Provate a raccontare oggi a qualche giovane della web generation che i loro genitori per ascoltare un po’ di musica in auto, o magari durante un picnic o in spiaggia, erano felici di portarsi dietro un “coso” colorato dove infilare un disco in vinile da rigirare al termine di ogni canzone, cioè ogni tre minuti. Preistoria. Eppure il mangiadischi è stato il protagonista di una rivoluzione non silenziosa tra i giovani della metà degli Anni ’60. È stato scritto che tracciò nel panorama sociale un solco significativo all’insegna dell’innovazione musicale. A dire il vero, il solco più incisivo fu quello che la puntina di questo giradischi portatile (modificata proprio per resistere agli eventuali sbalzi causati dall’ascolto in movimento) provocava sui dischi a 45 giri, consumando le tracce incise molto di più rispetto ai giradischi tradizionali. Ma vogliamo mettere il gusto di ascoltare musica in auto, all’aperto, o magari a una festa ballando un twist? I dischi a 45 giri a quei tempi (1966) costavano 800 lire e il mangiadischi creò una categoria di dischi di facile consumo e trasporto visto che furono inventati anche i portadischi a valigetta e soffietto per consentire di trasferire la propria discoteca ambulante. La vera novità del mangiadischi stava nel fatto che la musica era diventata portatile. Già lo era con i transistor, le prime radioline tascabili, ma l’offerta dei programmi, prima dell’avvento delle radio libere era piuttosto limitata. L’oggetto del desiderio di ragazzi e soprattutto ragazzine di allora aveva le sembianze di una scatola di plastica colorata, con una maniglia e sul lato estremo una fessura, dove, una volta inserito il disco, una molla l’avrebbe spinto verso l’interno e risputato fuori alla fine dell’esecuzione. L’apparecchio si inghiottiva così il disco (da qui l’efficace nome di mangiadischi) e cominciava la musica. Fu venduto in svariati colori tutti sgargianti: arancione, rosso, giallo, blu, verde, fucsia… dotato di una o due maniglie, di un pulsante per espellere il disco e di una rotella per registrare il volume. Il mangiadischi si ascoltava molto in auto quando le autoradio erano rarità da pochi modelli per ricchi. Posizionato sotto i sedili trasformava l’abitacolo in una accogliente alcova musicale e il suo successo andò di pari passo con la diffusione delle macchine con sedili reclinabili. Il mangiadischi, come si è detto, leggeva esclusivamente i 45 giri, che contenevano solo due brani (il principale e l’allora non famoso lato b). Un’altra caratteristica stava nella fonte di alimentazione: infatti, oltre che con la tradizionale presa di corrente, funzionava con le batterie a pila, formato grande da 1,5 volt, che immancabilmente si scaricavano sempre troppo presto e che rappresentavano il vero limite del nuovo strumento. Il Penny era il modello più diffuso, ma anche Packson e tutte le marche internazionali e nazionali – dalla Philips alla Grundig, dalla Lesa alla Geloso alla Irradio – avevano i loro modelli. Il mangiadischi, accolto con grande favore dal pubblico e utilizzato anche da molte giovani mamme per raccontare le fiabe ai bambini, imboccò la via del declino alla fine degli Anni ’70, quando fu sorpassato dal mangiacassette portatile, che a sua volta fu scavalcato dal lettore compact disc, successivamente superato dall’iPod. E l’evoluzione continua, ma al mangiadischi va il merito di aver “trasportato” per primo la musica e colorato gli anni di una generazione.
L’allegria colorata dei mangiadischi
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