sabato 14 Dicembre, 2024
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Sede Banca d’Italia, un forziere vuoto e misterioso

Un palazzotto (4100 mq) è in vendita a 6,3 milioni di euro. La filiale chiusa da sette anni. Un altro edificio pubblico inutilizzato
Questa volta la rubrica Verba Volant si occupa non di un restauro incompleto di una struttura pubblica, ma di un altro prestigioso edificio non più utilizzato e in attesa di acquirenti.

 

Vendesi o affittasi? Chissà. Una doppia offerta che auspica una risposta. O almeno, viene formulata con il preciso scopo e la malcelata speranza di suscitare un qualche interesse. In genere è così. Ma non sempre. L’eccezione ad Asti ha la facciata blasonata di un palazzo in via Verdi, nel centro della città, proprio dietro le Poste. Vuoto dal 3 aprile 2009, l’edificio è la sede della Banca d’Italia ed è finito sul mercato nel dicembre del 2012. Quattro anni dopo è ancora in vendita. Non è difficile comprenderne il motivo. L’iter da seguire per poterlo visitare, o anche solamente per avere qualche informazione su quali siano le sue condizioni, è una strada in salita che finisce in mezzo al nulla. L’unico modo per avere conferma della disponibilità dei locali è quello di consultare il sito internet della Banca d’Italia. Nell’elenco degli immobili dismessi compare anche la sede di Asti. Si legge: “Asti. Offerti in vendita o in locazione due immobili, in via Verdi 15 e via Natta 21. La dismissione dei cespiti avviene attraverso la valutazione delle manifestazioni d’interesse presentate direttamente alla Banca oppure pervenute a seguito della pubblicazione di avvisi di vendita. L’acquirente viene selezionato sulla base delle regole e dei valori di congruità fissati all’interno dell’Istituto con la collaborazione di esperti indipendenti nonché tenendo conto delle informazioni acquisite sul soggetto interessato”. Insomma si vende, ma non a tutti. E il testo prosegue “L’elenco degli ‘Immobili in evidenza per la vendita’, pure presente nella sezione ‘Elenchi immobili’, contiene l’indicazione degli immobili da alienare per i quali sono pervenute concrete manifestazioni d’interesse e sono in corso trattative. La Banca valuta anche manifestazioni d’interesse per la locazione o il comodato. Per qualsiasi informazione in merito agli immobili oggetto di dismissione è possibile contattare direttamente gli uffici competenti della Banca d’Italia via email. Gli indirizzi di posta elettronica (email o pec) possono essere utilizzati anche per comunicare un interesse all’acquisto o alla locazione di un immobile”. Astigiani, interessato a mostrare le condizioni dell’immobile e quindi a raccontarne la storia ha seguito la procedura. All’invio di una prima mail, due mesi fa, è seguito quello di una seconda e poi di una terza. Il tutto intervallato da telefonate alle sedi di Roma, Torino e, dietro indicazione dell’Istituto stesso, anche a Genova. La risposta ha avuto un’unica voce: quella del silenzio e del disinteresse. Qualunque agenzia immobiliare che deve vendere per conto del proprietario pubblica foto e fornisce informazioni. La Banca d’Italia vende o affitta, ma evidentemente, abituata al riserbo bancario, non vuole che i giornali ci mettano il naso. Difficile comprendere la ragione per la quale una realtà pubblica statale che, come espresso chiaramente sul sito, vuole vendere gli immobili oramai inutilizzati, non dia nessuna informazione in merito. Le ipotesi possono essere le più disparate: le richieste di informazioni sui locali astigiani sono tali e tante da dover attendere il proprio turno per settimane o mesi? Oppure, come suggerirebbero i malpensanti, la Banca d’Italia non ha un reale interesse a vendere a privati le sue ex sedi. Il palazzo di Asti fa parte di un ampio «pacchetto» di edifici da alienare, 66 in tutta Italia, dei quali 11 sono appartamenti all’interno di condomini, i restanti 55 sono immobili cielo terra, normalmente sedi di pregio dismesse della Banca d’Italia stessa, con una superficie totale di circa 240.000 mq. Nel 2012 potevano essere acquistati in blocco oppure singolarmente, presentando un’offerta in rialzo sul prezzo base d’asta. Per accaparrarseli tutti bisognava versare un bel malloppo di milioni (oltre 326). Se ci si accontentava del palazzo di Asti, la somma a base d’asta era di 6 milioni e 300 mila euro. Nei locali ci sono affreschi di pregio e altre opere d’arte. La maggior parte degli arredi invece al momento della chiusura venne destinata a enti e istituzioni pubbliche, come ad esempio la Biblioteca Astense. Un anno prima dell’asta, nell’aprile 2011, con la messa in vendita del primo lotto di immobili, la Banca d’Italia ha reso noto l’affidamento della “questione dismissioni” alla EXITone e Colliers International Italia che segue “tutte le fasi propedeutiche alla vendita, tra le quali le attività tecnico-amministrative e legali e le modalità di esecuzione dei sopralluoghi”. Sul sito della EXITone è riportato un ampio e dettagliato resoconto delle attività che riguardano l’istituto. In realtà si possono ripercorrere passo dopo passo tutti i sopralluoghi fatti dai tecnici, che hanno redatto – così si legge – una scheda per ogni immobile, corredata da fotografie, documentazione catastale, le tabelle di regolarità (dati non visibili però sul web). Un lavoro certosino di sicuro interesse, peccato che non pare essere propedeutico alla vendita visto che non vi è modo di contattare la società che dovrebbe fungere da intermediatrice. O meglio: si può mandare una mail, ma senza pretendere una risposta. Sarebbe stato interessante mostrarne le caratteristiche. E da cittadini ci si domanda: quanto costa mantenerlo vuoto? Il prezzo sarà giusto? 

 

L’ingresso principale su via Verdi. Il palazzo è in vendita ma non è stato possibile visitarlo

Un edificio del 1958 con affreschi e opere d’arte

 

L’ex sede della Banca d’Italia è stata costruita tra il 1954 e il ’58, anno in cui si sono trasferiti al suo interno gli uffici prima in piazza Medici. È a forma di «L» e si affaccia sulle vie Verdi con quattro piani a piano terreno e su via Berruti (due piani fuori terra). In totale sono nove unità immobiliari e la superficie complessiva è di 4100 metri quadrati. A partire dal 2007, quando si erano diffuse le prime indiscrezioni sulla sua definitiva chiusura, si erano succeduti molti tentativi per mantenere attiva la sede astigiana. Da parte del personale, dei sindacati e del mondo politico; la parlamentare di Forza Italia Maria Teresa Armosino aveva presentato un’interrogazione parlamentare. Tentativi risultati vani: a inizio aprile le porte della banca si erano chiuse definitivamente. I dipendenti, poi trasferiti altrove e alcuni andati in pensione, erano diciotto. Altre filiali, in diverse città avevano seguito identica sorte. A deciderlo era stato il piano di ridimensionamento del governatore Draghi, che aveva soppresso 45 sedi in tutta Italia. Ad Alessandria gli uffici avevano chiuso già a ottobre e in Piemonte rimarranno soltanto la sede di Novara e quella centrale di Torino, cui fanno riferimento gli astigiani che hanno a che fare con le pratiche che riguardano la Tesoreria dello Stato. A nulla valsero i tentativi di Comune di Asti, Provincia e di altri enti che negli anni e nei mesi scorsi hanno cercato di mantenere in funzione gli uffici di Asti. “Una situazione che non mancherà di creare disagi, anche se con i servizi «on line» – avevano predetto i dipendenti di via Verdi – molte pratiche ormai possono essere evase per via telematica, senza la presenza fisica negli uffici”. Il risultato è che la sede della Banca d’Italia è diventata “inutile” da nove anni e il suo edificio si è trasformato in un altro contenitore vuoto e nel centro della città. Senza neppure sapere chi e quando lo potrà far tornare a far vivere. 

 

L'AUTRICE DELL'ARTICOLO

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Astigiani è un'associazione culturale aperta, senza scopo di lucro, che ha bisogno del sostegno di altri "Innamorati dell'Astigiano" per diffondere e divulgare la storia e le storie del territorio.
Tra i suoi obiettivi: la pubblicazione della rivista trimestrale Astigiani, "finalizzata alla raccolta e diffusione di informazioni e ricerche di storia e cultura astigiana dal passato remoto a quello prossimo, con uno sguardo al presente e la visione verso il futuro (dallo statuto), la raccolta di materiale per la creazione di un archivio fotografico, video e documentale collegato al progetto "Granai della memoria", la realizzazione di presentazioni pubbliche e altri eventi legati al recupero della memoria del territorio.

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