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1700-2017

L’epopea del Salera, l’albergo ristorante nella memoria degli astigiani

Duecento anni di storia, sedi che si sono susseguite nel tempo trasformandone estetica e in parte destinazione d'uso. Questa è stata l'epopea dell'albergo ristorante Salera. Prima in Via Gardini, in pieno centro, ha affascinato gli astigiani con la sua atmosfera liberty, i succulenti classici della cucina piemontese e la frizzante gestione di Joselito. Dagli Anni Sessanta, nella nuova e ampia struttura un zona nord, ha ospitato cene sociali, meeting, serate con squadre sportive, veglioni studenteschi, comitive di turisti, con una clientela sempre più internazionale. Vivaio di generazioni di futuri ristoratori astigiani, ha perso nell'ultimo decennio lo smalto d'antan, fino alla definitiva chiusura nel novembre 2017. Quale sarà il suo futuro? Sono in molti a chiederselo.

«In essa [Osteria del Cannon d’oro, ndr] e nell’albergo annesso si trattano i forestieri bene». da Stefano Giuseppe Incisa, Giornale d’Asti, 1789

«Da quanto abbiamo capito, la proprietà ha deciso di chiudere questa struttura dopo la partenza del nostro gruppo. A noi sembra un gran peccato perché è una struttura importante per la città di Asti e unica nel suo genere: avevamo contato in una collaborazione proficua per la stagione 2018. Peccato che non sarà possibile». Da Tripadvisor, 14 novembre 2017 Testimonianza di un gruppo di turisti tedeschi

 

Dal Cannon d’oro al Centrale Salera in via Gardini

 

L’oggetto di queste “recensioni” è l’Hotel Salera (in un remoto passato “Cannon d’oro”), l’albergo ristorante che ha accompagnato la storia di Asti per almeno due secoli. Positive entrambe, a distanza di più di duecento anni. Quella comparsa su Tripadvisor (il celebre aggregatore di recensioni sulle strutture ricettive), suona come un epitaffio: l’ultima gestione, infatti, ha deciso di chiudere definitivamente e dal 12 novembre 2017 il Salera è diventato “ex”.

Come altre strutture ricettive della città – ugualmente antiche e in gran parte oggi scomparse, dal Leon d’oro all’Albergo del Cervo –, il Salera ha visto cambiare insegna e ubicazione. Stando alle cronache dell’abate Incisa (fine Settecento), era osteria con stallaggio con il nome di Cannon d’oro, situata in via Garibaldi (allora Contrada Turinetto), alla confluenza di questa strada con la piazza del Quartier Nuovo, poi piazza della Libertà. Area che nell’Ottocento faceva tutt’uno con la piazza Alfieri, essendo del primo Novecento le delibere comunali che istituirono sia via Gardini sia piazza della Libertà.

Con questo medesimo indirizzo è citata da una curiosa guida per viaggiatori compilata nel 1897 che raccomanda aziende, negozi e alberghi, oltre che indicare percorsi ferroviari e di navigazione sui laghi italo-svizzeri. Compare il nome nuovo, Albergo Centrale e Salera, si precisa la proprietà (Arri Vincenzo) e se ne sintetizzano le caratteristiche e i servizi: completamente rimesso a nuovo, dotato di ristorante e di caloriferi, ben frequentato da viaggiatori di commercio, comodo agli omnibus e ai treni. Con lo stesso nome e la stessa proprietà è presentato in una pubblicità del 1916, ancora più attraente. Si citano le camere ben riscaldate e aerate, il gran salone e la terrazza per pranzi e riunioni, si decanta la specializzazione in vini delle colline astigiane ed esteri (a prezzi moderati!). La stessa réclame ricorda che l’albergo è in zona è centrale, vicino sia alla stazione ferroviaria sia agli uffici pubblici e ha tutte le dotazioni atte alla comunicazione.

 

Acquarello di Secondo Musso, facciata dell’albergo-ristorante Salera, in via Gardini

 

Una pubblicità del 1916

 

Alla fine degli Anni Sessanta dell’Ottocento era stato edificato l’elegante Palazzo Armandi che la Banca Agraria Bruno nel 1925 elesse a sua sede, fondando al tempo stesso l’Immobiliare Salera. Fotografie e acquerelli della prima metà del Novecento ritraggono l’edificio e l’insegna.

Gli interni rivelavano grandi specchi a parete, stucchi, velluti rossi, tavoli apparecchiati con tovaglie di fiandra, posate d’argento, fini porcellane. Un ambiente di solido gusto borghese, con un tocco che faceva tanto “Torino sabauda”, accoglieva pranzi di lavoro, festeggiamenti familiari, viaggiatori di commercio di un certo livello. Con la gestione di Giuseppe Bruno, detto Pinin, astigiano purosangue, arriva nelle cucine del Salera Aldo Nosenzo, detto ël Ciorgnèt, cuoco eccellente, tradizionalista, intransigente. L’impostazione di cucina non muta con la gestione successiva, quella di Giuseppe Vittorio Olivero, per tutti Joselito, che resse le sorti del locale dal 1955 al ’65. Il “Vecchio” Salera acquistò con questo personaggio dai mille sorprendenti mestieri un che di frizzante.

Perché Joselito era un artista a tutto tondo: suonatore, compositore di livello (suoi tanghi e valzer di carattere sudamericano hanno fatto il giro del mondo), caricaturista e pittore, cui piaceva estrinsecare la sua vena anche sui cartoncini dei menù. «Gli astigiani con lui passavano allegre serate a mangiare, più ancora a bere, a far musica e caricature e scherzi rimasti famosi». A scrivere queste parole è il compianto avvocato gastronomo Giovanni Goria (vedi a pagina 34) che, a sua volta, ha raccolto le memorie di Aldo Cavagnero, proprio quell’Aldo di Castiglione che ha concluso prematuramente la sua brillante carriera nel delizioso locale di via Giobert. Cavagnero ha ricordato il suo apprendistato quando, giovanissimo, veniva spedito a fare acquisti di verdura, frutta e pollame al mercato dei contadini, allora nell’attuale piazza del Palio. Al Salera dunque, come sottolinea Goria, si faceva una cucina stagionale e “di mercato”, ancor prima delle teorizzazioni di Gault&Millau e dei celebrati chef francesi.

Nel menù del vecchio ristorante ogni giorno della settimana era dedicato a una specialità

È ancora Aldo, che fu poi aiuto-cuoco, a descrivere la mitica trippa in umido (da lui ripresa nel suo ristorante, con la piccola correzione di una gratinatura in forno, si veda Astigiani, n° 1, pag 101 del settembre 2012), così buona perché veniva preparata pazientemente e insaporita con tanti profumi dell’orto. Non c’era bisogno di prenotarla, bastava andare a pranzo di sabato.

Il bello del Salera era che coniugava la qualità con un certo carattere popolare, conservando il rito dei piatti settimanali comune in molte trattorie del tempo.

Al giovedì c’erano gli gnocchi di patate, conditi alla bava o con un buon ragù di carne, e i batsoà tra i secondi. Il mercoledì nel salone faceva trionfante ingresso lo chef per colmare i piatti degli avventori con i fumanti tagli del bollito misto. Il venerdì era consacrato al merluzzo al verde servito con la polenta. Tutti i santi giorni c’era il minestrone, proposto freddo d’estate e, soprattutto il sabato e la domenica, ecco i “grandi” della cucina piemontese borghese: la fonduta, la finanziera, il fritto misto, il brasato rimasto in fusione in “vero” Barolo.

Il capitolo vini, altra gloria. Soprattutto nel periodo di Joselito, che ne era conoscitore e ricercatore, molti venivano al Salera per trovare, oltre al meglio del territorio, buone scelte di Châteaux e di Champagne francesi. La carriera di Aldo Cavagnero prosegue, dal 1965, al “Nuovo” Salera di via Monsignor Marello in qualità di chef, e con sé porta i suoi cavalli da battaglia, la finanziera in primis. Con lui – ed ecco il primo allievo di quella “nave-scuola” – lavorano certi camerieri i cui nomi sono diventati importanti per la ristorazione astigiana successiva: Mario Cornero, fondatore con la moglie de “La Fioraia” in Castello d’Annone, lasciata in eredità come ristorante di classe alla moglie stessa e ai due figli dopo la sua prematura scomparsa; Mario Bigliani, primo sommelier ad Asti, poi gestore per qualche tempo della “Enoteca del Castello” di Costigliole; Renato Miotto, il popolare patron de “La Piuma d’oro” di via Cesare Battisti. A ricordare questi personaggi, e tante altre cose, è Antonio Campagna, che oggi gestisce con la famiglia il ristorante “L’angolo del Beato” in vicolo Cavalleri, dopo una precedente esperienza a “La Vigna” dell’Hotel Rainero.

Dal 1965 la nuova e moderna struttura in zona Fortino. Ricordi sportivi di chi c’era: foto ricordo con Gigi Riva

 

Antonio Campagna, giovane cameriere, in compagnia di Gigi Riva, Nené e Albertosi. Aprile 1970, il Salera ospita la squadra del Cagliari, vincitrice dello scudetto

 

Un veglione dei commercianti al Nuovo Salera. Si riconoscono il sindaco, Cesare Marchia, e il presidente della Camera di Commercio, Giovanni Borello

 

Al nuovo Salera Antonio, appena diciottenne, fece il suo apprendistato per tre anni, durante i quali si contavano ben 27 dipendenti. «Erano tempi, quelli, in cui noi ragazzi appena assunti facevamo di tutto prima di passare alla sala, compreso il lavare i piatti. Il primo insegnamento che mi impartirono i camerieri più anziani fu il taglio del pane (si dovevano rispettare precise regole nell’affettare le micche e le grissie), poi la disposizione delle posate.

In breve tempo sono diventato bravo, tanto che spesso mi esibivo con la cottura “alla lampada” fatta, o rifinita, direttamente davanti al commensale: il filetto alla Voronoff mi è rimasto nel cuore, e me lo sono portato appresso». Gli Anni Sessanta e Settanta sono, in genere, connotati da una ristorazione che prevede il carrello degli antipasti e talora delle carni, e il servizio “alla francese”, con i camerieri che passano di tavolo in tavolo con il vassoio. Così anche al Salera. importante della città: ospita i matrimoni più chic degli astigiani, è eletto come sede delle cene sociali di club come il Rotary, il Lions, il Panathlon, ed è meta del crescente turismo straniero. Sono numerosi anche i meeting commerciali, le presentazioni, le cene di leva. Insomma, se si tratta di “fare bella figura”, si va al Salera, il cui ristorante non rinuncia a proporre pranzi e cene “quotidiane” alla famigliola o al gruppo di amici che ha deciso di mangiar fuori.

A questo scopo sono adibite cinque sale più piccole, che affiancano il salone grande, capace di 300 coperti. «La “vera” cultura del vino, poi, è venuta in seguito – osserva Campagna–, andavano bene Grignolini, Dolcetti e Barbere senza star a fare ricerche mirate sulle etichette e sul valore “assoluto” dell’azienda. D’altra parte, in quegli anni, i produttori di qualità nell’Astigiano non erano molti. Anche il successo del Barolo era ancora lontano». Lo spostamento di sede nella zona nord della città in Strada Fortino, poi via Monsignor Marello, conferisce all’Hotel Salera una nuova fisionomia.

Si tratta di una struttura ricettiva moderna – occupa un’area di 7000 mq, con una superficie coperta di 1600 mq – dalle molte vocazioni e dai molti servizi: albergo a quattro stelle con una cinquantina di camere spaziose e confortevoli, saloni per feste, meeting e convegni (nei locali all’ultimo piano), sale ristorante dove si pratica una cucina d’impronta piemontese, giardino, parcheggio, anche coperto. Costruito a partire dal 1965, con l’insegna sul tetto visibile anche da chi transiterà sulla futura autostrada Torino-Piacenza, il “Nuovo” Salera diventa presto l’albergo più importante della città: ospita i matrimoni più chic degli astigiani, è eletto come sede delle cene sociali di club come il Rotary, il Lions, il Panathlon, ed è meta del crescente turismo straniero. Sono numerosi anche i meeting commerciali, le presentazioni, le cene di leva.

Insomma, se si tratta di “fare la bella figura”, si va al Salera, il cui ristorante non rinuncia a proporre pranzi e cene “quotidiane” alla famigliola o al gruppo di amici che ha deciso di mangiar fuori. A questo scopo sono adibite cinque sale più piccole, che affiancano il salone grande, capace di 300 coperti.

Politici, attori e una clientela internazionale. Declino e chiusura nel 2017, un futuro da residenza per anziani?

A proposito delle frequentazioni dell’albergo, è ancora Antonio Campagna (memoria di ferro!) a tirar fuori ricordi preziosi, che riguardano soprattutto il mondo dello sport: «Il Salera è stato “la casa” della Libertas Pallacanestro Asti, il mitico squadrone della Saclà di patron Ercole, che in soli cinque anni aveva fatto una fenomenale scalata, raggiungendo nel 1973 la serie A. Era spesso ospitato da noi il Torino calcio nei weekend in cui giocava in casa. E che dire di Antognoni che nell’Asti Ma.Co.Bi. si è fatto le ossa giocando per due stagioni… Ma le serate più emozionanti sono state quelle dell’aprile 1970, quando il Salera ospitò la squadra del Cagliari – quella di Riva, Albertosi, Domenghini, Nené, per intenderci – che giocò l’ultima di campionato contro il Torino, con lo scudetto ormai in tasca. Ho scambiato qualche commento con “Rombo di tuono”…»

Era una struttura unica ad Asti, per ubicazione e ricettività. Si lavorava molto bene con le comitive straniere: i pullman che provenivano dal Nordeuropa diretti a Roma, facevano sosta proprio nella nostra città, che garantiva, al Salera, un’accoglienza capace di soddisfare grandi numeri».

A parlare è Angelo Lupo che, in società con Valter Fasciola e alcuni dipendenti dell’albergo, ha gestito il Salera dal 1974 al ’92. Quasi vent’anni. «Senza contare i numerosi politici (son passati proprio tutti) impegnati nelle campagne elettorali e nei congressi dei partiti o famosi attori e attrici in scena negli spettacoli teatrali in città. In diciotto anni, non ho mai avuto una questione con un cliente. Neppure con la troupe che soggiornò da noi quando nel 1980 si girò il film Spaghetti a mezzanotte. Banfi e la Bouchet: gentilissimi e alla mano». Sorride, Lupo, nel ricordare quella vicenda che ebbe anche una coda giudiziaria, per via di certe fatture non pagate, ma non per colpa della troupe (si veda Astigiani, n° 7, pagg 52-58). Tra l’altro in quei giorni la Bouquet era in albergo con il marito produttore Luigi Borghese e il figlioletto Alessandro, destinato a diventare un famoso chef, dalle frequenti apparizioni televisive.

E quando il discorso si sposta sulla ristorazione, Lupo racconta che si lavorava in maniera specializzata (tre chef, ciascuno esperto in una tipologia di portate) e con criteri “moderni”: cura nella presentazione del piatto, attenzione alla qualità più che alla quantità, rispetto della tradizione piemontese, con qualche piccola puntata nella cucina internazionale. «Piacevano certe preparazioni “scenografiche”. Come il salmone in bellavista, che arrivava in sala intero, ben disposto su di un carrello con tutte le sue guarnizioni, per essere porzionato davanti ai commensali».

C’è ancora un periodo particolare per la vita del Salera: i dieci anni della gestione di Albino Gado, alle prese con la cucina fin da giovanissimo e con esperinze di catering. «Ho messo a frutto la mia passione per le specialità piemontesi classiche, con cui ho voluto connotare la cucina del ristorante. Per quanto riguarda l’albergo mi è sembrato opportuno trasformare la struttura in un centro convegni. Si faceva così “girare” il salone cambiandogli faccia, a volte, tre volte al giorno: allestito la mattina per il convegno, diventava poi sala da pranzo. Si ripreparava il tutto per ospitare la cena. Quanto lavoro!». La clientela di “questo” Salera è sempre più internazionale (al 70% straniera, tra tedeschi e americani) e il gestore lavora a stretto contatto con le agenzie di viaggio: «Nel 2001 – racconta Gado – avevo stipulato un interessante contratto con un’agenzia di Boston. L’attacco alle Torri Gemelle dell’11 settembre ci sconvolse tutti. Persi l’intera commessa, naturalmente».

 

Il Salera come appariva fino alla chiusura nel 2017, da allora l’edificio appare abbandonato

 

Ancora cambiamenti. La società Vip Hotel si riprende la gestione (l’hotel nel settembre 2012, il ristorante nel marzo 2014) e si impegna a realizzare un profondo restyling della struttura, piuttosto trascurata negli ultimi tempi. Si programmano lavori per migliorare il confort della clientela e rifinire particolari funzionali ed estetici degli interni.

Invece, passano pochi anni e arriva la doccia fredda della chiusura. A partire dal 12 novembre 2017. Quel giorno l’edizione astigiana de La Stampa, pubblica la notizia: «Nei giorni scorsi la Vip Hotel, la srl proprietaria della struttura (famiglie Massimelli e Soave), ha siglato l’accordo con i sindacati relativo alla procedura di licenziamento dei sette dipendenti per cessata attività. L’attività non era più redditizia: pochi clienti e costi di gestione elevati. Chiuso da tempo il ristorante, ormai lontani gli anni di splendore. L’Hotel solo un anno e mezzo fa aveva avviato la procedura per l’ampliamento». Nel cortile posteriore dell’hotel, vicino al liceo “Vercelli”, stava infatti sorgendo una nuova struttura destinata, pare, a diventare parte integrante dei servizi per l’albergo, che si diceva pronto a essere trasformato in residenza per anziani.

La notizia, in verità, pare contraddire le speranze di chi parla di potenziamento turistico e della necessità di puntare sull’incremento della capacità ricettiva di Asti. «Negli anni – conclude La Stampa – l’Hotel era diventato un luogo geografico della città». Dire “dove c’è il Salera” era la bussola che orientava nella mappa cittadina, e al tempo stesso identificava un pezzo della zona Nord di Asti. Mette tristezza, oggi, vedere le transenne di plastica arancione che circondano l’area, le siepi da potare, la mancanza di aiuole fiorite, il buio serale. E due straccetti di bandierine colorate che penzolano sbiadite. Tornerà a vivere il Salera? Chi ne vorrà rialzare la bandiera?

 

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Astigiani è un'associazione culturale aperta, senza scopo di lucro, che ha bisogno del sostegno di altri "Innamorati dell'Astigiano" per diffondere e divulgare la storia e le storie del territorio.
Tra i suoi obiettivi: la pubblicazione della rivista trimestrale Astigiani, "finalizzata alla raccolta e diffusione di informazioni e ricerche di storia e cultura astigiana dal passato remoto a quello prossimo, con uno sguardo al presente e la visione verso il futuro (dallo statuto), la raccolta di materiale per la creazione di un archivio fotografico, video e documentale collegato al progetto "Granai della memoria", la realizzazione di presentazioni pubbliche e altri eventi legati al recupero della memoria del territorio.

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