domenica 4 Giugno, 2023
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Pier Ottavio Daniele

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Nato a Canelli nel 1978. è calamandranese doc, della frazione Garbazzola. Esperto e studioso di manifestazioni, gastronomia, territorio, musica e memoria popolare piemontesi, collabora alla realizzazione di eventi e nelle pubbliche relazioni con aziende vitivinicole ed enti di promozione. E' autore di iniziative editoriali di cucina e territorio per il Gruppo Feltrinelli e collabora con Slow Food Editore per le guide “Osterie d’Italia” e “Locande d’Italia”. È autore di filmati documentari ed è fondatore dell’”Istituto Storico della Memoria Gastronomica”.

Dal secchiello nel pozzo al carretto del ghiaccio

Solo dalla fine degli anni '50 il frigorifero entrò nelle case

Quando in tasca avevamo gettoni e miniassegni

Il gettone telefonico è stato evocato dal premier Renzi in una recente polemica con i sindacati che, secondo lui, “pensano all’antica” e «cercano la...

Zoccoli ai piedi come sculture d’arte povera

Di pioppo, acero o salice erano la classica calzatura contadina

L’allegria colorata dei mangiadischi

Provate a raccontare oggi a qualche giovane della web generation che i loro genitori per ascoltare un po’ di musica in auto, o magari...

Quando per buona educazione si usavano le sputacchiere

E fu così che dal 1927, per effetto di un provvedimento legislativo, in Italia divenne «vietato sputare per terra». Avvisi in bella vista furono...

Il gioco del 15 e i mitici “sciangai”

Abilità e colpo d’occhio così ci si divertiva prima dei giochini elettronici.

L’allegria colorata dei mangiadischi

A metà degli Anni ’60 la rivoluzione della musica trasportabile. Erano adatti solo per i 45 giri. In auto sistemato sotto il sedile

Il calamaio e la stilografica prima della rivoluzione delle Bic

La scelta del pennino e della penna e il rito della carta assorbente

Il mondo scomparso dei bachi da seta

I “bigàt” stati stati per secoli una fonte importante di reddito che dava lavoro soprattutto alle donne. Un allevamento di origini antiche esteso a tutto il Piemonte dove sono rimaste attive filande della seta fino ai primi Anni Cinquanta. molte attività erano presenti anche nell’astigiano. Erano numerosi i passaggi da seguire, dall’acquisto del seme vivo fino alla formazione nel bozzolo di seta, passando per l’incubazione, la schiusa , l’allevamento e la crescita dei bachi che si nutrivano voracemente dalle foglie di gelso. Oggi sono rimasti soltanto questi antichi alberi lungo i confini dei campi a testimoniare una civiltà scomparsa che ha anche lasciato tracce e memoriee letterarie.