L’esclamazione ricorda i fanatici che uccidevano i cristiani nelle Filippine del primo Novecento
Giuramentu! è un’esclamazione tipica del piemontese. Ma è anche un termine con cui si identifica una persona intrattabile, prepotente, arrogante (At peuri nen rasunè con in giuramentu parej! Non puoi ragionare con un tipo simile!), oppure, bonariamente, rivolto a un bambino che non sta mai fermo, disubbidiente, dispettoso (Che giuramentu d’in mat!, Che bambino ingestibile!). Sembra incredibile, ma l’origine di questo vocabolo arriva dalle Filippine, quell’immenso arcipelago dell’oceano Pacifico composto da 7107 isole. Colonia spagnola per oltre tre secoli, questo territorio si ribellò a Madrid nel 1896 e due anni più tardi proclamò l’indipendenza e costituì la repubblica. Ma nel frattempo la Spagna, uscita sconfitta dalla guerra contro gli Stati Uniti, con il trattato di Parigi del 1898 cedette il controllo delle Filippine ai vincitori. I padroni di casa non riconobbero l’accordo e il governo guidato da Emilio Aguinaldo dichiarò guerra agli Usa. Il conflitto si concluse ufficialmente nel 1902 con la cattura del presidente filippino, ma gli scontri proseguirono fino al 1913, soprattutto nell’area di Sulu e di Mindanao, popolata da musulmani, e tristemente famosa per le gesta cruente dei Moros Juramentados: si trattava di fanatici che avevano prestato giuramento (juramentar) e si erano votati alla distruzione dei cristiani anche a prezzo della propria vita. Una evidente similitudine con il terrorismo dei nostri anni.
Addestrati per la missione che dovevano compiere, imbottiti di droghe e armati solo di qualche coltellaccio da giungla, si scagliavano urlando contro le colonne americane (così come in passato contro le truppe spagnole), riuscendo a uccidere anche due o tre soldati prima di essere abbattuti. Sembravano insensibili alle pallottole, continuavano ad avanzare benché coperti di ferite, spesso il loro apparire faceva scappare i soldati più inesperti. Pare che la Colt 45 M1911 sia stata creata su specifica dell’esercito americano che necessitava di un’arma più efficace di quelle in dotazione, che non riuscivano a fermare uno di questi assatanati con un solo colpo. Questi fatti accesero la fantasia creativa di Emilio Salgàri, il “padre” di Sandokan, veneto di nascita, ma piemontese di adozione (visse a Torino, in corso Casale, dal 1898 fino alla morte per suicidio, nel 1911), che pubblicò il romanzo Le stragi delle Filippine. Le disperate imprese dei juramentados finirono anche sui giornali italiani. Commentando questi fatti di cronaca, nei bar e caffè piemontesi si cominciò a usare l’abbreviazione giuramentu (“Ma uarda luca cumbìn-u si giuramentu!”, “Ma guarda che cosa combinano questi giuramentu!”) per definire quei forsennati, fino a quando l’espressione non entrò nel linguaggio corrente, tanto che dalle nostre parti questo termine si usa ancora oggi per indicare un satanasso con cui è meglio non avere a che fare.