Nella cassetta postale di piazza Medici 22 il postino recapitava curiose cartoline dipinte, provenienti da Francia, Spagna o dall’altro emisfero. Tra i mittenti, Guido Ceronetti scriveva da Cetona il 16 aprile 2005: «Gentile Annibale Bianchi, un paio le gradirei in bianco sul retro per farne omaggio postale, poiché cerco di fare un pochino anche la felicità delle persone amiche… ».
Variegata e ironica, la corrispondenza era puntualmente catalogata e archiviata, tra tavoli e scaffali densi di libri, cataloghi d’arte, tele e supporti in masonite. La produzione postale di Annibale Carlo Bianchi, sensibile cultore delle avanguardie storiche, si avvia dagli Anni Settanta, nella condivisione di intuizioni poetiche e frammenti pittorici con artisti e amici intellettuali, nel nuovo e arioso studio affacciato sulla Torre Troyana, nel cuore di Asti.
La vicenda artistica di Bianchi, diplomato geometra ma appassionato di pittura, inizia nel Secondo Dopoguerra, con la partecipazione al Premio Nazionale “V. Alfieri” nel 1959, alle esposizioni del “Gruppo Tangenze” ad Asti e a Casale Monferrato (1962).
Nel 1963, stringe amicizia con l’estroso albese Pinot Gallizio, con cui conduce esperienze materiche, che confermano la sua vocazione. Coltiva la ricerca espressiva presso l’Antica Certosa di Valmanera, in locali adibiti a mostra permanente di quattordici opere, eseguite a collage, con interventi a olio e tempera su tela, tra il 1965 e il 1969. Sollecitato dai critici Renzo Guasco, Aldo Passoni e Lucio Cabutti, espone in personale a Torino (Galleria Triade, 1971; Spazio Campobase 1976), a Milano (Galleria Il Giomo, 1972), a Trento (Galleria 2 Effe, 1973).
Ritagli di giornale, manifesti pubblicitari, carta e frammenti di tessuto macerati in impasto a olio e acrilico su supporti casuali si stratificano in “assemblage”, sperimentazioni polimateriche dal vellutato tattilismo. Ciascuna composizione è attentamente costruita per apposizione di tonalità cromatica e ritmo spaziale, ciascun frammento, utilizzato fuori dal contesto originario, si rigenera nella nuova dimensione immaginata da Bianchi.
Viaggiatore esigente e raffinato collezionista, Bianchi soggiorna in Provenza e negli Stati Uniti. Durante il decennio Ottanta partecipa a rassegne di mail-art a Parigi, San Paolo del Brasile, Osaka, cogliendo con armonica allusività l’importanza della comunicazione, tra messaggio virtuale contemporaneo e retaggio estetico d’avanguardia futurista e surrealista.
Il gioco creativo lo appassiona, con interventi sempre originali, densi di citazioni e contrastanti riletture iconografiche, dalle “Lettere- giornale” alle “Cartoline Uniche” di Tullio Crali, attivo dagli anni Trenta agli Ottanta, fino alle tendenze alternative postali statunitensi. Il decennio Novanta si apre alla “postal tanguera”, vivace rivisitazione delle canzoni popolari dell’America Latina, dove emigrarono suoi lontani parenti astigiani.

Ritmiche e danzanti “tangoline” si rincorrono, giorno dopo giorno, nello studio-attico, sotto l’imbronciato cielo astigiano, nell’emozionante avventura argentina, tra il progetto di un ormai irrealizzabile viaggio e un più probabile progetto espositivo, condiviso con la sorella Luisa e con l’antico amico fotografo Enrico Cantelli.
Nella ricorrenza del centenario della nascita di Annibale Bianchi, l’ideale e tenace recupero di memorie scritte e trame visive rivela l’attualità di un linguaggio creativo singolare, moderno strumento di conoscenza del mondo e sensibile filtro di icone perdute.










































