Mamma Giuseppina cantava. Papà Ernesto suonava la batteria e la fisarmonica, il fratello Gianni la tromba. Poi c’era zio “Carlin”, trombettista pure lui. In casa tanti spartiti da scoprire e dischi da ascoltare. Nell’istantanea musicale della famiglia Bogliano, Franco non poteva certo mancare: «Gianni mi disse di provare a suonare il trombone: quello avevamo in casa e quello potevo provare. Ho iniziato a 9 anni, all’istituto di musica Verdi di Asti, prima con il maestro Bosi poi, tre anni dopo, con Giacomo Zoppi, di Rocchetta». Ed è con il maestro Zoppi, allora primo corno dell’orchestra Rai a Torino, che Franco Bogliano passa allo studio del corno francese. Con l’approccio al nuovo strumento, anche il trasferimento al Conservatorio Vivaldi di Alessandria: «Così mi sono diplomato in corno francese nel 1976 – racconta Franco. – Ricordo con affetto gli anni del Conservatorio e gli incontri con compagni di corso che sarebbero poi diventati famosi: penso a Marcello Rota, Bruno Tornato, Davide Passarino». Sono gli anni degli studi, delle suonate con l’amato fratello Gianni, che oggi non c’è più, ma che resta amico e collega di tanti musicisti e non solo astigiani.
Il ricordo del Conservatorio con i compagni diventati famosi
Sono anche gli anni dei concerti sui palchi di teatri “classici”: dopo il diploma, Franco Bogliano entra nelle file dell’Orchestra Rai e del Teatro Regio di Torino tra gli “aggiunti”. Suona il corno francese dal ’74 all’89, anche con le orchestre Regio di Parma, Carlo Felice di Genova e altre. Calca il palcoscenico di tanti teatri e dell’auditorium di Torino, dove incontra grandi della classica.
Di quei concerti conserva ancora opuscoli e programmi di sala: il suo nome compare nell’elenco dei musicisti, evidenziato in giallo, «così mi ritrovo tra tutti questi nomi». Passa il tempo, ma restano indelebili i ricordi, così come le registrazioni sonore e video dell’Orchestra Rai, trasmessi ancora oggi sui canali tv. «È capitato di ritrovarmi in televisione – racconta – nei video di quegli anni». Ma non è solo questione di immagini, è questione di cuore: «Suonare all’auditorium è una grande emozione, la musica ti passa attraverso. Emozioni impagabili, come quelle vissute sui palchi europei: con l’orchestra Rai ho suonato a Parigi e Vienna, in Sardegna come a Venezia, al teatro della Fenice prima che bruciasse».
Ci sono la bellezza e la magia di palchi culle della musica, ma anche gli incontri con artisti straordinari come Giuseppe Sinopoli, Severino Gazzelloni, Uto Ughi. «Tante grandi personalità, nomi che solo a pensarli ti mettevano soggezione e che invece, una volta incontrati, si dimostravano persone disponibili».
Tante prove e tanti concerti mettono Franco di fronte alla difficoltà di conciliare il doppio impegno tra l’orchestra e il lavoro nella bottega di famiglia. La scelta — che vede ancora oggi Franco Bogliano nello storico negozio di piazza Statuto sotto i portici verso via Cavour, contitolare con il figlio Alessandro (l’altro figlio, Fabio, è ingegnere) — non ha mai escluso la musica. Suonare è una passione irrinunciabile, da sempre: «Devo moltissimo del mio bagaglio musicale a Gianni». E infatti, le tappe sonore restano tante, eclettiche e diverse. All’inizio degli anni ’90, Franco si avvicina al flicorno su consiglio proprio del fratello Gianni, «per adattarmi a sonorità più vicine al blues e al rock». Nello stesso periodo si apre anche la “stagione” delle band, più o meno “big”. Franco è il flicorno della Cerot Band di Aldo “Cerot” Marello (dagli inizi fino al 2012) e della New At Jazz Band, passando per la collaborazione con i Fiati Pesanti, la big band diretta da Alberto Mandarini e i Soul Power, senza dimenticare i trascorsi più vicini alle sonorità country imbracciando il basso con i CSN & Booyoun’.
Con gli Stregatti tra gli ultimi a salire sul palco del Winter Garden
Prima di quelle esperienze, gli indimenticabili anni degli Stregatti: «Era il gruppo di Mario Peccheneda e di mio fratello. Noi, invece — io e Giuseppe Peccheneda — eravamo gli Stregatti Junior, i fratelli più piccoli: avevo meno di 12 anni ed ero sul palco con gli altri Stregatti Junior, ingaggiati per aprire il concerto dei senior. E siamo anche stati tra gli ultimi gruppi a salire sul palco nella stagione finale del Winter Garden. Era l’inizio degli anni ’70». Oggi Franco Bogliano suona tutto, «tranne il sax e gli strumenti ad ancia». E visto il curriculum, non potrebbe essere diversamente. Nell’ottobre 2013, il primo passo di un nuovo percorso sonoro, nato da un’idea dell’amico Vincenzo Penna, che tutti conoscono come “Piuma”. È Piuma a lanciare la proposta: «Franco, perché non raduni un po’ di musicisti-amici per un concerto dedicato a Gianni?».
Dalle parole alle note, il passo è breve: «L’Iso Big Band nasce così, da una riunione musicale proprio per ricordare mio fratello Gianni» racconta Franco, che oggi continua il suo percorso con un repertorio jazz, ma più legato al rock e al blues: «Il jazz puro meglio lasciarlo ai professionisti, per privilegiare sonorità a me più vicine». Iso sta per Improbable Small Orchestra, ovvero una “improbabile e piccola orchestra”, che tanto piccola non è: è una big band formata da 22 musicisti d’esperienza, e tra i tanti c’è anche il nipote Paolo Bussa, figlio della sorella Elisa. Nella Iso “militano” una ventina di artisti provenienti da diversi gruppi astigiani, capaci di spaziare nei generi tra jazz, funky, blues e soul, tra composizioni dalle sonorità proprie delle big band e omaggi alle voci e ai grandi del jazz, fino ad arrangiamenti in chiave più contemporanea. Nella Iso, Bogliano ha la doppia veste di direttore e musicista, con il suo inseparabile flicorno.