«Sono un ragazzo cosmopolita». Si descrive così Luca Zuccaro, “Luke Sugar” per gli amici di Facebook. Nel 2010 è stato colpito dal mal d’Australia e si è felicemente rassegnato a vivere nel mondo al di sotto dell’Equatore. Ventisei anni, laurea in giornalismo, risiede e lavora a Perth, una della città più vivaci dell’Australia Occidentale, affacciata sui fondali cristallini dell’Oceano Indiano. Luca, dopo varie esperienze, è ora manager di un caffè-ristorante di tendenza nel centro della città, il “Sayers Sister”. Lavora e organizza l’attività del locale che movimenta un milione di dollari australiani l’anno.
Che bambino sei stato?
«Ho sempre voluto mettermi alla prova e fare nuove esperienze. Ho passato molto tempo in asili e dopo-scuola dal momento che i miei genitori erano impegnati con il lavoro. Ho avuto un’infanzia che definisco comunque grandiosa, trascorsa in compagnia dei miei amici». La formazione scolastica è segnata dal Liceo Classico Vittorio Alfieri e dalle «interminabili versioni di latino e greco». Poi Luca si iscrive alla facoltà di Scienze politiche (Studi Internazionali) all’Università di Torino. Frequenta per un paio di anni, sostiene esami, ma presto capisce che quella non è la sua strada. Nel 2007 scopre per la prima volta la terra dei canguri, vacanza studio di un mese viaggiando tra Sydney, Cairns, Uluru (Ayers Rock) e Perth. È amore a prima vista, «uno di quegli amori che possono nascere tra un uomo e la sconfinata bellezza di un territorio che è ancora in gran parte selvaggio». Ritorna in Australia nell’estate del 2010 con l’idea di trascorrere un paio di mesi lavorando e affinando la conoscenza dell’inglese. I due mesi diventano tre. Sul volo di rientro in Italia Luca capisce di essere stato contagiato dal mal d’Australia. Dopo aver considerato varie opzioni, decide di iscriversi alla Curtin University of Technology di Perth per studiare giornalismo, una delle sue grandi passioni ereditata da papà Ercole.
«È stata un’esperienza sensazionale. Ho studiato con professori provenienti da Singapore, Londra o Nuova Delhi. Ho partecipato a conferenze e workshops con giornalisti di fama internazionale, ho avuto accesso illimitato a ogni tipo di strumento multimediale: dal futuristico studio televisivo, alla stazione radio, dallo studio di registrazione alla newsroom. Il laboratorio multimediale aveva uno schermo da 80 pollici con accesso 24 ore su 24 ai maggiori network mondiali». Nel giugno 2013 Luca vince una borsa di studio che gli consente di trascorrere due settimane alla Fudan University di Shanghai. Lavora nella stazione televisiva Channel 7, ha l’opportunità di fare uno stage a Melbourne in un giornale telematico con interesse in politica e business. «Ho studiato un giornalismo diverso da quello praticato in Italia – racconta Luca –, un giornalismo più attento alla notizia e meno al sensazionalismo. Meno retorica, meno opinionismo. Mi è rimasto impresso quello che mi disse Ian, editore di un giornale olandese, al lounge bar dell’aeroporto di Dubai: «In Italia si crea una storia sulla notizia, mentre il bravo reporter riporta quello che accade. Può sembrare banale, ma è dannatamente vero».
In attesa di trovare un lavoro stabile nel mondo dell’informazione Luca non ha perso tempo e si è dedicato alla sua seconda grande passione: la buona cucina e il buon vino. Lavora come manager nel locale Sayers Sister, a Perth, 18 persone in sala e 7 in cucina. Gestisce il personale di sala e gli acquisti. «La mia giornata tipo inizia alle 5.37 del mattino. Lo dico con precisione perché ho fissato la sveglia a quell’ora, se posso faccio una veloce passeggiata sulla spiaggia con la mia compagna e con il nostro cane Bolli. È stupendo vedere l’alba. Apro il locale alle 7 e la “battaglia” ha inizio. Ho calcolato che in 8-10 ore percorro circa 10 chilometri tra i tavoli, assicurandomi che il servizio sia impeccabile. È un lavoro molto stressante mentalmente e fisicamente, ma non potrei immaginarmi a fare altro in questo momento della mia vita. La giornata lavorativa si conclude generalmente tra le 15 e le 17. C’è il tempo per un piccolo aperitivo e una buona birra artigianale fresca d’estate, o un bicchiere di rosso in inverno. Una passeggiata sulla spiaggia o una nuotata nell’oceano».
La cosa che ami di più e il difetto peggiore dell’Australia e degli australiani…
«La cosa che amo di più è la natura. Il difetto peggiore è come guidano».
Come si mangia e come si beve?
«Si mangia bene e si beve meglio. Sta nascendo una cultura sul buon cibo molto attenta al tipo di risorse che vengono utilizzate. L’Italia è campione in questo settore, ma devo ammettere che l’Australia sta facendo passi da gigante».
Che cosa ti manca di più di Asti?
«Di Asti mi mancano le colline e le vie del centro. Mi mancano le emozioni e le sensazioni legate al posto, ma non ho mai la classica nostalgia. Ci sono alcune cose che non possono mancarti quando sono parte di te. Asti è la mia città natale nella quale ho trascorso finora la maggior parte della mia vita. Ma il mondo che voglio conoscere va al di là delle antiche mura».
Tantissimi giovani italiani vorrebbero trasferirsi in Australia o comunque fare un’esperienza di vita e di lavoro lì: tre consigli utili, tre errori da evitare…
«Un consiglio utile potrebbe essere quello di ascoltare tutti ma “non dare retta a nessuno”. Quindi ascoltare i consigli di persone che hanno più esperienza e hanno commesso sbagli, ma fare di testa propria. Il secondo consiglio riguarda l’organizzazione. Bisogna avere una sorta di piano o obiettivo da raggiungere. Potrebbe essere migliorare l’inglese o visitare il paese in un camper. Il desiderio deve essere pianificato affinché si possa realizzare. Infine, lavorare sodo. Evitare di fare il bagno in acque infestate da squali, coccodrilli o meduse. Evitare di infilarsi subito le scarpe dopo averle lasciate per una notte fuori all’aperto, i ragni sembrano adorare le scarpe».
I tuoi prossimi obiettivi e i sogni nel cassetto
«Ritorno ad Asti almeno una volta all’anno. Ora la mia vita è qui in Australia. Ho molti desideri e progetti da realizzare. Accarezzo l’idea di poter trascorrere il resto della mia vita veleggiando tra le isole del Pacifico, ma ci vorranno almeno dieci anni per questo».