Lo sport astigiano nel secondo Dopoguerra vede la pratica di non molte, ma amatissime, discipline: in particolare ciclismo, atletica, pugilato, pallacanestro, ginnastica, pattinaggio e calcio.
Leggermente più elitarie, ma pur sempre di grande tradizione, tennis, ippica, equitazione, tiro a volo e scherma. E infine i “tradizionali” e popolari tamburello, pallone elastico (oggi pallapugno) e le immancabili bocce.
C’è dunque da chiedersi come in questo scenario molto legato al territorio e alle tradizioni sportive nazionali, possa irrompere, con un rapido e travolgente successo, il judo (via della cedevolezza, in giapponese), un’arte marziale che, non solo non ha nulla a che spartire con le tradizioni locali, ma è figlia di uno specifico aspetto della filosofia orientale. La questione è destinata a restare senza un’esauriente risposta in quanto gli stessi “coraggiosi” protagonisti dei primi passi del judo astigiani stentano oggi ad individuare con chiarezza i motivi che li indussero ad aderire a questa disciplina “straniera” portata dal vento dell’Estremo Oriente.
Si può però azzardare la più probabile delle ipotesi: l’arrivo al 21.mo Reggimento di fanteria “Cremona”, di stanza ad Asti, del Maresciallo Franco Balladelli, fresco dellacintura nera appena conseguita a Roma e instancabile quanto entusiasta promotore del verbo judoistico.
Nasce il Judo Club Asti
Crescono adesioni di nomi noti

Sta di fatto che nelle ultime settimane del 1957 nasce la società Judo Club Asti, una delle prime in Piemonte. Presidente è Umberto Libero. Istruttore Franco Balladelli che trova in Gianni Ballario il suo principale ed entusiasta collaboratore.
I “pionieri” del tatami sono per lo più studenti delle medie superiori e universitari, ma ben presto cresce un folto gruppo di giovanissimi praticanti che costituirà la solida ossatura del Judo Club. Tra i primi agonisti vanno ricordati: Flavio Grassi, Franco Gillardi, i fratelli Luigi e Piero Fenoglio, Lillo Vurchio, Secondo Borio, Mario Cremasco e Gian Luigi Bravo, futuro sociologo e docente universitario (vedi Astigiani numero 26, dicembre 2018) che si accollò anche il compito di redigere sul “Semaforo”, periodico studentesco del settimanale locale Il Cittadino, le prime cronache sull’attività del Club e di sottolineare la necessità di trovare una sede di preparazione più consona alle crescenti esigenze di spazio della società.
Ben presto si formò anche, cosa non proprio consueta per una disciplina che prevedeva azioni di un certo impeto, una piccola ma determinatissima pattuglia femminile composta da Maria Teresa “Cicci” Casalengo, Adriana Ercole e Lucia Pescarmona. La prima sede del Club fu alla Caserma Colli di Felizzano e la prima “palestra” fu individuata nella Sala da ballo degli Alpini di via Quintino Sella, al primo piano di un signorile stabile ottocentesco, all’angolo con via Balbo. Una sistemazione – in coabitazione con gli allievi della scuola di scherma del capitano Bannò – che non mancherà di causare qualche timore agli inquilini del palazzo non poco intimoriti dal ripetuto fragore delle cadute degli atleti durante gli allenamenti.
Ostacoli tutto sommato non invalicabili, ben presto superati grazie anche al grande entusiasmo dei praticanti e del loro istruttore, che a pochi mesi dalla nascità della società, il 1° giugno 1958, riuscirono a organizzare la prima esibizione pubblica del Club nella cosiddetta “palestra maschile” del complesso della ex Gil di via Natta. Era il debutto della società che si presentò anche con molti “pulcini” cintura bianca come Fulvio Lucotti, Paolo Pontacolone, Michele Ercole ed Ercole Zo. Era l’inizio di una lunga e gloriosa storia sportiva che non si è interrotta, malgrado qualche alto e altrettanti bassi, fino ai giorni nostri.
Il 1° giugno 1958 alla palestra dell’ex Gil la prima esibizione

Qualche mese dopo si aprivano per il Club le porte del nuovissimo Palazzetto dello Sport (in quella destinata a essere via Gerbi) che, pur diventando pienamente disponibile all’attività sportiva e agonistica solo nel 1959, era già agibile in molte delle sue sale.
Fu proprio in una di queste, al primo piano dell’impianto, ancora oggi riservata alle arti marziali, che il judo trovò la palestra che da mesi stava invocando, prima società in assoluto a “prendere possesso” del Palazzetto, leggenda vuole ancora prima che vi si installasse il mitico custode Carlo Reggiani.
La nuova sede di allenamenti e la crescita tecnica degli allievi di Balladelli furono i fattori che indussero i dirigenti del Club ad aprire il confronto con le altre realtà italiane, inviando i migliori elementi a cimentarsi in numerose gare con risultati decisamente interessanti.
Come il secondo posto conquistato a Ferrara, nel marzo del 1959, in un triangolare con le prestigiose squadre delle Fiamme Oro Padova e Jigoro Kano di Milano. Qualche mese dopo, nel giugno di quello stesso anno, arrivano i primi successi individuali dei ragazzi del Club con Luigi Fenoglio che si impone nella finale dei pesi medi su Gianni Ballario, in un importante triangolare a Vercelli.
La strada del successo è ormai segnata e a settembre la consacrazione ufficiale del Judo Club nel panorama delle più importanti società astigiane è realtà nel momento in cui, nell’intenso programma della Giornata olimpica che in pratica inaugura ufficialmente il Palazzetto dello Sport, uno spazio rilevante è riservato proprio a un’esibizione dei suoi judoka.Grazie alla fama di Balladelli e alla disponibilità di una palestra adeguatamente attrezzata, il Judo Club diventa in questi anni un importante punto di riferimento per tutti gli appassionati del Piemonte attirando praticanti da altri centri come Novara, Vercelli e Novi Ligure, ma incrementando anche il numero dei praticanti locali tra cui si segnalano, per buoni risultati e passione, Daniela Murador, Daniela Vettorello, i “Rissone brothers” (Gianni, Luciano e Cristina), Carlo Morra, Baiano, Ettore Dovano, Elio Visetti, Guseppe Veglio e Costante Marengo.
Si allarga anche la rosa degli istruttori che comprenderà, tra gli altri, Franco Gillardi, Mauro Rainero, Walter Muzio e Lorenzo Rainero. Insomma un vero e proprio “sistema judo” che porterà alla conquista di numerosi successi (tra i tanti, quelli di Daniela Murador nel 1960 a Torino e il titolo italiano di tecnica di Cristina Rissone e Daniela Vettorello qualche anno dopo e, in tempi più recenti, ai titoli italiani di Maria Cristina Cirillo) e che darà vita, per una sorta di inevitabile diaspora, a numerose altre società e anche, quasi una “seconda puntata” della storia astigiana delle arti marziali, alla comparsa in città del Karate. Ma, come si suol dire, questa è un’altra storia.



