Il passaggio nella storia patria di Pietro Badoglio ha lasciato testimonianze profonde in due luoghi dell’Astigiano. Il primo, inevitabilmente, è la sua casa natale di Grazzano, oggi un piccolo museo ricco di oggetti e cimeli in esposizione. Il secondo è la grande villa che ebbe in dono nel 1936, oggi in un desolante stato di abbandono, a pochi chilometri dalla frazione San Marzanotto, sulle colline sopra Asti. ù
Chi vuole ripercorrere le orme di Badoglio e dei suoi rapporti con la città e il Monferrato può senz’altro seguire la storia di questi edifici, eppure le testimonianze immateriali sono anche più vivide e forse meno note. Occorre andare a rileggere i nomi dei genitori di Badoglio per trovare un primo curioso legame tra la sua famiglia e la storia di Asti. Pietro nasce nel 1871 da Mario, proprietario terriero con radici profonde a Grazzano, di cui fu anche sindaco a metà Ottocento.
In seconde nozze Mario Badoglio aveva sposato Antonietta Pittarelli, una venticinquenne appartenente alla buona borghesia astigiana. Uno dei fratelli di lei, Giovanni, è un medico che nel futuro capoluogo ricopre la carica di sindaco dal 1878 al 1882, svolgendo anche importanti incarichi all’Ospedale degli Infermi e alla Cassa di Risparmio. Insomma, quando Pietro Badoglio ha sette anni, suo zio è un pezzo grosso ad Asti ed è pure primo cittadino.
È invece un po’ più grande quando inizia a frequentare il Ginnasio in città. Su quei banchi, nel 1887, riceve insieme agli altri italiani la notizia del massacro di Dogali. In Eritrea 500 soldati italiani erano stati uccisi dalle forze etiopi, che vinsero la battaglia nonostante perdite ancora più ingenti. Forse è questo l’avvenimento che convince il giovane grazzanese a intraprendere la carriera militare, nonostante per lui la famiglia avesse deciso un futuro da medico.
Ma torniamo ad Antonietta Pittarelli: la mamma di Pietro Badoglio scompare nel 1929, a lei viene intitolata “La casa della madre e del fanciullo”, una struttura concepita nel 1937 dal medico pediatra Carlo Currado per sopperire alla mancanza di un istituto che si occupasse dei problemi della maternità e dell’infanzia. «In collaborazione con la Provincia di Asti e le autorità comunali – scriveva il medico Aris d’Anelli nel 1997 nel suo Un ospedale una città – e con il sostegno di benefattori astigiani, soprattutto il senatore Giovanni Penna e la Cassa di Risparmio, fu istituita una fondazione intitolata alla madre del Maresciallo Pietro Badoglio e fu costruito, in via Duca d’Aosta, un grande, elegante edificio in cui avrebbero dovuto trovare ospitalità la maternità, la divisione pediatrica e il brefotrofio provinciale per illegittimi».
La struttura fu completata appena prima che scoppiasse la guerra, ma venne immediatamente riconvertita a uso militare e solo dopo la Liberazione poté assolvere al compito per il quale era stata concepita e per decenni fu semplicemente indicata da tutti come “la Maternità”, senza badare troppo alla grande insegna “Fondazione Pittarelli Badoglio” che campeggiava sulla facciata in mattoni rossi.
In dono la “Villa della Vittoria” di San Marzanotto per celebrare la conquista dell’Etiopia
Il nome della madre di Pietro Badoglio spunta ancora per un altro capitolo nel racconto dei suoi legami con la città. «Se Grazzano vi ha dato il padre, Asti vi ha data la madre», ricorda il sindaco di Asti, Giuseppe Dellarissa, in un consiglio comunale dell’ottobre 1925. All’ordine del giorno la cittadinanza onoraria a colui che da poco era stato nominato Capo di Stato Maggiore, “Figlio del Monferrato” che dava lustro alla sua terra.
Dellarissa, sindaco fascista, voleva testimoniare la sua gratitudine nei confronti del Generale, che il mese precedente aveva portato Mussolini in città per una breve visita. Passano undici anni, e Palazzo Civico diventa nuovamente teatro di un significativo omaggio a Pietro Badoglio da parte dell’Astigiano. Il 7 settembre del 1936 in Comune viene firmato l’atto di donazione della “Villa della Vittoria” e di una “Spada d’onore”, un modo per celebrare la conquista dell’Etiopia avvenuta a maggio. La vicenda è stata ricostruita da Agnese Argenta, presidente della Pro Loco di San Marzanotto, su Il Platano nel 2010. A prendere l’iniziativa era stato il segretario federale del Partito Fascista, Fortunato Vicari, che in tarda primavera aveva convocato le autorità locali per avviare una sottoscrizione in tutta la neonata provincia.
Presidente del comitato promotore è nominato l’imprenditore Giovanni Penna, buon amico di Badoglio, e questa pesante amicizia serve a Penna anche quando si devono assegnare appalti pubblici; insieme all’ex podestà di Asti Vincenzo Buronzo, i due erano stati gli artefici della ricostituzione della Provincia nel 1935. La gratitudine degli astigiani per il ritrovato orgoglio territoriale va tenuto in debito conto, nel comprendere il perché di tanti omaggi tributati al Maresciallo d’Italia. Allo stesso tempo, va detto che le imprese coloniali lo avevano reso estremamente popolare e celebrato un po’ in tutta Italia. Le “sottoscrizioni popolari” si chiudono il 6 settembre, riuscendo a raccogliere il necessario per acquisire una villa su cui c’è il placet della stessa Sofia Badoglio, moglie del maresciallo. L’edificio risale agli inizi dell’Ottocento, una costruzione definita “principesca”: tre piani, decine di stanze, un panorama da “paradiso terrestre” e un ampio parco. Prezzo finale, 230mila lire. Il giorno in cui Badoglio ne prende possesso, Asti fa festa.
La cronaca dell’epoca ricostruisce con i consueti toni enfatici l’evento: in corso Alfieri sventolano “centinaia di bandiere, di pennoni, orifiamme, striscioni trasversali, ritratti del Re Imperatore, di Mussolini, del primo Vicerè di Etiopia, e di manifesti”. Badoglio apprezza il dono e lo dimostra tornando ogni estate, fermandosi anche per due o tre mesi. La popolazione è informata della sua presenza quando la bandiera viene issata sul pennone della torre della villa. San Marzanotto inoltre riceve un beneficio indiretto dal nuovo illustre compaesano: nel 1937 l’edificio e conseguentemente l’intera frazione sono dotate di acqua potabile.
Nel 1939 il suo paese natale diventa Grazzano Badoglio
La Villa della Vittoria sarà anche il luogo scelto da Pietro Badoglio per festeggiare il suo cinquantesimo anniversario di carriera militare. Qui è raggiunto dal principe di Piemonte, il futuro “re di maggio” Umberto, che gli porta l’omaggio del Re. E se il capoluogo celebra e omaggia il capo militare, il paese in cui è nato non manca di tributargli il dovuto ossequio. Al punto di voler cambiare il nome al comune: nell’aprile del 1939, quello che fino ad allora era stato Grazzano Monferrato diventa Grazzano Badoglio, una scelta che dura ancora oggi, con la sola parentesi della Repubblica Sociale quando il nome di Badoglio fu bandito e inserito in testa, con il re, alla lista dei traditori.
Sempre nel 1939, a ottobre, inaugura la casa di riposo che accoglierà i vecchi di Grazzano. L’Istituto porterà in seguito il nome di Sofia Badoglio, la moglie che perderà nel 1942. Quando la Germania nazista invade la Polonia, a Roma si decide sull’entrata in guerra. Il fatto che proprio in quelle cruciali settimane il Maresciallo d’Italia soggiorni a San Marzanotto, addirittura fino a fine ottobre, offre una interessante prospettiva sul suo effettivo ruolo politico e militare. «È la conferma di ciò che molta pubblicistica afferma – scrive sempre su Il Platano Agnese Argenta – e cioè che la posizione del Maresciallo all’interno delle forze armate fosse puramente di facciata: rispettato e osannato, era probabilmente privo di potere effettivo e condizionato alle esigenze tattiche di Mussolini».
Dal 1940 al 1942 i suoi soggiorni nella villa si diradano. Ci tornerà nel giugno del 1945. Nei due anni precedenti l’elegante edificio è usato come rifugio per tedeschi e anche dai partigiani. Badoglio decide, a guerra finita, di donare villa e terreni alla Provincia: in settant’anni l’ente ne ha fatto prima un sanatorio, poi una scuola e una casa per ferie, poi avrebbe dovuto diventare un grande centro congressi con albergo-ostello. Nel suo parco si sono organizzate feste come il “Maritaggio Riso- Barbera” e altri incontri.
Oggi la Circoscrizione di tanto in tanto si occupa di mantenere in uno stato di decoro il parco. Nonostante i tentativi di vendita, la Provincia è tuttora proprietaria dell’immobile che appare come un gigante abbandonato, una delle tante occasioni perdute. Ma torniamo a Badoglio vivente. Dopo le lunghe estati trascorse “a giocare alle bocce” come ironizza La Badoglieide, il canto partigiano che con sarcasmo lo attacca, arriva il 25 luglio 1943. Badoglio è chiamato dal re alla guida del governo, dopo la caduta di Mussolini.
La politica a Roma e poi la fuga con i Savoia nell’Italia del Sud, per quello che fu definito il Regno di Brindisi nell’Italia liberata dagli Alleati, lo terranno lontano dall’Astigiano fino alla fine del conflitto. Con la Liberazione, molte cose cambiano in Italia. Anche il rapporto tra Badoglio e la sua terra: colui che era stato Maresciallo d’Italia e capo del governo torna a essere un cittadino comune. E forse quello tra l’uomo Pietro Badoglio e il suo Monferrato torna a essere un rapporto più lieve, all’interno del quale si possono trovare momenti di pace. Abbandonate l’equitazione e le amate bocce per motivi di salute, si dedica al bridge con i vecchi amici di Grazzano. Una vita tutto sommato semplice, la cui serenità viene spezzata nel 1953 dalla morte del figlio Mario, durante la guerra prigioniero in Germania. Badoglio festeggerà ancora gli 85 anni nel paese natale, nel settembre del 1956, poi il 1 novembre sarà stroncato da un attacco di asma cardiaca. Le sue spoglie riposano nella cappella di famiglia. È in questo angolo di Monferrato che si conclude l’ideale percorso sulle orme di questo astigiano, un uomo nato a Grazzano e che tanta parte ebbe nelle sorti del nostro Novecento.