La fine dell’Ottocento è un periodo di grandi trasformazioni e scoperte che oggi definiremmo “nuove tecnologie”. Cambia anche il modo di viaggiare. Oltre al treno sta diventando popolare la bicicletta, nei primi tempi giudicata “sconveniente” per le donne e si afferma tra i più facoltosi l’automobile. Cresce anche il turismo e nascono i club, come il Touring, che propone resoconti di viaggio fornendo informazioni sulle caratteristiche territoriali e sociali dei luoghi, con elementi di tradizione folcloristica.
E se chi viveva in campagna raramente sentiva la necessità di attrezzarsi con mezzi di locomozione più “moderni” e rapidi (i tempi della vita rimanevano vincolati ai ritmi delle stagioni), in città appariva evidente l’interesse a essere più dinamici, come testimoniano numerose inserzioni sui giornali astigiani a partire dal 1870. In quell’anno su Il Cittadino appare il seguente annuncio riferito alla vendita di calessi: «Varie vetture di lusso ben costruite, d’ultimo gusto da vendersi presso il negozio in Sellerie Davico Felice, in via Maestra, ad Asti». E sempre presso la suddetta bottega, si offrivano «velocipedi a prezzi modicissimi, garantiti dalle migliori fabbriche». Ovviamente per trainare quelle vetture servivano cavalli e allora ecco, sempre sul Il Cittadino offerte del tipo: «cavallo di cinque anni di razza ungherese con ampie guarantigie, per sella o per vettura».
Si coglie anche l’evoluzione grafica delle “reclam” che iniziano ad abbinare ai semplici box di testo elementari disegni e caratteri più o meno articolati. Tra gli annunci di prodotti farmaceutici, ecco la riproduzione di una scatola di pastiglie «per la tosse a base di tridace, utili per bronchiti, mal di gola e catari polmonari», venduta al prezzo di una lira, illustrata con uno spartano ma efficace effetto 3D. Anche i caratteri tipografici hanno un’evoluzione: accanto ai semplici grassetti la presentazione grafica si arricchisce di lettere di grandezza differente, allora ottenute da caratteri mobili incisi nel legno e solo in un secondo tempo fusi a piombo.
È il caso di una pubblicità del 1871 per la vendita di un «bigliardo in buonissimo stato con i relativi accessori, reperibile a Porta Pietro in piazza del Seminario». Altrettanto interessante e indicativa della maggior disponibilità di tempo e denaro e dell’evoluzione dei gusti sul livello medio-alto, è la comparsa di alcuni annunci, a partire dal 1865, di messa in commercio di armi e polveri da sparo destinate alla caccia, da intendersi non più solo come mestiere o mezzo per procurarsi cibo, ma come passatempo non esclusivo delle classi più ricche.
Presso Borio Marcello si vendevano anche «pistole, fucili Lèfaucheaux, carabine Flobert per uso sala e giardino, oppure assortimento di Revolver da 40 a 100 lire» mentre «nell’antica polveriera municipale e governativa di Asti, erano disponibili, solo all’ingrosso e comunque a prezzo competitivo, polveri da caccia e da mina in barili e scatole, oltre che pallini e capsule». Di pari passo, anche l’abbigliamento adeguato all’attività venatoria cominciava ad avere il suo mercato, e si legge tra le pagine de Il Cittadino, nell’aprile 1872, «un avviso pei cacciatori. Mercante sarto Felice Galle’ sotto i portici Anfossi, oltre l’assortimento di abiti fatti tiene pure giacche così dette Cacciatore a prezzi moderati».