sabato 27 Luglio, 2024
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1890

Da 125 anni arriva l’acqua da Cantarana

La curiosa storia dell’acquedotto. Progetto Medici e riscatto del '27
Apriamo il rubinetto e non ci si pensa. Pare naturale che vi esca acqua potabile, che poi, nella maggior parte dei casi, neppure beviamo. Eppure fino a 125 anni fa una città come Asti era senza acquedotto e l’approvvigionamento era affidato ai pozzi e alle cisterne. Alla fine dell’ottocento si discusse a lungo su come dotare la città di una moderna rete di distribuzione idrica. Non mancarono i progetti fin dal 1861. Ma è solo nel 1890, a opera dell’impresa di un ingegnere astigiano, Luigi Medici, che la città ebbe la sua potabile, captata dai pozzi di Cantarana. È la stessa fonte primaria che serve ancora oggi gli astigiani, ma nel frattempo, è il caso di dirlo, ne è passata di acqua sotto i ponti. Nel 1927 il comune di Asti riscattò dall’impresa Medici le strutture dell’acquedotto, pagando un milione e mezzo di lire. Si arrivò poi a potenziamenti successivi, necessari vista la crescita della popolazione e dei consumi, e all’attuale servizio idrico gestito dall’Asp.

I primi pozzi a Valmanera nel 1861, ma il progetto si arenò

 

«La somma convenienza, per non dire l’assoluta necessità, di condurre in Asti buone acque potabili è talmente sentita dalla cittadinanza tutta, che per consentimento generale della popolazione si assegna da qualche tempo carattere d’urgenza alla risoluzione di questo problema. Basta del resto pensare alla condizione delle acque dei ns. pozzi, crude per l’abbondanza di sali a base di calce e di magnesia, la gran parte sudiciamente inquinate dalle sostanze organiche, di cui le abbondanti fughe dei condotti e delle fogne continuamente imbrattano il sottosuolo della nostra Città, per convincersi essere, non solamente imperioso bisogno per la pubblica igiene, ma questione di decenza stessa il provvedere acque migliori per uso di bevanda. La soluzione di questo problema riveste ora carattere di vera urgenza per il fatto ormai accertato dalla scienza medica, che molte malattie infettive, delle quali alcune da molti anni serpeggiano nella nostra popolazione, hanno origine dalla cattiva qualità delle acque, e specialmente dalle materie organiche che esse contengono in sospensione, e per la supposizione, non ancora accertata, ma in questi ultimi tempi sostenuta da sanitari di fama mondiale, che le acque potabili sieno il tramite naturale, che serve alla propagazione di molte malattie epidemiche».
Così testualmente riportava lo studio per la condotta di acqua potabile – Relazione della Commissione – presieduta dal sindaco Carlo Garbiglia del marzo 1886.
I primi tentativi di approvvigionamento di acqua potabile per la Città di Asti risalivano ad alcuni anni prima nel 1861. Un certo ing. Roux de Brautes aveva allora proposto al Municipio di eseguire in Valle Manera (Valmanera) i lavori necessari per condurre acqua sino all’allora Piazza d’Armi (ora Piazza Alfieri) nella misura di 150 litri al minuto per un costo complessivo dell’investimento di 80 mila lire (esclusa la realizzazione di fontane e fontanelle). Furono eseguiti anche sondaggi con la realizzazione di due pozzi con gallerie filtranti, posti lateralmente al Rio Manera. Ma la scarsità d’acqua trovata, la spesa valutata ingente e le opposizioni sorte da parte di alcuni proprietari terrieri della valle fecero sì che la proposta non avesse seguito. Dopo il 1861 non si fecero altre ricerche di acqua potabile sino al 1871, quando fu scoperta una copiosa sorgente d’acqua, sempre in Valle Manera, che il proprietario si dimostrava disposto a cedere al Comune. La portata della sorgente si valutava in 100-150 litri per minuto. Nella seduta del 22 novembre 1871 il Consiglio comunale di Asti, valutata non sufficiente la quantità d’acqua (su una popolazione dell’epoca supposta di ventimila abitanti non si sarebbero avuti più di 7-10 litri/giorno per abitante) deliberava di non accettare la proposta del proprietario.
Successivamente, nel 1876 si iniziò a vagliare la possibilità di derivare una quantità d’acqua sufficiente per l’intero approvvigionamento della città nella zona prossima alla stazione ferroviaria di Villafranca d’Asti, nell’area di confluenza del Rio Maggiore di Cantarana con il Rio Triversa. Nell’estate del 1876 si intrapresero alcune prove di captazione. I risultati confermarono le previsioni su quantità e pressione dell’acqua, mentre, per quanto concerne la qualità si dovette constatare che l’acqua conteneva leggere quantità di acido solfidrico e il progetto di attingere acqua da quell’area fu quindi abbandonato.
In quell’occasione si venne a conoscenza dell’esistenza di una fontana, detta Bonoma, situata in Valle Maggiore di Cantarana, a pochi chilometri dalla Stazione di Villafranca. Detta fontana fu visitata dai rappresentanti della Città di Asti e sottoposta ad analisi chimica alla Stazione Enologica di Asti. Nel dicembre 1877 venne dettagliato il risultato delle analisi, da cui si poteva rilevare l’acqua come chimicamente definibile potabile.

 

Cartolina del 1910 con il monumento all’acquedotto al centro di piazza Medici e il palazzo che ancora ingloba la base della torre Troyana detta dell’orologio. La sede della Camera di Commercio è degli Anni Quaranta

Si provò anche a filtrare l’acqua del Tanaro

 

Ad Asti c’è chi avanza l’idea di utilizzare anche l’acqua del Tanaro, debitamente filtrata, e il municipio incaricò sempre la Stazione Enologica di effettuare le analisi dell’acqua del fiume. Furono eseguite una serie di 8 analisi (dal marzo al settembre 1876) e i risultati parvero confermare l’opinione che l’acqua fosse chimicamente buona come acqua potabile.
E così si giunse al giugno 1885, quando vennero avanzati due distinti progetti. Entrambi prevedevano di realizzare una condotta di acqua potabile con bacini di accumulo ed estrazione di acqua dal Tanaro mediante una serie di pozzi in cui sarebbe confluita l’acqua del fiume dopo essersi naturalmente filtrata attraverso le sabbie e le ghiaie del terreno.  Un progetto prevedeva di attingere dal Tanaro una portata di 30 litri al secondo ovvero di circa 2600 metri cubi al giorno, con un costo dell’acqua di lire 0,15 per mc per le utenze comunali e 0,25 lire/mc per gli utenti privati. Le condizioni prevedevano la costruzione e la gestione dell’impianto per 50 anni, con la possibilità per il Comune di riscattare l’impianto al termine della concessione. Il secondo progetto prevedeva di attingere dal Tanaro una portata di circa 2000 mc al giorno, con un costo dell’acqua di 0,25 lire/mc per gli utenti privati e una somma complessiva (variabile in relazione ai consumi privati) da lire 15 000 annue a lire 5000 annue a carico del Comune per gli usi pubblici. Le condizioni prevedevano la costruzione e la gestione dell’impianto per 90 anni. Nell’autunno 1885 vennero avanzate alla Città di Asti altre tre proposte: una prevedeva di utilizzare le acque prelevate nella zona di Marene nella piana cuneese (valutate in quantità significativa pari 100 litri/secondo) già usate a Bra ma utilizzate dalla stessa città solo nella misura di circa un quarto; quindi si proponeva che le acque disponibili rimanenti potessero essere utilizzate dalle città di Alba e di Asti.
Un altro progetto prevedeva di attingere acqua nella valle del rio Traversola; un’altra ipotesi ancora riprendeva le valutazioni di 8 anni prima e indicava la proposta progettuale di attingere dalla fontana Bonoma di Cantarana. La portata convogliata verso Asti sarebbe stata di 26 litri al secondo, con un costo per le utenze private indicato in 0,20 lire/mc.

I lavori delle condotte erano portati avanti da decine di operai. La tubatura principale di 18,7 chilometri in cemento e ghisa aveva un diametro di 26 centimetri

 

 

1885: tre idee a confronto per avere l’acqua tutto l’anno

 

Nel dicembre del 1885 fu nominata una commissione con l’incarico di «studiare accuratamente i diversi progetti e con facoltà di aggregarsi persone tecniche onde eseguire i necessari studi per additare la migliore soluzione dell’importante problema».
La commissione valutò i progetti e diede mandato di approfondire le misure e le analisi della fontana Bonoma «onde avere un corredo di cognizioni sufficiente per recare un giudizio esatto e preciso a riguardo della quantità e della qualità di quest’acqua nelle diverse epoche dell’anno». Dopo aver raccolto i dati si ritenne che le uniche soluzioni adeguate fossero: Valle Maggiore di Cantarana e Tanaro. La commissione incaricò il dott. Pagliani, professore d’igiene all’Università di Torino che, dopo una serie di analisi chimiche e batteriologiche, sottolineò i problemi derivanti dall’acqua del Tanaro, mentre promuoveva l’acqua della fontana Bonoma e indicava di «proporre e raccomandare la scelta di quest’acqua per l’approvvigionamento della Città di Asti perché, per le sue qualità fisiche, chimiche e biologiche risponde molto bene alle esigenze igieniche della popolazione». La commissione si orientò così sulla scelta di prelievo in Valle Maggiore di Cantarana, abbandonando definitivamente ogni progetto di prelievo d’acqua dal Tanaro. Fu valutato che la portata estraibile sarebbe stata sufficiente per i bisogni della città (oltre 50 litri al giorno per abitante, facendo il calcolo su di una popolazione di ventimila persone). Si valutò che la distanza tra la presa d’acqua e Asti (circa 17,5 km) non dovesse rappresentare un problema eccessivo, paragonata alla lunghezza di altre condotte che portavano acqua ad altre città. Si valutò che il dislivello tra la quota della Sorgente Bonoma e la città di Asti consentisse il deflusso dell’acqua per caduta, senza bisogno di ulteriori pompe.  Il lavoro della commissione fu approvato dal Consiglio comunale della Città di Asti nella seduta del 31 gennaio 1887. L’amministrazione comunale stipulò quindi un compromesso con la Cassa di Risparmio di Verona (proprietaria della fontana Bonoma) per l’acquisto della fontana e di quattro giornate di terreno circostante. Nell’aprile 1887 il Comune approvò il capitolato d’appalto. Nel maggio dello stesso anno fu emanato l’avviso su base d’asta di ventimila lire. 

 

Nel 1887 l’appalto è assegnato all’ing. Medici con una concessione di 90 anni

 

L’asta ebbe luogo il 26 luglio 1887. L’atto e la concessione fu affidata al Marchese ing. Luigi Medici che si assunse l’obbligo «a tutte sue spese, rischio e pericolo per sé e suoi eredi e successori, l’obbligo di costruire ed esercitare per anni novanta una condotta d’acqua potabile con canale coperto, dalle sorgenti così dette della Bonoma, in Comune di Cantarana, sino all’interno della Città di Asti…».

Foto storica della zona dei pozzi alla Bonoma di Cantarana dove c’è il principale impianto di captazione, filtraggio e potabilizzazione dell’acqua

 

 

Previsti sconti per asili e ospizi e 10 fontanelle gratuite

 

Questi gli elementi principali del contratto: il Municipio di Asti concede all’ing. Luigi Medici il privilegio esclusivo della conduttura e distribuzione in Asti di acqua potabile dalla Fontana Bonoma situata nel Comune di Cantarana; la concessione ha una durata prevista di anni 90 a partire dal completamento dei lavori; l’acqua dovrà essere condotta in Asti in quantità tale da erogarne in favore del Municipio non meno di trecento metri cubi e in favore dei privati non meno di settecento metri cubi al giorno. Ci sono anche norme di natura “sociale”: il prezzo dell’acqua ai privati non potrà essere superiore a centesimi venticinque al metro cubo. Gli Istituti di Carità, Ospedali, Ospizi e Asili e Opere pie in genere godranno di un ribasso del venti per cento. Il Municipio disporrà, senza pagamento, di metri cubi trecento di acqua per ogni giorno per uso pubblico. Il concessionario dovrà pure fornire gratuitamente 10 fontanelle in metallo. Il prezzo dell’acqua che possa occorrere al Municipio in più dei 300 mc è fissato in centesimi dieci al mc.
Si prevede un canone annuo di 20 mila lire da pagarsi dal Municipio al concessionario (poi ridotto a lire 19 500). Con lettera datata 9 febbraio 1888 l’ing. Luigi Medici invia al sindaco della Città di Asti il progetto di esecuzione dell’acquedotto.

Foto storica della zona dei pozzi alla Bonoma di Cantarana dove c’è il principale impianto di captazione, filtraggio e potabilizzazione dell’acqua

 

 

Condotta di 18,7 km da Cantarana al serbatoio del Castello

 

Erano previste opere di presa «per dare un conveniente aspetto alle sorgive della fontana Bonoma ed allo scopo di mantenere l’acqua nel suo stato di integrità si è progettato di coprirla con una volta a vela di mattoni impostati su un piedritto circolare di diametro di 3,50 m. Viene progettato un serbatoio di presa di circa 200 mc, diviso in due scompartimenti onde poter facilmente pulirli senza sospendere l’erogazione dell’acqua. Una camera di raccolta è anteposta alla vasca e l’acqua convogliata ivi precipita con un lieve salto di m 0,20 allo scopo di renderla areata». Dalla vasca partirà la conduttura principale che porta l’acqua al serbatoio di distribuzione della città. Si era pensato di seguire, quale percorso della conduttura principale, la strada provinciale Villafranca-Asti. Ma c’erano tratti in contropendenza. Si è quindi creduto conveniente seguire l’aperta campagna a partire dalla presa e sino alla stazione di San Damiano e poi si è fatto percorrere alla conduttura la strada provinciale sino alla porta Torino alla periferia Ovest di Asti e quindi seguire la circonvallazione che conduce al Castello fino a far capo al serbatoio di distribuzione. La condotta presenta uno sviluppo di 18 Km e 723 metri. La tubazione tiene conto delle diverse altezze di pressione ed è progettata parte in cemento e parte in ghisa con un diametro di circa 26 cm. Il serbatoio di distribuzione in regione Castello è a 150 metri sul livello del mare, capace di 500 mc ed è diviso in due camere indipendenti allo scopo di non interrompere la distribuzione incaso di riparazioni e di lavaggi. Le condutture di distribuzione in città sono state previste in ghisa. Si è tenuto conto, nell’individuazione dei percorsi dell’importanza delle vie, sia per gli aspetti commerciali e industriali, che della popolazione servita. La tubazione principale ha origine dal serbatoio al Castello, percorre via Giobert fino al corso Alfieri (con un diametro di 17,8 cm), corre in seguito in corso Vittorio Alfieri (con un diametro di 12,7 cm) fino al crocevia di via al Palazzo di Città e via Marello voltando poi per piazza San Secondo e corso Cavour sino alla stazione (tratto terminale con un diametro di 8 cm). Compiuti i lavori, la condotta con la distribuzione dell’acqua in città venne attivata sin dal giugno del 1890 (la data ufficiale dell’entrata in esercizio dell’acquedotto è l’1 luglio 1890). Dopo circa 30 anni dalla sua realizzazione (e siamo nel 1920), anche in relazione all’aumento della popolazione, al fatto che la rete di distribuzione che si stacca dal serbatoio del Castello ha raggiunto ormai 27 chilometri e che molte nuove utenze sono state negli anni allacciate, l’acquedotto Medici si rileva non più sufficiente. Asti torna ad avere sete.
È significativa un’ordinanza del sindaco del 21 maggio 1924: «È assolutamente vietato di usare acqua potabile per l’irrigazione di orti e giardini per il bucato e per le costruzioni e di tenere aperti i rubinetti interni di attingimento per conservare al fresco liquidi o derrate. In ogni famiglia si dovranno evitare sprechi d’acqua, anche per bisogni domestici, cercando di limitarne l’uso al puro necessario».
Nel giugno una relazione portata all’attenzione del Consiglio comunale evidenzia la necessità di: trasformare le pubbliche fontanelle da getto continuo a intermittente; costruire nuovi pozzi alla Bonoma per assicurare una maggior quantità d’acqua; realizzare una nuova tubazione che da Cantarana conduca le acque ad Asti. Vi fu anche una intensa corrispondenza tra il Comune che chiedeva alla concessionaria dell’acquedotto Medici di migliorare l’erogazione della fornitura e la stessa concessionaria che sostanzialmente indicava di rispettare pienamente i termini del contratto. Nel frattempo, essendo l’ing. Luigi Medici deceduto nel 1915, la responsabilità dell’esercizio dell’acquedotto Medici è passata agli eredi e in particolare alla nipote Ester Medici (figlia del fratello Giuseppe) che delegò le attività, con procura notarile del 1916, al marito ing. Oreste Balduzzi. In quegli anni vi furono trattative tra Municipio e impresa concessionaria per il miglioramento dell’acquedotto ma, come indica una relazione del giugno 1925, non ebbero esito. Pertanto il Comune decise di avvalersi di una legge del 1903 e provvedere al riscatto dell’acquedotto. È del 26 giugno 1925 la delibera del Consiglio comunale che decide di procedere al riscatto dell’acquedotto a far data dall’1 luglio 1926.

I moderni impianti di trattamento dell’acqua “grezza” e di potabilizzazione che portano l’acqua a un nuovo serbatoio di 8000 mc a Cantarana, da dove arriva per gravità al sistema acquedottistico di Asti

 

 

Il Comune di Asti riscatta l’acquedotto e lo paga 1.500.000 lire con un mutuo

 

La decisione del Comune venne notificata alla «Gentile Nobil Donna Esterina Medici del Vascello in Balduzzi Ing. Oreste – Concessionaria dell’acquedotto Medici» con nota a firma del sindaco avv. Dellarissa. L’Impresa Medici, nel rispondere, fa presente che il termine fissato per l’esercizio del diritto di riscatto è prematuro e propone l’1 luglio 1929. Il Comune non concorda con la data e attiva le pratiche per la formazione dell’inventario dell’acquedotto che risulta ultimato in data 10 ottobre 1925.  Nei primi mesi del 1926 si iniziarono le trattative per il riscatto dell’impianto e per la determinazione della stima definitiva. Nell’incontro del 26 aprile 1926 il Comune offrì un milione di lire, ma la proposta non venne accettata dalla concessionaria. Il 30 giugno 1926 il Consiglio comunale deliberò di confermare il riscatto dell’acquedotto Medici e di provvedere al successivo esercizio in forma diretta e in economia. Fallite le trattative per un amichevole componimento della vicenda, si arrivò, quindi, a un collegio arbitrale per determinare l’indennità di riscatto. Il collegio tecnico, dopo studi e sopralluoghi e previo l’esame dei memoriali prodotti dalle parti, nella sua riunione dell’1 ottobre 1927 decise di stabilire l’indennità di riscatto il lire 1 428 760 e indicò nell’1 novembre 1927 la data in cui il Comune dovesse entrare in possesso dell’acquedotto. La concessionaria provò ancora una mossa al rialzo: fece richiesta di indennità elevata a due milioni. Proseguirono le trattative e l’accordo (al fine di evitare ulteriori spese di contenzioso) fu trovato alla somma di lire 1 500 000. Per pagarla il Comune accese un mutuo presso la locale Cassa di Risparmio al tasso del 6%. Il verbale di consegna «dalla nobile signora Ester Medici del Vascello in Balduzzi al Comune di Asti dell’acquedotto Medici di Asti» porta data 30 ottobre 1927 e prevede la consegna di «tutto l’acquedotto attualmente esistente libero da qualsiasi vincolo e nelle attuali riconosciute sue condizioni e cioè: le sorgive Bonoma ed i pozzi in territorio di Cantarana; l’intero volume di acqua che ne deriva; l’intera condotta e relative opere d’arte per allacciamento e raccoglimento delle sorgive tutte, manufatti, edifici, meccanismi ed accessori, e quanto altro fa parte della conduttura e distribuzione dell’acqua tanto all’esterno quanto all’interno della Città, acconsentendo che il Comune ne abbia l’immediato possesso e godimento», Fu previsto anche il passaggio del personale, dipendente dell’Impresa Medici, impiegato per l’esercizio dell’acquedotto. Finiva così l’epoca “privata” dell’acquedotto, con il suo ingresso tra i beni comunali.

 

Negli Anni Cinquanta si aggiunge la condotta Colosimo. Dal ’97 l’ASP

 

A quasi 90 anni da quella data l’acquedotto ha avuto significativi potenziamenti.  Già negli Anni ’30 l’aumento demografico e l’estendersi della rete di distribuzione avevano reso inadeguato l’apporto idrico della sola condotta Medici.
Intorno al 1933 l’Amministrazione cittadina incaricò l’ing. Mussa di redigere un progetto per l’approvvigionamento di nuove fonti e la costruzione di una nuova condotta. Nel 1935 venne così realizzata la condotta denominata “Mussa” che garantiva l’adduzione di una portata verso Asti di altri 54 litri al secondo. All’inizio degli Anni ’50 si ripresentò in modo significativo il problema del rifornimento idrico sia della città che delle frazioni che fino ad allora erano servite da pozzi privati o da cisterne di acqua piovana. Venne così approvata la costruzione di nuovi acquedotti rurali. Negli anni 1955-1971 furono realizzate su progetto dell’ing. Colosimo nuove importanti opere di potenziamento. È di quegli anni la realizzazione del serbatoio di via Conte Verde (costruito tra il 1955 e 1958 e da poco tempo trasformato in “torre” per civili abitazioni), di una nuova condotta (denominata appunto “Colosimo”) del diametro di cm. 50 nonché di nuovi pozzi in Cantarana. L’aumento demografico di Asti fu considerevole; si passò infatti dai circa 57 000 abitanti del 1955 ai 76 151 risultati dal censimento del 1971. Nonostante i lavori di potenziamento e miglioramento degli impianti, la dotazione idrica non risultava ancora sufficiente ai fabbisogni della popolazione e anche la falda ormai utilizzata in modo intensivo (nel frattempo erano stati attivati, in Valle Maggiore, anche i pozzi della Valtiglione) iniziava a evidenziare i suoi limiti. Fu intrapresa, quindi, fin dal 1971 la ricerca di fonti alternative a quelle di Cantarana. Negli Anni ’80 si iniziò a realizzare un sistema di telecontrollo degli impianti. È del 1989 la realizzazione del potabilizzatore (poi potenziato nel Duemila) al fine di diminuire nell’acqua la presenza di ferro e manganese (era dell’anno prima la norma che abbassava tali limiti per le acque potabili). Sino ad arrivare agli ultimi significativi interventi ultimati nel 2010: nuovo serbatoio acqua trattata di 8000 mc in Cantarana e nuovo serbatoio di carico per la rete alta della città, di 4000 mc, in zona Viatosto. Nell’agosto 2012 è stata anche attivata l’interconnessione con l’acquedotto del Monferrato, creando in pratica una fonte comune di approvvigionamento idrico che comprende anche l’acquedotto della Valtiglione a Sud e quello della Piana ad Est.
È interessante sapere che oggi sono ancora in funzione alcuni degli impianti dell’originario Acquedotto Medici: il serbatoio di raccolta acqua proveniente dai pozzi della Bonoma nel comune di Cantarana, definita di acqua “grezza” in quanto necessita di un processo di potabilizzazione per renderla conforme agli odierni requisiti di legge; è ancora in esercizio un tratto di condotta compreso tra il vecchio mulino di Tigliole e la località Palucco nel comune di Asti, utilizzato per l’alimentazione delle reti di Casabianca-Valle Manina e Valleandona-Montegrosso Cinaglio.
La restante parte di condotta è stata messa fuori servizio nel 2005, contestualmente alla dismissione del vecchio serbatoio di distribuzione in Asti nell’odierna via al Castello.
In termini gestionali la conduzione degli impianti dopo anni di gestione diretta da parte del Comune (dal 1927) è passata, dopo 60 anni nel 1997, alla municipalizzata Asti Servizi Pubblici (ASP), creata già dal 1974 dal Comune per la gestione del servizio autobus e nettezza urbana. Dal 1999 l’ASP gestisce anche il servizio fognature e depurazione che consente all’Azienda di gestire il ciclo integrato delle acque. Dal primo aprile 2000 l’ASP è diventata una società per azioni. Nell’anno 2002 il Comune di Asti ha ceduto, a seguito di asta pubblica, il 45% delle azioni alla Società Nord Ovest Servizi, con sede in Torino. Si è dunque passati, in oltre un secolo di storia dell’acquedotto, da una iniziale gestione privata ad una successiva completamente pubblica, per tornare ora ad una fase di controllo mista pubblico-privata    

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