Gancia lancia i primi manifesti nel 1885-86 Vendemmie bucoliche e brindisi “galeotti”
Il manifesto, così come lo vediamo ancora oggi, compare tra le forme di propaganda alla fine dell’Ottocento. È stampato a colori con il sistema litografico e si aggiunge ad altre forme già collaudate di comunicazione commerciale apparsa, fin dagli esordi della carta stampata, sui giornali che ospitano inserzioni e annunci economici. La parola pubblicità non è ancora nata e per ora si chiama ancora “richiamo” o più diffusamente “réclame” alla francese. Tra i settori produttivi che hanno maggiormente creduto in questa nuova forma di comunicazione c’è il mondo degli spumanti e dei vermouth, già attivo dalla metà del XIX secolo, e che aveva visto a Canelli nel 1850 la nascita del primo spumante italiano, per merito dell’intraprendente Carlo Gancia. In questo comparto sono emersi marchi divenuti celebri e altri destinati a sparire nel giro di qualche decennio: Carpano, Freund-Ballor, Martini & Rossi, Fratelli Cora, Chazalettes, Zoppa, Bosca, Narice, Contratto, Coppo, Calissano, Cinzano, Ferrero, Beccaro, Taricco e naturalmente il già citato Gancia.
Proprio a Gancia si deve anche il primo manifesto del settore, datato 1885. È l’evocazione di una mitica arcadia felice a guidare i primi artisti della propaganda. I primi professionisti chiamati a produrre le immagini dei manifesti dello spumante furono pittori accademici o da cavalletto. Lo stesso bozzetto poteva essere impiegato sia per lo spumante che per il vermouth e per liquori e distillati o per altre categorie di prodotti a volte molto lontani dalle intenzioni del pittore. In una lettera indirizzata a Leonetto Cappiello, il più geniale e audace cartellonista, il suo procuratore Vercasson scriveva: «…Quando disegnate un’immagine, al posto del prodotto non mettete nulla, così se uno lo rifiuta possiamo sempre presentarlo a un altro…». Siamo agli albori dell’attuale copia e incolla al computer.
(1) – Al 1895 risale dunque il primo manifesto del settore ordinato dalla Fratelli Gancia e realizzato da Alberto Rossi, pittore nato a Torino nel 1858 e diplomato all’Accademia Albertina. Un quadretto in cui le giovani contadine, dimessi i cappellini e le scarpette della festa, trasportano allegre le ceste d’uva salendo sulla scaletta fino a raggiungere la bigoncia sul carro. Nel tentativo di personalizzare maggiormente la scena, il pittore ha inciso vistosamente sulla bigoncia le iniziali di Fratelli Gancia & C. Il tutto è arricchito da una larga cornice decorata e una fascia su cui spicca lo stemma sabaudo.
(2) – Un anno dopo, nel 1896, la stessa Casa canellese ordina un altro manifesto dal titolo “Moscato Spumante” utilizzando un bozzetto del pittore tortonese Cesare Saccaggi, allievo all’Accademia Albertina di Gastaldi e Gilardi, gli stessi maestri di Alberto Rossi. Ha 27 anni quando realizza per la litografia Doyen il bozzetto, fresco e leggero, di un appartato brindisi nel vigneto tra due giovani che, forse sorpresi da un rumore, guardano verso il pittore che li ritrae come in un’istantanea. Sarà un gesto molto utilizzato dalla pubblicità per stabilire un legame più diretto con l’osservatore. L’immagine del Saccaggi è elegantemente bucolica. La giovane coppia, circondata da pampini e ceste d’uva, si appresta al brindisi. Accanto al tavolo uno scialle variopinto e l’ombrellino parasole. In alto a destra lo stemma della Casa “fondata nel 1850”. La “litografia Doyen”, all’epoca lo stabilimento litografico più importante di Torino, arrivò a impiegare direttamente una decina di disegnatori e 25 operai che facevano lavorare otto torchi. Era stata fondata nel 1833 da Michele Doyen, litografo di Digione che, giunto a Torino nel 1829, dopo alcuni anni da dipendente, si mise in proprio acquisendo clienti in molti settori. L’attività continuò oltre la morte di Michele nel 1861, per oltre un secolo, fino agli anni ’60 del Novecento.
La réclame sulla via del Sud America tra i richiami della Belle Époque
(3) – Vediamo un altro soggetto. La cantina Narice, oggi scomparsa, fu fondata a Canelli da Giovanni Narice a metà ’800 ed ebbe un forte sviluppo grazie all’esportazione verso il Sud America. Il manifesto “Specialità Moscato Spumante” testimonia la presenza di due sedi: una a Canelli e l’altra a Buenos Aires. In pieno stile ottocentesco elenca titoli, fregi, tralci con grappoli, medaglie, stemma della città che avvolgono la veduta esterna e quella interna della fabbrica. L’opificio, lungi dal mostrare l’immagine della moderna fabbrica (oggi si direbbe con un ritocco di photo shop) mostra, insieme alla prospettiva di botti, un ambiente buio, con muri e pavimenti umidi e scrostati, una macchina solitaria: proprio com’era nella realtà. L’autore è Ottaviano Giovanni Rapetti, nato a Torino nel 1849, pittore ritrattista e paesaggista diplomato all’Albertina.
(4) – Stilisticamente affine è il manifesto “Vini fini del Piemonte” Contratto, di autore anonimo. Siamo alla fine del secolo XIX e la scelta è di occupare ogni centimetro: scritte, cartigli, medaglie, tralci e stemmi fanno cornice al quadretto di vendemmiatrici con cestino di bottiglie, che brindano al cospetto della fabbrica. Sulla sommità della collina si vede il castello, ancora nella sua forma antica, che negli anni ’30 la famiglia Gancia ristrutturerà in stile neoclassico.
(5) – Uscendo dalle immagini vendemmiali, ai primi del ’900 troviamo ancora il pittore tortonese Cesare Saccaggi che presenta un “Cinzano Gran Spumante”. Qui si respira l’aria della Belle Epoque. L’ambiente elegante di un ricco buffet. Lei con ventaglio di piume e vaporoso mantello di raso, lui con impeccabile mise e monocolo.
Il pittore spagnolo Ximenes fa volare una donna pilota nel cielo di Canelli
(6) – Un autore importante per la Bosca fu Ettore Ximenes, con un bozzetto nei primi anni del Novecento su latta rigida, il “Gran Spumante Bosca”, vola nel cielo di una Canelli accuratamente rappresentata grazie a una delle primissime macchine volanti sorprendentemente pilotata da una donna. Sulle ali del veivolo la scritta Canelli. È un manifesto davvero singolare, in cui la donna assurge a un ruolo nuovo, molto diverso da quello che è stata ed è l’immagine femminile nelle pubblicità. Ximenes, famoso scultore, nacque e si diplomò all’accademia di Palermo. Dal 1911 Ximenes lavorò quasi esclusivamente su commissione estera. Il manifesto canellese è certamente tra i più significativi dell’epoca.
(7) – Altro tema. L’anonimo autore del manifesto “Vini Calissano” della ditta albese produttrice di vini e spumanti, si affida invece alla solidità della tradizione romantico-storica mostrando le bottiglie in primo piano, appoggiate su un capitello corinzio. Una nuova alba sta sorgendo sui ruderi antichi di una città (Roma?) e l’aquila del progresso che ci ricorda quella del Fernet Branca, con le ali spianate, spicca il volo verso tempi propizi. Il periodo a cavallo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del secolo nuovo vede lo svilupparsi della tecnica. L’elettricità, la radio, l’automobile, l’estendersi della rete ferroviaria avvicinano le genti come i piroscafi e le macchine volanti sembrano avvicinare i continenti. Si incrementano i commerci, cresce la produzione industriale e nascono le esposizioni universali (memorabile quella di Parigi che vedrà il sorgere della Torre Eiffel). Questo periodo fino alla Grande Guerra verrà ricordato come “Belle Epoque” e proprio negli anni a cavallo col nuovo secolo nasce una nuova moda, una corrente estetico culturale si diffonde rapidamente in tutta Europa. Questo nuovo stile si chiama Art Nouveau. In Italia si chiamerà stile floreale o Liberty, dal nome dei magazzini Liberty di Londra che esportavano abiti e tessuti dai colori e disegni nuovi e inconfondibili.
Esplode la moda Liberty
(8) – Il nuovo clima sembra essere percepito da Marcello Dudovich nel manifesto “Bosca brut Canelli” del 1905, dove una mano innalza una bottiglia di spumante intorno alla quale i popoli si inchinano, dal pellerossa al giapponese, dall’europeo all’africano. Dudovich, giunto a Milano da Trieste nel 1897 all’età di 19 anni, lavorò per le Officine Grafiche Ricordi. Nel 1911 disegnò uno dei manifesti più famosi per l’azienda Borsalino di Alessandria poi, dopo un periodo di lavoro in Germania tornò in Italia allo scoppio della guerra. Nel ’21 fondò una sua casa editrice, la Star, che lavorò fino al ’50 per La Rinascente creando oltre 100 manifesti. Scomparve a Milano nel 1962. Bosca è il primo e unico manifesto di Dudovich per lo spumante piemontese che ne disegnò altri per i vermouth Carpano e Martini, 20 anni più tardi. Il manifesto “f.lli Gancia e C.ia Canelli” risale al primo decennio del ’900 ed è un esempio limpido della grafica Liberty. L’autore è Aleardo Terzi pittore, illustratore, ceramista, scenografo di Palermo, classe 1870, che lavorò a Roma, Milano e Londra.
(9) – Il manifesto è composto da una campitura di fondo bucata da un luminoso occhio centrale con cornice di grappoli. Sul bordo è seduta una giovane donna dal vitino esilissimo che brinda con lo spumante.
(10) – Ancora evocazioni Liberty nel cartellone “Gran Spumante Italiano” della Ajmar di Nizza Monferrato con il satiro che pigia zufolando. La Belle Epoque finisce quando le nazioni precipitano nell’immane tragedia della Prima guerra mondiale. Anche in quel periodo sui giornali compare tra le pubblicità quella sulla Domenica del Corriere che pubblica a più riprese negli anni l’inserzione di Gancia “Lo spumante delle vittorie italiane”.
(11) – C’era poco da brindare.
(12) – Dopo il sanguinoso conflitto e la devastante epidemia di spagnola il manifesto “Spumanti Beccaro” del ’22 sembra voler auspicare un ritorno ai fasti precedenti. La dama di Mauzan, dai capelli rosso tiziano, brillante e sorridente, pare assaporare da una ammiccante posizione le ultime gocce di spumante. Il richiamo erotico è evidente. Con l’avanzare degli anni ’20, con la lenta ripresa delle attività la pubblicità degli spumanti tornerà a campeggiare sui muri delle città. Leonetto Cappiello, nato a Livorno nel 1875, dopo una breve attività di pittore e caricaturista si trasferì nel ’97 a Parigi. Iniziò disegnando caricature per le riviste satiriche e, dopo qualche anno, cartelloni per la réclame. I suoi manifesti (chi dice più di 1000 nella carriera) furono subito notati, l’efficacia e l’originalità delle sue figure dinamiche e colorate, fuori da ogni moda, in contrasto con lo sfondo scuro unite alla gioiosa gaiezza dei suoi trascorsi satirici, faranno scuola. La storia avanza. Il dopoguerra in Italia è percorso da proteste e scioperi. Manifestazioni e cortei subiscono dure repressioni. Cresce il fascismo che con la marcia su Roma del ’22 porterà Mussolini al potere e poi alla dittatura. La pubblicità però vive, all’inizio del regime, ancora su un altro pianeta: Cappiello diventa famoso ed è coperto di commesse, il suo stile dilaga, al punto di aprire una succursale in piazza Statuto a Torino.
(13) – E allora vediamo alcuni di questi folletti del nuovo genio tra il 1920 e il ’25 stringere un fascio di bandiere per Cinzano
(14) sedersi sulla grande foglia per Contratto
(15) sdoppiarsi simmetricamente per Robba
(16) danzare con grandi ali di farfalla per Gancia. Sono le figure femminili a farla da padrone, ma per Cappiello non è importante il sesso, come invece poi succederà più avanti con le provocanti “pin up”, quanto l’enfasi dalle braccia alzate, dello sgambettare a passo di danza e la contenuta ironia che contribuiscono a creare l’effervescenza e la dinamicità.
(17) – In questo periodo crescono gli imitatori come nel manifesto di Maga per Calissano, del 1922. Gli ingredienti sono quelli: fondo scuro, immagine in forte rilievo ma il risultato non è quello. Lo studio Maga viene fondato nel ’20 da Giuseppe Magagnoli, per anni rappresentante in Italia dei lavori di Cappiello, e vi lavorano noti cartellonisti anche se a comparire sarà soltanto la sigla dello studio.
(18) – I modi di Cappiello sono adottati con evidenza anche da Jean D’Ylen che crea per “Fiorino Asti Spumante” un elegante paggio che danza abbracciato a una signorina-bottiglia e
(19) – per “Spumanti Cora” nel ’26 una signorina dai capelli rossi che si agita su di un cavallino origami.
(20) – Nel 1925 Carlo Nicco crea per “Spumante Martini” una dinamica signorina banditrice che avanza sorridente sul fondo uniforme. In questo lavoro compare una certa ironia al limite del caricaturale che troviamo più accentuata nel lavoro di Scolari per il nicese
(21) – “Spumante L. Ajmar & C.”, con il cameriere che si arrampica sulla bottiglia dopo lo stappo per intingere e leccarsi le dita, o ancora il deferente cameriere del cartello “G. Taricco & C.” di Asti
(22) – immobile sul globo.
(23) – Nel 1930 dilaga la grande depressione e Hitler sale al potere in Germania. Certo è casuale ma fortemente indicativo il bozzetto per “Spumante extra secco Martini & Rossi” del cartellonista torinese Alessio, proprio di quegli anni. In un fondo cupo e minaccioso una grande, terribile foglia di vite, che emana luce infuocata, sovrasta con piglio prepotente un piccolo e gracile bicchiere formato dal disegno di un viticcio.
(24) – Nel ’36 il giovane Consorzio dell’Asti Spumante (costituitosi nel 1932), con un raro esempio di richiamo alla territorialità, consiglia di chiedere il prodotto “alla stazione di Asti”.
Arrivano il consumo autarchico e la riserva imperial
(25) – La Contratto affida a Mario Gros nel 1937 una serie di calendari tra i quali spicca una bellezza africana in stile “faccetta nera” per pubblicizzare la Sabauda Imperial Riserva della Casa canellese. La conquista dell’Impero si celebrava anche così. Gros diventerà nel Dopoguerra un famoso stampatore con stabilimento a Moncalieri dalle cui rotative usciranno per decenni gli orari delle Ferrovie e le Pagine Gialle.
(26) – Torniamo alla fine degli Anni Trenta. Boccasile nel ’39 disegna il manifesto “Riccadonna” in cui campeggia, abbracciata alla bottiglia di spumante, una sorridente ragazza bionda dai vestiti aderenti. Gino Boccasile è famoso per aver creato nel ’37, sulla omonima rivista, la Signorina grandi firme, un tipo di donna florida e procace, utile all’immagine positiva che il regime vuole propagandare. Anche nei propri cartelloni pubblicitari molto spesso il messaggio è affidato a questa maliziosa figura. Boccasile è tra i firmatari nel 1938 del Manifesto della razza in appoggio all’introduzione delle leggi razziali fasciste e dopo l’8 settembre 1943 aderisce alla Repubblica Sociale Italiana, di cui cura i manifesti di propaganda inneggianti all’alleanza con la Germania nazista. Con la fine del conflitto e la liberazione l’Italia distrutta dai bombardamenti fatica a riprendersi. Si sceglie tra Monarchia e Repubblica e le donne nel 1946 vanno per la prima volta al voto. Arrivano gli aiuti del piano Marshall e insieme ai dollari venne importato anche il modello americano. Questo portò a numerosi cambiamenti in tutti i campi: dai modelli organizzativi delle aziende, delle comunicazioni, fino al modo di vestire, di mangiare e di bere. Era la via americana al benessere e al consumismo.
(27) – Nei primi tempi la pubblicità degli spumanti si preoccupò principalmente di rappresentare il prodotto, la bottiglia, come nel manifesto del ’46 per “Martini Gran Spumante” di Armando Testa e in quello di anonimo
(28) – Per “Fontanafredda” del ’52. Nel 1959 il torinese Armando Testa, una delle teste pensanti della pubblicità del dopoguerra, produce un’onda che muove il mare piatto con il manifesto “Spumante Riccadonna”.
(29) – L’azienda canellese, che in seguito dirigerà tutte le sue campagne sul President, uno spumante secco, anziché rappresentare il prodotto adotta questa strana trottola con papillon e cilindro. Una linea rossa a metà tra la stella filante e il tratto usato nei fumetti per suggerire la rotazione rappresenta il movimento e l’effervescenza.
(30) – Nel ’60 “Cora Asti Spumante” usa una bombetta come vassoio del ghiaccio per contenere la bottiglia. Le stelle filanti spezzano la monocromia e suggeriscono la festa.
(31) – Lo studio Sigla continua nel 1965, con il manifesto “Brindate Asti Gancia”, ad abbinare l’Asti alla festa. In quegli anni la Gancia riuscì anche a ingaggiare l’attore romano Alberto Sordi per un suo Carosello. La televisione prende piede e diventa lo strumento delle più grandi e popolari campagne pubblicitarie. Merita una citazione la serie “Sempre più in alto” che vide Mike Bongiorno sulle più alte vette delle Alpi per pubblicizzare la canellese grappa Bocchino.
(32) – Arriva un altro manifesto sorprendente. Con il famoso ’68 Cinzano lancia uno spumante monodose col manifesto “Junior Asti” di Guido Crepax. La ditta sceglie dalle pagine di Linus il più famoso dei fumettisti italiani, l’autore di Valentina, spregiudicato simbolo dell’anticonformismo, per illustrare una festa di giovani “capelloni” che ballano e suonano la chitarra, bevendo l’Asti con la cannuccia. Oggi le strategie sono ancora cambiate, il prodotto vino sembra mantenere un senso nel mercato solo se valorizza le proprie radici unendosi al territorio e alle sue particolarità: storia, gastronomia, tradizione e paesaggio. Un pacchetto in cui il vino non è più solo un prodotto “aziendale” ma una componente dell’offerta turistico-culturale.
(33) – In questo paesaggio individuato dall’Unesco come 50° sito italiano patrimonio dell’umanità, Bosca col manifesto “Nuova luce alle cattedrali” del 2015, propone la visita alle proprie storiche cantine con un nuovo sistema di illuminazione che ne valorizza l’aspetto imponente e suggestivo. Il manifesto è stato realizzato dall’autore di questo viaggio tra i colori delle bollicine, che è stato anche il curatore con Pier Sergio Bobbio della mostra voluta l’anno scorso dal Club per l’Unesco di Canelli (presidente Simona Chiarlo Depaoli) ospitata in alcune delle principali aziende canellesi e dedicata alla storia dei manifesti dello spumante. Proprio il riconoscimento Unesco potrebbe stimolare la nascita a Canelli di un polo di documentazione che unisca e metta in rete i singoli musei aziendali, con l’obiettivo di far conoscere di più e meglio il patrimonio di opere e idee sviluppatosi nei decenni attorno allo spumante.
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