sabato 27 Luglio, 2024
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La storia di un fallimento chiamato Enofila

Lo spinoso dossier sul tavolo del futuro sindaco
Il calcolo di quanto abbia ingoiato l’intera operazione non è facile. Sono stati spesi quasi 15 milioni di euro, tra contributi regionali e altre elargizioni pubbliche. L’intera struttura è vuota e in attesa di chi crede nei miracoli.

Enofila: 1872-2016. Potrebbe riportare queste date la lapide “funeraria” dell’edificio di corso Cavallotti, dove riposano 144 anni di rilanci falliti, recuperi annunciati e finanziamenti sprecati. Un posto che ha visto anni di speranze e decenni di lavoro. Milioni di bottiglie prodotte e lotte sindacali. Prima deposito e cantina, poi vetreria, poi centro fieristico e adesso chissà cosa. «Attività strategiche di lungo periodo legate al prodotto del vino e ad altri prodotti di qualità». Questa era, sulla carta, la “mission” dello storico palazzo dopo il trasferimento della Vetreria al nuovo stabilimento di Quarto.

Era un ritorno alle origini visto che l’edificio in mattoni rossi dalle belle forme armoniche dell’epoca fu costruito dalla Società Enologica Astese, costituita dai Gancia e da altri imprenditori del vino e voluto apposta vicino alla ferrovia per Genova e Torino con un suo binario dedicato, per favorire i trasporti delle botti. Dopo il fallimento dell’impresa arrivarono i vetrai e la Vetreria fece vivere quel posto con alterne fortune fino al 1989. Oggi, dopo un secolo e mezzo l’Enofila è un oneroso e ingombrate “regalo” che il Comune di Asti si è ritrovato a dover gestire. Comunque vadano le elezioni, il dossier Enofila sarà tra i più spinosi da risolvere per la nuova amministrazione. Sono passati più di vent’anni e cinque sindaci senza che si trovasse una destinazione definitiva. 

L’amministrazione Brignolo ha provato a fine 2016 a cedere l’Enofila a titolo gratuito alla Regione Piemonte. Sono arrivate delegazioni di tecnici e dirigenti da Torino per decidere l’utilizzo dei grandi spazi. Pareva dovessero trasferirvisi gli addetti del servizio Agricoltura, passati dalla Provincia nuovamente in carico alla Regione. Tali uffici e i loro impiegati sono da anni in locali d’affitto che la Provincia paga alla Curia in piazza San Martino. Ma, dopo i primi abboccamenti, anche questa ipotesi regionale pare tramontata così come non ha preso corpo l’idea di trasformare l’Enofila in sede di “studios” cinematografici e televisivi. È stata sondata anche la possibilità di trasferirci l’istituto Castigliano.

Scorci dell’Enofila come appare oggi. Spazi parzialmente attrezzati ma tristemente vuoti e inutilizzati.

 

Qui e nelle foto sotto scorci dell’Enofila come appare oggi. Spazi parzialmente attrezzati ma tristemente vuoti e inutilizzati. Foto di Giulio Morra

Gli ultimi a usarla sono stati gli alpini durante l’adunata

 

L’ultimo utilizzo è stato in occasione dell’Adunata nazionale degli Alpini dello scorso maggio. Vi sono state allestite mostre storiche e si è svolta la Douja dell’Alpino. Una rassegna enologica che ha avuto il sapore dell’addio visto che la Douja d’or, quella vera di settembre, organizzata dalla Camera di Commercio, dall’edizione 2106 è tornata nel centro storico di Asti, dopo aver tentato di animare per cinque anni i saloni e il cortile dell’Enofila.

Ora che anche la Douja se n’è andata resta un grande punto interrogativo. Che farne dell’Enofila? Tutta la vicenda ha l’amaro sapore di una resa, dopo che si sono avvicendate soluzioni deboli, confuse e prive di una strategia efficace. Per capire meglio la portata di questo fallimento di idee e proposte concrete si devono fare molti passi indietro. 

 

 

1872, impresa vinicola poi dal 1905 Vetreria fondata da livornesi

 

L’Enofila nacque nel 1872 come stabilimento della Società Enologica Astigiana su un terreno di 35 mila metri quadrati, a pochi metri dalla ferrovia. Dopo quattro anni la società diventò «Unione Enofila», ma le cose non andarono per il verso giusto e l’azienda fu dichiarata fallita nel 1888. Tre anni dopo il Comune rilevò tutto il complesso per destinarlo a magazzino. Rimase però di fatto inutilizzato fino al 1905, quando l’amministrazione guidata dal sindaco socialista Annibale Vigna cedette l’uso dell’immobile a un gruppo di mastri vetrai specializzati in produzione di bottiglie e damigiane. I vetrai, che erano soprattutto di fede anarchica e socialista, arrivavano da Livorno, Sesto Calende, Vietri sul mare e Gaeta. La fabbrica si chiamò “Vetreria Operaia Federale». Nel 1911 la cooperativa si trasformò in Vetreria Astigiana, una società le cui azioni erano possedute in massima parte dai mastri vetrai. Tra di essi emerse la figura di Cesare Ricciardi che diventò il leader dei vetrai e di fatto controllò la fabbrica. Negli Anni Trenta l’azienda incrementò la produzione con nuove macchine formatrici in grado di produrre svariati formati di vetro cavo. L’azienda astigiana diventò Saciv nel 1933 e dopo la guerra assorbì altri stabilimenti in Italia entrando nell’orbita del gruppo francese Saint-Gobain. 

 

 

Dopo l’era Ricciardi nel 1968 nasce il gruppo Avir

 

È del 1968 la nascita del Gruppo Avir con direzione a Milano e decine di vetrerie in Italia. Lo stabilimento di Asti mantiene fino al 1985 la direzione tecnica del Gruppo. Lo stabilimento di Asti, dove i forni sono accesi 24 ore su 24, arriva a occupare oltre mille addetti considerando anche le imprese collegate. Nel 1989, con l’entrata in funzione del nuovo stabilimento automatizzato nella piana di Quarto, la vecchia Enofila torna al Comune. La giunta Bianchino (1994-98) inizia a sondare le possibilità di utilizzo. Si fanno alcune opere di messa in sicurezza e si demoliscono parti della vetreria che erano state aggiunte negli anni. 

 

Nel ’98 inizia l’odissea dei progetti e dei cantieri

 

A fine 1998 inizia l’era dei grandi progetti. L’allora assessore comunale (giunta Florio) Paolo Pontacolone annuncia: «Intendiamo costituire un comitato promotore per arrivare alla formazione di una società mista che porti a termine il restauro dell’Enofila e gestisca l’immobile». Si pensa a un palazzo delle fiere. Il Comune mette sul piatto l’immobile, valore stimato 10 miliardi, e spera che i privati si facciano avanti. Il progetto, affidato dall’amministrazione Bianchino agli architetti Balbo e Gonella, riguarda solo la parte esterna dell’edificio, ma si conta di affrettare i tempi. Passa un anno.  Nel 1999 l’amministrazione comunale è ancora in cerca di partner disposti a condividere l’avventura dell’ex Vetreria. Si svolge una riunione affollatissima per discutere della società mista, pubblico-privata, che dovrà procedere al recupero dello storico edificio e alla sua gestione.

Oltre al Comune intervengono le Casse di risparmio di Asti e Torino, Istituto San Paolo, Api, Unione industriale, Provincia, Camera di Commercio, Confesercenti, Unione commercianti, Atl, Associazione artigiani. Arriva anche Riccardo Sartoris, già presidente di Expo Duemila di Torino, incaricato dalla giunta di redigere lo studio per la costituzione della società. Tante parole speranzose. La cifra per finanziare il progetto dell’Enofila è stimata in 12 miliardi di lire: ne servono ancora 9 da trovare fra i partner del Comune, che ne mette sul piatto 3 oltre all’immobile. Sognare non costa nulla: l’Enofila del futuro ospiterà un centro fieristico da 2500 metri quadrati, il centro di documentazione sul vino, un’enoteca, un ristorante, parcheggio e uffici. 

 

 

Nel Duemila c’è il plastico ma il cantiere  va a singhiozzo

 

Arriva il Duemila e compare in miniatura come sarà il nuovo palazzo. Il plastico e i prospetti dell’intero progetto di recupero dell’Enofila fanno la loro prima comparsa alla festa del vino del Lions Club, organizzata un sabato pomeriggio all’ex chiesa di San Michele, da poco trasformata in circolo vineria «Diavolo Rosso». Passano due anni e si resta al plastico. Nel 2002 la Provincia (presidenza Marmo) decide di entrare nella partita. Farà parte della futura spa (formata da Comune di Asti, Camera di commercio e Fondazione Cassa di Risparmio di Asti) che dovrà realizzare il “Centro fieristico polifunzionale Enoteca di Asti”. Capofila ancora una volta è il Comune, che avvia lo studio e il progetto di fattibilità, e che già dispone, per il progetto Enoteca, di un finanziamento preliminare di cinque miliardi di lire disposto dalla Regione, tramite Finpiemonte. 

La bozza di protocollo condivisa dalla Provincia prevede che la futura spa sia denominata “Centro fieristico polifunzionale enoteca della città di Asti” e che il capitale sociale venga sottoscritto in misura dell’86,50% a carico del Comune e in misura pari al 4,50 pro capite da Provincia, Fondazione Crat e Camera di Commercio. Il primo lotto di lavori per il recupero di questo pezzo di archeologia industriale, sarebbe dovuto terminare il 12 dicembre del 2003. Ma il cantiere si arena dopo pochi mesi. La struttura è scoperchiata, umidità ed erbacce aggrediscono muri e scantinati. I ponteggi sono desolatamente abbandonati.

Il Comune rescinde consensualmente il contratto con l’impresa «Pari srl» di Varese che aveva vinto l’appalto con un ribasso d’asta superiore al 13%, aggiudicandosi i lavori per un importo di 2 555 190 euro che aveva iniziato gli interventi. L’amministrazione paga alla ditta 270 mila euro per i lavori compiuti e deve bandire una nuova gara d’appalto. I sindacati avevano già denunciato, con preoccupazione, che il cantiere era di fatto fermo: da settembre sono rimasti solo tre operai. A complicare il tutto anche un contenzioso con la «Nuova Upir» che aveva già innalzato due palazzoni in zona e partecipato alla gara d’appalto. Nella primavera 2002 si riprende a lavorare: 8 mesi e un nuovo stop. Agli inizi del 2003 la Provincia di Asti invia una lettera al presidente della Regione Enzo Ghigo, al sindaco di Asti Vittorio Voglino, al presidente della Camera di Commercio Aldo Pia e al presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Asti Michele Maggiora in cui annuncia di voler “concorrere con gli altri enti locali, in modo unitario e paritario, alla realizzazione del progetto Enofila”.

Il presidente Roberto Marmo, nella lettera ricorda che il documento predisposto dalla Provincia è stato presentato al Comune e alla Camera di Commercio. Marmo si augura di “poter procedere con la presentazione alla Regione di un programma dettagliato per la stipula dell’accordo relativo agli investimenti sul territorio provinciale legati alle Olimpiadi Invernali Torino 2006”. Il completamento della ristrutturazione e il futuro centro fieristico del “Palavini” scalda il dibattito politico. Nella querelle irrompe il presidente della Cia (Confederazione italiana agricoltori) Dino Scanavino che con verve polemica dichiara: Invece di giocare a rimpiattino si discuta della questione anche con le organizzazioni agricole.

 

I mastri vetrai che nel 1911 fondano la Vetreria Astigiana specializzata nella produzione di bottiglie e damigiane

 

Nasce Aurum&Purpura società a tre destinata al fallimento 

 

Il 17 febbraio 2003 arriva la firma del protocollo d’intesa. La lettera porta in testa i tre simboli appaiati: Provincia, Comune di Asti e Camera di commercio. La firma permette ai tre enti di presentarsi alla Regione per chiedere lo stanziamento di 6 milioni di euro (legge sulle Olimpiadi 2006) e di passare all’appalto in un unico lotto dei lavori. Lo stanziamento diventa realtà. Ottenuti i sei milioni di euro dalla Regione, però, bisogna fare il lavori. Nel 2004 la situazione è ancora in alto mare. Parte il conto alla rovescia: mancano 537 giorni alla scadenza del termine che la Regione ha imposto per l’ultimazione delle opere legate alle Olimpiadi di Torino 2006.

L’ex Enofila dovrà diventare entro il 31 dicembre 2005 un centro fieristico e congressuale, nel nome del vino e non solo. Il costo del progetto nel frattempo è salito a 25 miliardi delle vecchie lire e di questi circa 20 miliardi (10 milioni di euro) sono frutto di stanziamenti regionali, legati però al rispetto dei tempi. Il recupero dell’Enofila è quindi intrecciato con la capacità di indire l’appalto europeo entro settembre e di partire subito dopo con i lavori. Lo hanno promesso i responsabili della società dal nome altisonante «Aurum et Purpura», una spa che ha visto convergere tre enti interessati al progetto: il Comune di Asti, la Camera di Commercio e la Provincia. Primo presidente è l’assessore Gianfranco Ruscalla (giunta Voglino).

Per la Camera di Commercio è chiamato a partecipare Vittorio Gancia, che torna a occuparsi del futuro di un immobile voluto dal suo bisnonno Carlo. Il progetto iniziale viene ampliato. L’ing. Marco Gonella e l’architetto Giulio Balbo prevedono la nascita di una struttura fieristica polifunzionale con enoteca da mille metri quadrati, più altri mille di magazzini, sala congressi aumentata rispetto al primo progetto fino a 460 posti, e zona espositiva di 4400 mq., più altri 250 di uffici. Nelle planimetrie spuntano quindi anche un self service, un ristorante, un anfiteatro per manifestazioni all’aperto e il parziale recupero delle “vele”, le belle tettoie in mattoni che servivano per coprire le sabbie ai tempi della Vetreria. In vista c’è anche la ricapitalizzazione della società con l’ingresso di altri soci istituzionali, banche e privati in un’ottica – si dirà allora – di «non provincialismo». La speranza è di allargare perlomeno al Cuneese e all’Alessandrino l’area di influenza dell’Enofila, proponendola come polo fieristico specializzato e dotato di servizi.

 

Tra i primi lavori del restauro c’è stato l’abbattimento delle torri in cemento armato che sovrastavano l’ex Enofila utilizzate dalla vetreria Avir

 

Un’immagine dei lunghi lavori di restauro che hanno visto la trasformazione del complesso da Vetreria a centro fieristico

Tra i soldi spesi 157 mila euro raccolti per l’alluvione

 

Una curiosità: tra i capitali entrati nella società A&P ci sono anche 157 mila euro del fondo residuo post alluvione 94 raccolto dall’Associazione delle Casse di risparmio italiane e da allora giacente nei conti della Fondazione. 

 

La storica insegna purtroppo distrutta nei restauri

I dubbi per un restauro mal riuscito e poco funzionale

 

Passa il tempo e si arriva al 2005. Nella sede di «Aurum et purpura» in via Natta 3, si è insediata la commissione per esaminare la documentazione delle sei imprese che hanno partecipato al bando di gara europeo per i lavori di recupero dell’immobile. Un intervento da 9 milioni e mezzo di euro finanziati con fondi destinati alle opere collaterali alle Olimpiadi di Torino 2006. I lavori sono assegnati ma termineranno quando le Olimpiadi di Torino sono già finite. Gli operai lasciano il cantiere nel dicembre 2007. L’enofila viene consegnata alla città che nel frattempo ha cambiato nuovamente amministrazione riportando sulla poltrona di sindaco Giorgio Galvagno.

Il palazzo si presenta con quattro grandi spazi espositivi per complessi 4 mila metri quadrati. Il più suggestivo ha le volte in mattoni (800 metri) ma è percorso dagli enormi tubi in acciaio dell’impianto di riscaldamento la cui collocazione ha trovato posto al centro del cortile al posto dell’anfiteatro. Gli altri tre saloni appaiono vuoti, freddi, dalle volte alte, molto simili a grandi garage. A queste quattro aree si aggiungono, al primo piano, il ristorante (con annessa cucina) con vista sullo scalo ferroviario, i magazzini, gli uffici e una saletta incontri con le suggestive finestre rotonde. Molto cemento a vista (a cominciare dall’ingresso con scala  mobile solo a salire) e infissi metallici di colore rosso vino.

Anche le armoniose vele in mattoni sono state demolite così come era già sparita la storica insegna formata da bottiglie murate nel timpano della facciata che componeva la scritta “Vetrerie”, memoria di un pezzo di storia della città La loro rimozione ha suscitato perplessità e non poche critiche. I tecnici che si occupano del cantiere parlano di esigenze di sicurezza e di una decisione presa in sintonia con la Soprintendenza ai Beni ambientali e architettonici che invece smentisce tutto: L’ordine non è partito da noi. Il nostro orientamento era tentare di mantenere l’insegna. Il risultato è che un banale intonaco grigio sostituisce la scritta.

 

Dal 2011 al 2016 l’Enofila ha ospitato la Douja d’or e altre manifestazioni come “Asti fa goal”

 

Dal 2011 al 2016 l’Enofila ha ospitato la Douja d’or e altre manifestazioni come “Asti fa goal”

Dal 2011 al 2015 ospita la Douja d’Or

 

Nel 2011 arriva la Douja d’or trasferita dal cortile del Collegio. Con essa l’Enofila almeno per una quindicina di giorni di settembre prova a rinascere. Vi si aggiunge la rassegna “Asti fa goal” voluta dal presidente della Camera di Commercio Mario Sacco, per dare visibilità all’artigianato agroalimentare astigiano. Si prova anche la strada delle Sagre d’inverno e della Fiera dei vini della Luna di Marzo. Viene ospitata la rassegna Golosaria e si tenta di rianimare l’asfittica Fiera Città di Asti. Tutto inutile. L’Enofila appare fredda, distante, lontana dal cuore degli astigiani. 

Nel dicembre 2013 con una determina dirigenziale l’amministrazione comunale gira alla società Aurum et purpura la somma di 100 mila euro. Si tratta di un nuovo intervento della Fondazione Cassa di Risparmio di Asti: la finalità è quella di finanziare i lavori di completamento della struttura, tra cui il raddoppio della scala mobile. Le cantine purtroppo restano inagibili, un contro senso per quello che dovrebbe diventare il Palazzo dei vini. Nel frattempo la società Aurum et Purpura istituita nel 2003 va in crisi. I costi della struttura (riscaldamento, impianti, gettoni e altro) causano perdite che si accumulano.

Dal 2012 i tre soci pubblici hanno deciso di non ripianare più. Nella sua relazione, il commissario alla Spend ing review Carlo Cottarelli boccia la “Aurum” che, proprio nel 2012, ha fatto registrare un passivo di 388 mila euro, sceso a 298 335 l’anno seguente. È una partecipata che ha ingoiato milioni senza che il progetto iniziale di un grande centro per i vini allargato ad altre realtà del Sud Piemonte sia mai decollato. La liquidazione avviene con l’ultimo bilancio di esercizio nel 2014. È una liquidazione anticipata e consensuale affidata ai dirigenti dei rispettivi enti che hanno preso il posto dei consiglieri “politici” nella società: Franco La Rocca per il Comune, Fiorina Montanera della Provincia e Roberta Panzeri.

A liquidazione conclusa l’Enofila che era stata concessa alla “Aurum et Purpura” torna nella disponibilità del Comune. L’Enofila è come la bela Maria – scherza amaramente un dirigente pubblico – tutti la vogliono, ma nessuno la pija. Il calcolo di quanto abbia ingoiato l’intera operazione non è facile. Sono stati spesi quasi 15 milioni di euro, tra contributi regionali e altre elargizioni pubbliche. L’intera struttura è vuota e in attesa di chi crede nei miracoli. 

 

 

L'AUTRICE DELL'ARTICOLO

Astigiani è un'associazione culturale aperta, senza scopo di lucro, che ha bisogno del sostegno di altri "Innamorati dell'Astigiano" per diffondere e divulgare la storia e le storie del territorio.
Tra i suoi obiettivi: la pubblicazione della rivista trimestrale Astigiani, "finalizzata alla raccolta e diffusione di informazioni e ricerche di storia e cultura astigiana dal passato remoto a quello prossimo, con uno sguardo al presente e la visione verso il futuro (dallo statuto), la raccolta di materiale per la creazione di un archivio fotografico, video e documentale collegato al progetto "Granai della memoria", la realizzazione di presentazioni pubbliche e altri eventi legati al recupero della memoria del territorio.

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