitolata a Beppe Valpreda.
Il premio “Pertile” assegnato ai tenori
«Beppe Valpreda, a cui è intitolata la nostra Associazione, era stato segretario comunale ad Asti. Grande appassionato d’opera, alla comparsa delle radio libere tenne negli Anni ‘70 una fortunatissima rubrica radiofonica per Radio Asti. Fu lui a ideare l’Associazione che nacque nell’autunno del 1978 con Fabio Poggi e Maurizio Dania. Venne intitolata a Beppe Valpreda che io non ho mai avuto il piacere di conoscere personalmente perché morì pochi mesi prima causa una forma di leucemia fulminante”
Il Club Amici della Musica “Beppe Valpreda” ogni anno dal 2002, cinquantenario della scomparsa di Aureliano Pertile, ha istituito il premio in memoria del grande tenore veneto di Montagnana (1885-1952) che proprio all’Alfieri di Asti mosse i primi passi di una brillante carriera, nel 1912 con Isabeau di Mascagni, rimanendo, poi, legato ad amicizie astigiane per tutta la vita.
Per ricevere il premio si sono esibiti sul palco dell’Alfieri Fabio Armiliato, Giuseppe Sabbatini, Vincenzo La Scola, Nicola Martinucci, Piero Giuliacci, Roberto Aronica, Giuseppe Filianoti, Antonino Siragusa, Francesco Meli, Marcello Giordani, John Osborne e Gregory Kunde. Nel 2014 il premio è andato a Fabio Sartori, uno dei tenori più acclamati del panorama lirico. Se non ci saranno cambiamenti, sempre possibili, quest’anno il premio “Pertile” sarà conferito mercoledì 28 ottobre al Teatro Alfieri a un giovane ed emergente tenore argentino, Juan Francisco Gatell. L’ideatore del premio che ricorda Pertile è stato il critico torinese Valter Baldasso (astigiano di adozione) e il riconoscimento consiste non nella solita targa, ma in un manufatto di Eugenio Guglielminetti che ha voluto così legare il suo nome di uomo di spettacolo anche alla lirica. Dopo la scomparsa di Baldasso, il “cacciatore di tenori” è Alberto Bazzano e il premio è tra i più ambiti del panorama lirico internazionale.
«Lo merita Asti che meriterebbe anche di tornare ad avere una stagione lirica d’alto livello. Ogni volta che arriva l’opera è una festa e Asti ha il teatro giusto per ospitarla degnamente». E Bricchi coltiva un altro sogno che sta per uscire dal cassetto: un libro che sarà un viaggio nel mondo della lirica e che raccoglie decenni di studi e ricerche.