Aldo Cabodi
19 agosto 1937 – 17 luglio 2017
agricoltore e attore
Ma quanta gente è venuta a salutarmi! Non avrei mai immaginato un funerale così, prima al rosario nella chiesa della mia Cortanze e poi ad Asti con quel caldo al cimitero. Eppure. Quell’applauso finale mi ha fatto commuovere e sorridere. Io sono abituato agli applausi, ma mi geno sempre un po’ e allora mi copro gli occhi e gratto la testa, nel mio gesto caratteristico di quando sono imbarazzato…
Sono andato in scena per l’ultima volta con tanti amici, il sorriso triste del mio Davide con Luca e gli amici della mia vita: quella di contadino. Amo la terra, le verdi colline che mi hanno accolto tanti anni fa, e amo la mia vita quella parallela di “artista” e lo dico tra virgolette per non esagerare. Sono stato attore dialettale, ma recitavo anche in italiano, tutti dicevano che la mia voce profonda era perfetta per dar vita alle storie di un tempo o per far ridere con i personaggi da caratterista, burberi e stralunati.
Quanti spettacoli con la compagnia della Brofferio e quanti ricordi, quante emozioni. Ringrazio anche quelli di Cunico che nei miei ultimi anni mi hanno accolto e fatto state bene. Adesso me ne vado e raggiungo gli altri, quelli “che sono andati avanti”: a ritmo di jazz salgo e ci sono mani tese ad accogliermi su un nuovo palcoscenico.
Franca Morra Franco
17 agosto 1943 – 29 luglio 2017
Tabaccaia del borgo San Rocco
Per tanti anni, insieme a Marco ed ai suoi genitori Pinìna e Candido, vi ho preparato il caffè, vi ho venduto le sigarette e vi ho giocato la schedina del Totocalcio, ma tante volte siete passati dal “tabachìn ‘d San Ròch” anche solo per fare quattro chiacchiere, magari per parlare di Palio. Perché quella che c’è nella “burgà” di San Rocco è come una famiglia e io ne ho fatto parte con grande orgoglio di astigiana.
Al Palio ho sfilato indossando i più bei costumi bianco verdi che mi dicevano per farmi un complimento si abbinavano benissimo ai miei capelli biondi. In questi ultimi anni difficili mia figlia Michela che è medico mi ha aiutata curandomi e rimanendo sempre al mio fianco.
Ora sono altrove ma quando entrerete per un caffé cercatemi, io ci sarò nel vostro cuore.
Francesco Teotino
6 febbraio 1953. 15 agosto 2017
Addetto al Pronto soccorso e motociclista
Il mio nome è Francesco, ma tutti mi chiamano con il cognome: Teotino. La mia famiglia è numerosa tra fratelli e sorelle siamo in cinque: tutto quello che ho imparato dei valori della vita lo devo a due magnifici genitori che sono arrivati ad Asti dalla Calabria.
Il mio modo di essere non è monotono, ma un mare irrequieto,
sempre in movimento … a chi mi dice fermati io senza indugio dico che ho voluto vivere.
Ho lavorato da operaio, poi mi hanno preso all’ospedale come ausiliario al Pronto soccorso. Se prima mi conoscevano ora ero diventato universale, soprattutto per il mio particolare modo di fare, sempre gentile e cordiale. Mi dicevano che sembravo un giullare… la mia arte è lo scherzo e così tengo alto il morale.
Con i miei colleghi siamo stati uno squadrone. L’amicizia per me è un valore da coltivare.
Fra tutte le mie passioni due le voglio ricordare; il calcio e le moto…
Già la moto mi è stata fatale.
Ma nonostante tutto mi ha fatto piacere che al mio funerale anziché piangere i miei amici mi abbiano salutato con un accompagnamento musicale speciale: il rombo dei loro motori … “sgasati” al massimo … una sinfonia per le mie orecchie, penso che anche Paganini in quel giorno avrebbe potuto dirigere l’orchestra della Harley Davidson e mi poteva dire “Teotino questo concertino non è male, vale più di un violino”.
Compare Teo vi saluta …
ci ritroveremo un giorno.
Qui intanto il Motomondiale si segue benissimo.
Enzo Barolo
1 marzo 1937 – 27 agosto 2017
Fotografo
Adesso ho trovato dimora nella terra del cimitero di Rocca d’Arazzo. Io non ho mai amato gli sfarzi e questo è un bel posticino dove penso che mi troverò bene.
Ho amato molte cose nella mia vita, le novità in particolare e soprattutto la meccanica, i motori, la musica e la fotografia. Quest’ultima si è poi tramutata nel mio lavoro e l’ho praticata professionalmente negli Anni ’70 e ’80 del secolo scorso, fino a quando l’alluvione del 1994 mi portò via tutto l’archivio dalla mia abitazione di Asti in Recinto San Rocco, ed è per questo che mi sono trasferito sulla collina di Rocca d’Arazzo a prova di Giudizio Universale. Della fotografia mi piaceva tutto, ma mi sono specializzato in uno dei campi più difficili: la fotografia industriale e pubblicitaria che sviluppavo e stampavo personalmente per avere il controllo totale dell’immagine.
Asti è una città piuttosto avara nell’apprezzare le cose fatte bene, ma non ho mai voluto scendere a facili compromessi.
Non ho voluto che nessuno sapesse quello che mi è successo, e nell’ultimo tragitto c’erano solo poche persone care e gli amici fotografi che più mi erano stretti e con cui abbiamo fatto, negli anni, tanti bei discorsi. Va bene così.
Nuovo Splendor
1913-2017
Sala cinematografica
Non ho mai avuto paura del buio. Anzi era al buio che ha funzionato la mia magia. Però quando ho capito che le miei luci non si sarebbero più accese e che alla bacheca in corso Alfieri, all’angolo di via Vassallo, non ci sarebbero più stati manifesti mi è venuto un po’ di magone.
D’accordo, non sono mai diventato famoso come il Nuovo Cinema Paradiso raccontato da Tornatore, ma nel mio piccolo spero di rimanere nel cuore di tanti astigiani.
La mia data ufficiale di nascita è il 1913, ho vissuto più di un secolo e quante ne ho viste o quante ne ho fatte vedere. C’era ancora il muto e tutto era in bianconero, poi vennero i telefoni bianchi e le camicie divennero nere. Passò la guerra e riconoscevo i figli di chi sulle mie poltrone si era dato il primo bacio furtivo; arrivavano con papà a vedere Maciste e c’era chi si commuoveva per Bambi.
Con Totò invece non c’era pericolo: le risate salivano più alte della nuvola di fumo bucata dal fascio azzurrognolo del proiettore. Da più di cinquant’anni un bel signore che aveva vissuto in Francia e amava i film con Jean Gabin mi aveva rimesso a nuovo. E dopo di lui sua moglie Ivana, con la cassiera Pinuccia e il gatto Silvestro.
Venne il tempo che nel mio buio le luci si fecero rosse. Quanti sospiri rubati lassù in galleria.
Quel surrogato d’amore non può vincere la solitudine.
Poi venne Christine, la figlia di Lorenzo e Ivana. Il cinema è stata la sua casa. Ci ha creduto. Nuove pellicole: il Titanic che resta in cartellone per più di due mesi e le rassegne dei film d’autore con gente come Armando Brignolo dalla passione cinefila contagiosa.
Ogni volta che la città aveva bisogno io ho aperto il mio salone: 252 posti, mica pochi.
Mi dicevano che da altre parti c’erano poltrone più comode e anche i popcorn. Noi abbiamo tenuto finché si è potuto. Christine e Maurizio davanti al mio schermo si sono perfino sposati.
Ora questo buio non mi piace. Quando si riaccenderanno le luci chissà che cosa sarò diventato. Chiudete gli occhi, riapriteli e saprete.