venerdì 24 Ottobre, 2025
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Dalla “nera” di provincia al giornalismo finanziario di Hong Kong

Riccardo Ghia ama le investigazioni come il nonno maresciallo

L’istinto indagatore, talvolta, si imprime nel Dna, come il colore dei capelli e quello degli occhi. Riccardo Ghia ne è la prova. Dal nonno maresciallo di polizia e dallo zio, scrittore e giornalista, ha ereditato la passione per la ricerca della verità, la voglia di “andare fino in fondo” oltre le apparenze e le convenienze. Riccardo, 30 anni, vive stabilmente a Hong Kong dall’estate scorsa. È senior reporter dell’agenzia di informazioni finanziarie Mergermarket. Dai primi passi come cronista di “nera” ad Asti alla porta finanziaria del Celeste Impero. Ha fatto strada e non solo in fatto di chilometri. 

«Il mio primo approccio con la carta stampata – racconta da Hong Kong – nasce come dovere di nipote verso Mario Monticone, ex maresciallo di polizia. Quel nonno “maresciallo” continuava a ripetermi di seguire le orme di uno dei suoi fratelli, Gigi Monticone, che era stato politico democristiano e giornalista in un periodo in cui queste professioni non erano ancora paragonate al mestiere più antico del mondo. Lo zio Gigi, morto prematuramente, aveva uno status quasi leggendario all’interno della nostra famiglia e non solo. Un attivista intransigente, passionale, onesto fino al midollo». (Vedi Astigiani n 4, pag. 79)

Con la mamma Clara il giorno della laurea alla Penn University

Nel marzo 2004 Riccardo, insieme a un gruppo di amici, comincia a pubblicare il mensile No Quarter, un magazine sulla musica emergente e indipendente italiana che organizza anche eventi in città, ma l’amore per il giornalismo scocca quando inizia “a rimestare nel torbido” . «Il tribunale di Asti offriva un repertorio vasto di cose da raccontare. Oltre alle solite brevi sullo spacciatore, truffatore o prostituta di turno, c’erano i fatti “pesanti.” Stupri, violenze su minori, traffico di armi e di droga, corruzione, crimine organizzato, traffico di rifiuti tossici e radioattivi». Asti diventa stretta per le legittime aspettative di Riccardo che nel 2007 (dopo due anni spesi a perfezionare l’inglese) decide di trasferirsi negli Stati Uniti per frequentare il corso di giornalismo alla Penn State University (Pennsylvania). Si laurea con una tesi sulla criminalità dei “colletti bianchi” in Italia. Dagli Usa vola a Londra per un master in giornalismo internazionale alla City University, che è anche il motore del Bureau of Investigative Journalism, prestigiosa istituzione con cui inizia a collaborare. Due settimane dopo l’esame finale del Master (agosto 2011), Riccardo viene assunto da Mergermarket, un’agenzia stampa finanziaria per investitori istituzionali e professionisti dell’M&A (fusioni e acquisizioni), quali banche d’investimento e private equity. La chiamata arriva dopo il semplice invio del curriculum, e il posto fisso a novembre 2011. Mergermarket – al tempo parte del Financial Times Group, che lo ha venduto al private equity BC Partners per 623 milioni di dollari un anno fa – è nata nel 1999 e oggi ha più di 800 dipendenti. Tre tipologie di professionisti collaborano alla creazione del contenuto: giornalisti, analisti e ricercatori. Il quartier generale è a Londra, dove lavorano 200 persone; Hong Kong è l’hub per l’Asia e New York per le Americhe. «Produciamo informazioni su cui i nostri lettori possono costruire immediatamente o quasi opportunità di business. A Londra seguivo il settore industrial (automotive, aerospace, automation, electronics) in particolare in Italia, Francia e Regno Unito, su mia richiesta, a giugno sono stato trasferito a Hong Kong. Al momento mi occupo di notizie e rapporti tra la Cina e l’Europa. Il mio lavoro non permette molta sperimentazione dal punto di vista stilistico, ma è protetto da interferenze esterne contrariamente a quanto avviene regolarmente con le testate generaliste, incluse quelle economiche nazionali e internazionali. Tanto per capirci, non abbiamo pubblicità, né altri condizionamenti esterni sul nostro mezzo di informazione». La passione per il giornalismo investigativo è proseguita fino al gennaio 2013: «Come freelance per due anni ho investigato sul traffico d’organi. Ho lavorato sul caso di Xavier Gautier, collega di Le Figaro morto in misteriose circostanze nel 1996, sul Kosovo e su altre situazioni analoghe. Tuttavia, ho compreso che non c’è una volontà politica o editoriale di affrontare seriamente questi temi e quindi, a malincuore, ho dovuto fermarmi», spiega Riccardo.

Con quali strumenti lavori?
«Telefono, email, banche dati, inviti a cena, molta faccia tosta e un po’ di ironia». 

Con il nonno Mario

Quanto contano i social network nel tuo lavoro (quali canali usi) e che tipo di restrizioni sono tuttora presenti in Cina? Valgono anche per Hong Kong?

«Hong Kong non è soggetta alle restrizioni della Cina continentale e la stampa è libera quanto in Occidente. È una delle città più sicure al mondo, e lo è rimasta anche durante le recenti proteste. I cinesi, dopo Tiananmen, hanno corretto il tiro. Nella Cina continentale ci sono ancora molte restrizioni verso i media ma noto una lenta ma costante tendenza verso la liberalizzazione».

Dal tuo osservatorio ritieni che l’Astigiano sia appetibile per il mercato asiatico? 

«Ci sono le potenzialità: per esempio trasformare i nostri castelli in risorse alberghiere e dell’entertainment. Ma non vedo la volontà o la capacità di seguire il modello francese, in cui molti cinesi hanno voluto investire. Dal punto di vista finanziario le imprese del settore vitivinicolo in Veneto e in Francia sono avanti anni luce rispetto a noi astigiani. L’Asti Spumante si sta muovendo a Shanghai, ma abbiamo ancora tanto terreno da recuperare». 

Che cosa ti manca di più di Asti? 

«Le nostre colline e le Alpi che le fanno da sfondo. Il piacere di essere in mezzo alla campagna a 10 minuti di auto. Il colore rosso dei nostri tetti e l’alternanza di mattone e arenaria sui nostri palazzi e chiese medioevali. Il sapore e i profumi dei nostri mercati». 

Torneresti a vivere e lavorare in Italia? A quali condizioni?

«Purtroppo l’Italia non offre grandi prospettive. Le aziende che tengono duro con l’export e anche i cittadini più capaci sono comunque svantaggiati a causa di un regime fiscale altamente penalizzante e di una burocrazia disfunzionale. Mi piacerebbe portare in Italia parte di quel know-how e bagaglio di esperienze che ho accumulato all’estero per dare il mio contributo al Paese, ma al momento non penso ci siano i presupposti».

La Scheda

L'AUTRICE DELL'ARTICOLO

Roberta Favrin

Astigiani è un'associazione culturale aperta, senza scopo di lucro, che ha bisogno del sostegno di altri "Innamorati dell'Astigiano" per diffondere e divulgare la storia e le storie del territorio.
Tra i suoi obiettivi: la pubblicazione della rivista trimestrale Astigiani, "finalizzata alla raccolta e diffusione di informazioni e ricerche di storia e cultura astigiana dal passato remoto a quello prossimo, con uno sguardo al presente e la visione verso il futuro (dallo statuto), la raccolta di materiale per la creazione di un archivio fotografico, video e documentale collegato al progetto "Granai della memoria", la realizzazione di presentazioni pubbliche e altri eventi legati al recupero della memoria del territorio.

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