sabato 27 Luglio, 2024
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1932-2015
CALCIO

Galletti in campo da più di 80 anni tra gioie e dolori

Storia travagliata: vittorie, tifo, fusioni, speranze tradite
L'Asti Calcio fondata nel 1932. Con l’obiettivo di inserire i galletti tra le grandi squadre piemontesi, per oltre ottant’anni è stata la massima squadra di calcio della città. Una storia ricca di successi ma anche di delusioni. Precipitato negli ultimi tempi in serie difficoltà gestionali che l’hanno portato a vivere un futuro incerto, l’Asti mantiene comunque un glorioso passato. Dalla seconda divisione degli esordi, una rapida ascesa ha portato i galletti ai vertici del calcio del Nord Italia, quasi sfiorando la Serie B che non ha però mai raggiunto. Nomi illustri hanno indossato la maglia biancorossa. Nella storia societaria anche gli anni delle fusioni con Macobi, Torretta Santa Caterina e Asti Sport, senza mai dimenticare l’importanza del settore giovanile.

La società nasce grazie a un gruppo di commercianti

 

Data di nascita: 21 agosto 1932. L’Associazione Calcio Asti vede la luce in un periodo particolare per la città che si sta candidando a ruolo di capoluogo di provincia (cosa che avverrà nel 1935) e che vuole avere anche nel calcio una rappresentanza più elevata e meno marginale rispetto alle vicine formazioni della provincia piemontese, che militano spesso nella massima serie con Juventus e Torino. Nei primi decenni del secolo le squadre della provincia piemontese si erano già conquistate onori e scudetti: ben 7 con la Pro Vercelli (tra il 1908 e il 1921), uno con il Casale (1914), perfino uno con la Novese (1922) e ottimi piazzamenti con Alessandria e Novara. Dal 1930 al 1935, la Juve si sarebbe imposta per cinque campionati consecutivi. Il Torino aveva vinto nel 1927, ma il titolo era stato revocato tra le contestazioni dei granata.

Hanno fatto la storia dei Galletti
1 Vincenzo Balestrino
presidente
2 Bruno Nattino
allenatore
3 Raffaele Cuscela
allenatore
4 Gianmaria Piacenza
presidente
5 Ugo Perosino
massaggiatore
6 Bruno Cavallo
presidente
7 Ezio Volpi
allenatore
8 Piero Chiesa
vicepresidente
9 Gianni Lucotti
dirigente
10 Giuseppe Nosenzo
presidente
11 Guido Marello detto “Moretto” massaggiatore

 

Nel 1944 c’è il campionato di guerra Asti settimo dietro Juve e Toro

 

Gli astigiani erano rimasti fuori dai grandi giochi, senza riuscire a entrare nell’olimpo del football. Dopo la stagione pionieristica della Fulgor e della Laico e del felice ma breve periodo dell’UCA (Unione calcio astigiana), agli inizi degli Anni ’30 tre sole squadre erano rimaste a fare calcio di un certo livello ad Asti: il Regis, il Carlin e l’Astense. Tre buone squadre, ma non in grado di affrontare campionati federali idonei a dare prestigio al movimento sportivo locale. Traguardi che invece, nell’ambizioso progetto del podestà Vincenzo Buronzo di fare di Asti il capoluogo di una nuova provincia, devono in qualche modo essere perseguiti.

Non è dunque un caso se alcuni personaggi di spicco della vita pubblica cittadina prendono l’iniziativa, nella prima metà del 1932, di riportare il calcio cittadino a buoni livelli agonistici fondando una nuova società: l’Associazione Calcio Asti. Promotore dell’iniziativa, la cui data fondante viene fatta risalire al 21 agosto di quell’anno, giorno della riunione in cui si scelsero il nome della neonata società e il colore della maglia (un bel rosso vivo) fu, come ricorda Fulvio Lucotti nel suo Il gioco del calcio ad Asti (a oggi l’unico testo organico esistente sulle vicende calcistiche della città dalle origini agli Anni ’60), Vittorio Marchia, imprenditore nel settore cartario. I suoi più stretti collaboratori furono Oreste Arrobbio, che diventerà in seguito un apprezzato giornalista locale, Giuseppe Lazzarone, uomo di lettere, di cultura e di bella vita, che firmava i suoi scritti e anche testi di canzoni con lo pseudonimo “Meninpippo” e i signori Poggio, Bertolino, Perinciolo, esponenti del mondo del commercio delle carni. 

 

Asti campionato 1945-46 finale con la Mestrina. In piedi, da sinistra, Bassetti (dir.), Pavese, Fusero, Acquarone, Ferrari, Busoni, Borsato, Piccaluga (all.). Accosciati (da sin.): De Lucchi, Cavagnero, Agnisetta, Maestri, Michelini.
La formazione dei Galletti nel campionato ‘56 – 57 con in campo il presidente Vincenzo Balestrino

 

Dal 1946 al 1948 i galletti perdono gli spareggi per la B

 

Il neonato Asti fu ammesso al campionato di Seconda Divisione e inserito nel girone A assieme ad Acqui, Albese, Braidese, Cuneo, Mondovì, Saviglianese, Unica e Val Pellice. La formazione di inizio torneo: Stura, Grassi, Ambrosio, Picco, Bo, Boano, Vergano, Giuliani, Cornetto, Dadone, Zo. A essi si aggiunsero successivamente i portieri Giovanni Galletti e Domenico Osella e l’attaccante Franco Turello. I “galletti”, come da quegli anni cominciarono a essere definiti a richiamo del simbolo della città, ottennero numerose vittorie tanto da essere subito promossi in Prima Divisione. Risistemata la un po’ traballante situazione finanziaria degli inizi, grazie all’opera del prof. Giuseppe Cavanenghi, all’epoca consultore (oggi diremmo assessore) alle Finanze in Comune (e nel dopoguerra apprezzato insegnante all’Istituto tecnico Giobert), diventato presidente con Vittorio Marchia nel ruolo di segretario, l’Asti riesce dopo un anno di apprendistato nella nuova serie a essere promosso in serie C al termine del campionato 1934-35. Vi resterà ininterrottamente per dodici anni “galleggiando” nelle posizioni di media classifica fino al ’42, quando arrivò 4° come era già successo due anni prima. Era però scoppiata la guerra e anche il calcio ne fu coinvolto. Molti calciatori erano stati arruolati, c’erano difficoltà nei trasporti, la tensione cresceva.

 

Una fase di Asti-Derthona del 7 ottobre 1962

A metà Anni ’50 l’esuberante presidenza del “barbun” Balestrino

 

Nel ’44 l’Asti fu inserito nel campionato dell’Alta Italia in un girone unico con altre nove squadre, fra le quali il Torino e la Juventus, piazzandosi al settimo posto. Questa la classifica finale della prima fase: Torino punti 34, Juventus 26, Biellese 24, Liguria 23, Genova 20, Novara 17, Asti 13, Casale 11, Alessandria 10, Cuneo 2. Nell’immediato dopoguerra anche il calcio rifiorisce, si torna lentamente alla normalità e alla voglia di gol, come si tornò a scrivere sui giornali dopo gli anni dell’italianizzazione forzata del gergo calcistico. Ad esempio: calcio d’angolo e non corner, calcio di rigore e non penalty.
L’Asti viene riammesso in serie C e trova nuova linfa con tre presidenti, uno dopo l’altro: Secondo Ercole, l’industriale “padre” della Saclà, Michele Martinetti, imprenditore nel settore dell’arredamento, e Michele Pistone, industriale vinicolo. Per tre anni – in panchina c’era l’ex nazionale Angelo Piccaluga – si piazzò ai primi posti del suo girone di Lega Nazionale Alta Italia, ma finì sempre sconfitto negli spareggi per ottenere l’ammissione alla serie B. Clamoroso, e seguito con grande passione dagli astigiani, fu quello, sfortunatissimo, del ’46 contro la Mestrina (vedi Astigiani n. 5, pag. 47).

Nel 1947 i giocatori dell’Asti ebbero in premio una bicicletta ciascuno. Comunque il mancato balzo nella serie B nazionale, fallito per tre volte, spense un po’ gli entusiasmi. Mentre alla presidenza si alternavano Secondo Ercole e l’industriale Giuseppe Morando, la squadra fu costretta alla retrocessione nel 1950 (in quella che allora si chiamava Promozione, ma era in realtà la Quarta Serie. Con la successiva riforma dei campionati, tra la C e la Promozione, fu inserita effettivamente una serie nuova, la Quarta, poi serie D). Tentò subito la risalita, vanificata, al termine di un estenuante torneo di spareggio, da un sorteggio sfavorevole. Restò cosi in Promozione (quella nuova) e riuscì a tornare in IV Serie al termine del campionato 1954-55 sotto la presidenza del comm. Vincenzo Balestrino, personaggio esuberante e sanguigno, noto ai tifosi con il soprannome di “barbun” e molto popolare in città per la sua produzione di liquori – in primis la China d’Asti – e per le sue doti di veggente (“setmin”). Estroverso e antesignano della tecnica di valorizzazione della propria immagine e di quella della squadra, era solito, al ritorno da ogni trasferta vittoriosa, arringare in piazza Alfieri i tifosi salendo sul tetto della “corriera” servita per trasportare squadra e tifosi. 

L’Asti resterà, tra alti e bassi (con tre secondi posti nel ’64, ’65 e ’67), per tredici anni in serie D passando dalla presidenza di Giuseppe Morando al commissariamento guidato dal banchiere Carlo Bruno, a un lungo periodo in cui la squadra fu retta dall’imprenditore edile Alessandro Mentigassa. Nonostante l’arrivo, nella stagione 1963-64, di Bruno Cavallo, titolare della camiceria Macobi, vicepresidente del Torino e dell’Asti nello stesso tempo, i “galletti” non riescono a ottenere la promozione in serie C. Mentigassa e Cavallo decidono poi di andare ognuno per la propria strada. Il primo rimane alla guida dell’Asti, mentre il secondo diventa presidente dell’Astense-Macobi (poi solo Macobi, per i tifosi Macobì, con l’accento sulla i) che aveva nel frattempo assorbito la storica società di Cecco Pontacolone. La stessa Macobi viene promossa nel 1966 in serie D e così la città si ritrova due squadre nello stesso campionato e assiste, per la prima volta nella storia, a un derby tutto astigiano.

Quattro furono in tutto le “stracittadine”, con tre vittorie della Macobi e un pareggio.  In quelle stagioni non furono pochi i giocatori di un certo rilievo che vestirono la casacca biancorossa spiccando, in qualche caso, anche il volo verso mete più importanti. Tra questi si possono ricordare Enzo Marchisio (in serie B al Cagliari), Bruno Nattino (in serie A con il Como), Fabrizio Poletti (in serie A al Torino, al Cagliari e alla Sampdoria e in Nazionale con la spedizione ai Mondiali di Messico ’70) e ancora il portiere Agnisetta, e poi Borsato, Pavese, Maestri, Ferraris, Cavagnero, Stradella, Avere, Scaglia, Tagliaferri, Cardillo, Vannicola, Saracco, Carlo Unere, Chiaranda, Venturello e Veronese.

 

Una formazione dell’Asti degli Anni ‘60
L’Astimacobi in campo nel campionato di serie D 1971-’72

Nell’estate del 1968 nasce l’Astimacobi che però resta in C un solo anno

 

Nell’estate del 1968, dopo che i granata della Macobi sono stati promossi in serie C al posto della Pro Vercelli e l’Asti è retrocesso in Promozione, viene decisa la fusione tra le due società sotto la presidenza di Bruno Cavallo. Nasce così l’Astimacobi che, anche a causa di una “rosa” troppo affollata e poco amalgamata, rimane un solo anno nella terza serie nazionale. Resta però la consolazione di aver visto il “Comunale” colmo di tifosi per sostenere la squadra contro formazioni blasonate come Piacenza (promosso in B), Triestina, Treviso, Udinese, Alessandria (in un clima da derby), Novara e Venezia. Memorabili, comunque, le vittorie casalinghe su Triestina e Venezia. In quella stagione l’Astimacobi schiera, oltre ai portieri Odasso, Riva e Parisio, Carlo Unere, Avere, Rambaldelli (ex Catania), Pitton, Vannicola, Marmo, Zanelli, Pandolfi (ex Juve), Chiaranda, Mantovani, Dorini, Venturello, Dubourgel e Marengo. 

Il 15 giugno 1969, contro il Treviso (1-0 per i veneti), esordisce in prima squadra il difensore, classe 1951, Maurizio Zanutto, che con la maglia granata dell’Astimacobi prima e con quella biancorossa dell’Asti poi, collezionerà ben 336 presenze di campionato in prima squadra. Si torna dunque a giocare in serie D, e nel 1972 l’Astimacobi fallisce il ritorno alla C per una sola lunghezza di  “ritardo” nei confronti della Cossatese. In quella squadra militano, fra gli altri, Giovannini, Cappellazzo, Castelli, Victor Panucci (padre di Christian, ex difensore della Roma e della Nazionale), Trevisani, Bertuzzo e, dulcis in fundo, un giovane Giancarlo Antognoni. Il formidabile centrocampista umbro, che era arrivato nel 1969 tra i giovani più promettenti del vivaio, contribuì a far vincere il titolo nazionale 71-72 alla formazione “Berretti” dell’Astimacobi e giocò in prima squadra fino al maggio 1972 (Astimacobi-Borgomanero, vinta per 6-1). Era destinato al Torino, ma verrà ceduto alla Fiorentina dopo non pochi maneggi al termine di quel campionato. Diventerà campione del mondo dieci anni dopo in Spagna, e nell’83 chiuderà la carriera in azzurro con 73 presenze e 7 reti (Su Astigiani n.° 8, pagina 51 la vicenda di Antognoni in quegli anni). Dopo di lui, andranno in serie A altri cinque giocatori che hanno difeso i colori dell’Asti: Ezio Bertuzzo, Luigi Sacchetti, il portiere canellese Roberto Bocchino, Michele Padovano (una presenza nella Nazionale maggiore) e Matteo Paro (in forza al settore giovanile biancorosso prima di approdare nelle file della Juventus). Nel 1974 Bruno Cavallo lascia la presidenza all’imprenditore edile Marco Gastino, che guiderà la società (tornata al solo nome di A.C. Asti e alle maglie biancorosse) fino al 1980. Il miglior piazzamento dei “galletti” di Gastino si avrà al termine dell’annata 1976-77, sotto la guida dell’allenatore astigiano Bruno Nattino, con un secondo posto, alle spalle dell’Omegna. 

La squadra che ha partecipato nel 1976-’77 al torneo di serie D

Nel 1980 ecco la fusione con l’arrembante Torretta S.C. di Nosenzo

 

Un risultato amaro, tenuto conto della presenza in squadra di giocatori del calibro di Giovanni Sacco (originario di San Damiano, ex centrocampista della Juventus, Lazio, Atalanta, Reggiana. Ha fatto parte della nazionale under 21 che nel 1963 vince i Giochi del Mediterraneo), Albrigi (ex Torino), Carlo Unere, La Torre, D’Agostino e Menabreaz. L’anno successivo vestirà la maglia biancorossa anche Giuseppe Unere, fratello di Carlo, ormai a fine carriera dopo aver giocato per molti anni in serie B. Intanto sta arrivando sulla scena l’arrembante Torretta Santa Caterina che salirà in D nel 1978, l’Asti rischia nello stesso anno la retrocessione, evitata solo grazie a un ripescaggio in extremis. Dieci anni dopo, la storia sembra ripetersi: tra il ’78 e l’80 saranno disputati quattro derby con due vittorie per i rossocelesti della Torretta Santa Caterina e due pareggi rossoblu.

Nata nel ’69 e protagonista di una rapida e irresistibile ascesa, la Torretta Santa Caterina presieduta dall’industriale Giuseppe Nosenzo, titolare della Morando Impianti, viene promossa in C2 nel 1980. Nosenzo arruola anche Paolo Conte e lo invita a scrivere un “Torretta Calipso” per dare alla squadra e ai tifosi un allegro inno (Astigiani n.°2, pag 60, dicembre 2012). In quello stesso anno, l’Asti, allenato da Giovanni Sacco, diventato tecnico dopo aver indossato la maglia biancorossa per due stagioni, chiude il torneo al quarto posto. Sembrano riproporsi le condizioni per una fusione tra le due società e l’accordo viene siglato il 15 giugno 1980. Il nome cambia in Asti T.S.C., la maglia diventa biancorossoblu, mentre la presidenza va a Nosenzo. La nuova squadra affronta la C2, ma anche questa volta la fusione non porta fortuna. L’Asti T.S.C. arriva ultimo e retrocede nel neonato Campionato Interregionale dopo un’annata travagliatissima, a causa dell’acerrima rivalità, a livello dirigenziale ma a volte anche sugli spalti, tra ex biancorossi ed ex rossoblu.

La formazione dell’Asti per la stagione 1978-’79
La squadra dell’Asti T.S.C. che ha partecipato al campionato di serie C2 nella stagione 1982/’83

Gli anni della C2 e la promozione in C1 nel 1984

 

Il disagio “ambientale” era evidente e ne fu lampante dimostrazione la girandola di allenatori che si succedettero sulla panchina astigiana: prima Bruno Nattino, poi l’ex calciatore della Nazionale Angelo Domenghini e infine Raffaele Cuscela, artefice della salvezza in serie D ottenuta nel ’79 dall’Asti del presidente Gastino. Il “purgatorio” in Interregionale durò tuttavia soltanto una stagione. L’Asti T.S.C. tornò infatti in C2 nel maggio dell’82 per restarci fino all’87, con il prestigioso “intervallo” della promozione in C1 ottenuta nell’84. Come già sedici anni prima, anche questa volta i galletti restano nella terza serie nazionale soltanto un anno. Dopo aver guidato l’Asti alla conquista della C1, l’allenatore Ezio Volpi non riesce infatti a conquistare la salvezza, un traguardo che sembrava a portata di mano a poche giornate dalla conclusione. Nel maggio dell’85, le sconfitte patite a Legnano, Vicenza e Piacenza risulteranno fatali alla squadra del presidente Nosenzo. Una stagione finita con la retrocessione, ma non priva di qualche lampo di luce: le vittorie di prestigio ottenute a Modena e in casa contro Spal, Treviso e Reggiana. Nell’estate dell’85 la squadra viene affidata al tecnico Lucio Muiesan, ex giocatore di serie A (Bologna, Verona e Roma). L’Asti T.S.C. si salva senza troppi problemi, lanciando anche un attaccante talentuoso come il già menzionato Michele Padovano (sarà campione d’Europa con la Juventus dieci anni più tardi), ma non riesce a fare altrettanto l’anno successivo, quando inizia il lento distacco del comm. Nosenzo dalla società, affidata alla presidenza di Giusto Lodi e con una squadra di tanti, troppi, giovani volenterosi, ma inesperti per una categoria professionistica.

L’Asti T.S.C. finirà il campionato in ultima posizione con un’ennesima sconfitta patita a Montevarchi. Nel periodo che va dall’81 all’87, oltre a Padovano, si mettono in evidenza Riccarand, Bocchino (il portiere della promozione in C1, che giocherà negli anni successivi nella Sampdoria e nell’Ascoli), Moretti, Spollon, Franchini, Prevedini, Cappelletti, Allegrini, Pillon, Bellaccomo, Spigoni, Venturini, Marchese, D’Agostino, Castagna e Rinino. L’undici biancorossoblù schierò, nell’anno della C1, il giovane e promettente centravanti Roberto Paci, che tornerà l’anno dopo alla Lucchese, e con i rossoneri toscani porterà a termine la carriera in serie B.

L’Asti T.S.C. promosso in serie C1al termine dell’annata 1983/’84
I festeggiamenti per la promozione in serie D nel 1995

Con la presidenza di Piacenza si gioca in Eccellenza, assorbite Asti Sport e Colligiana

 

Nell’Interregionale 1987-88, con l’ex terzino biancorosso Enrico Pasquali in panchina, l’Asti T.S.C. finisce terz’ultimo rischiando una nuova retrocessione, evitata però per l’allargamento dei gironi a 18 squadre. Durante l’estate dell’88, il club torna all’antica denominazione di A.C. Asti e alle maglie biancorosse, con un nuovo presidente: il commercialista Gianmaria Piacenza (già “vice” di Lodi), affiancato dai vicepresidenti Remo Turello e Piero Chiesa. La presidenza di Piacenza sarà la più lunga nella storia dell’Asti: ben ventiquattro anni, dal 1988 al 2012. La retrocessione evitata nel 1988 arriva puntualmente nell’89. In Promozione i “galletti” saranno quarti nel ’90, mentre l’anno successivo “saliranno” per il ripescaggio in categoria Eccellenza, diventata nel frattempo la massima serie calcistica a livello regionale. Qui l’Asti disputerà ben 16 campionati fra il 1991 e il 2010. Assorbito nel 1993 l’Asti Sport del presidente-magistrato Ercole Armato, i “galletti” scrivono, sotto la guida tecnica di Gerardo Bochicchio, una bella pagina di storia conquistando il titolo regionale di Coppa Italia a marzo e la serie D a giugno del 1995, dopo gli spareggi con la Fossanese e i romagnoli del Russi. Nel ’96 sarà salvezza, ma nel ’97 si retrocede nuovamente in Eccellenza.

Nell’estate dello stesso anno arriva ad Asti il tecnico Franco Delladonna, che nelle successive tre stagioni ottiene un quarto posto e due piazze d’onore, fallendo la promozione sempre dopo spareggio (prima, nel ’99, con il Borgomanero e l’anno successivo con il Bra). Dopo aver mancato la serie D per tre anni, l’Asti retrocede in Promozione nel 2001, ma nel 2002 torna subito in Eccellenza battendo nei playoff Canelli e Airaschese. Tra il 2003 e il 2006 i migliori piazzamenti sono due quarti posti mentre, a livello societario, si ha una nuova denominazione – Asti Colligiana – in seguito all’accordo con la Nova del presidente Vittorio Massano. Il “matrimonio” dura però soltanto una stagione e nell’estate del 2007, dopo una salvezza agguantata in extremis, la massima società calcistica della città torna a chiamarsi Asti. È la terza volta negli ultimi 40 anni.

L’Asti in Eccellenza nella stagione 2002/’03

Dal 2010 il ritorno in serie D ma il futuro è un’incognita. Si ricomincia dalle serie inferiori

 

I galletti si classificano ottavi nel 2008 e sesti nel 2009, e nel 2010 arriva finalmente il tanto atteso ritorno in serie D dopo un’assenza durata 13 anni. La squadra, allenata da Marco Fornello, vince il girone B con quattro punti di vantaggio sulla Novese, dopo aver occupato la vetta della classifica dalla prima all’ultima giornata. Era dal lontano 1955 che non si vinceva un campionato con i colori biancorossi. In quegli anni, dopo la delusione dell’ex juventino Roberto Tavola nel Campionato Interregionale 1988-89, a partire dal ’93 si mettono invece in buona evidenza, fra gli altri, il centrocampista Marco Bucciol, che collezionerà ben 354 presenze in campionato con la maglia biancorossa, il portiere Renato Biasi, il centrocampista Mino Schiavone e l’attaccante Beppe Falzone, che in 174 partite di campionato con i galletti ha messo a segno la bellezza di 93 reti (17 su rigore). Nel giugno del 2010 viene chiamato ad allenare l’Asti Stefano Civeriati, ex giocatore dell’Inter, originario di Tortona. Sotto la sua guida la formazione biancorossa si piazza al secondo posto (a pari punti con il Saint-Christophe) nel girone A e accede ai playoff promozione che però non si concludono positivamente.

Da segnalare, tra i galletti, l’annata da incorniciare del bomber Daniele Nohman, autore di ben 21 reti. Nella stagione successiva, la squadra biancorossa evita di un soffio i playout retrocessione. A luglio Gianmaria Piacenza passa infatti la mano a un altro ragioniere commercialista: Pier Paolo Gherlone. Si tenta di riaccendere la passione dei tifosi. Ma i risultati non sono esaltanti e nel 2013 la formazione allenata da Nicola Ascoli (subentrato a Massimo Venturini) e da Enrico Pasquali si salva al termine della doppia sfida dei playout con il Tortona Villalvernia. Nel 2014, l’Asti chiude a metà classifica assieme alla Novese, mentre nel 2015 evita i playout al termine di un campionato con poche luci e molte ombre. Anche a livello societario la dirigenza boccheggia. Le disavventure giudiziarie del presidente Gherlone e le difficoltà economiche portano a brevi periodi la presidenza ad interim assunta da Pier Giulio Porazza prima e da Lillo Di Franco poi. L’allenatore  Nicola Ascoli anche nel corso della stagione 2014-2015 ha saputo tenere i galletti molto uniti salvandoli dalla retrocessione. Quest’estate, dopo l’effimero ingresso di una nuova dirigenza (presieduta per pochi giorni da Roberto Mussano con l’appoggio del sedicente industriale lombardo Claudio Dondi) che avrebbe dovuto gestire la società con rinnovate energie, si è riaperta la crisi gestionale. Senza soldi neppure per l’iscrizione al nuovo campionato, ai primi di settembre è arrivato il no all’iscrizione alla serie D e la triste discesa in una serie inferiore. Si ricomincia dall’inizio. Un ringraziamento al bisettimanale La Nuova Provincia per le foto tratte dal proprio archivio e messe a disposizione da Astigiani.

Le schede

 

 

L'AUTORE DELL'ARTICOLO

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