Chi passa nell’atrio del municipio di Asti, in piazza San Secondo, potrebbe scorgere, alzando gli occhi, una strana pietra incastonata in alto. Ai più potrà apparire misteriosa, ma fino a metà dell’Ottocento una funzione precisa e rilevante l’ha avuta.
Riportava le misure “ufficiali”. Un parametro concreto per evitare brogli e discussioni. Quel blocco di pietra quadrato di circa un metro di lato e con uno spessore di 15 centimetri riporta le varie misure dell’epoca, diverse da zona a zona, prima dell’Unità d’Italia e prima dell’introduzione del sistema metrico decimale, stabilito nel 1875 dalla Conférence générale des poids et mesures.
In alto campeggia lo stemma del Comune, subito sotto compare un “buco” rettangolare, quindi sono incisi tre solchi di diversa lunghezza, mentre in basso si vede un altro incavo di forma trapezoidale. Le lettere accanto a ogni segno sono delle abbreviature e non sono più perfettamente leggibili a causa delle numerose dipinture successive. “Mo” sta per “mun” (mattone) e in quel buco, di cm. 14 x 30, dovevano entrare esattamente i mattoni fabbricati nelle fornaci locali che venivano prelevati “a campione” dai verificatori comunali “Ro” sta per “raso” ed era la lunghezza del raso piemontese corrispondente a m.0,6001. Il raso era anche una misura molto usata dai commercianti di stoffa che, per comodità, lo intendevano come la lunghezza dalla punta del gomito alla punta del mignolo. La seconda misura (da leggersi “pa”) indica probabilmente il “passo di trabucco” piemontese, cioè un quarto di trabucco, mentre quella più lunga, di circa un metro (indicata con T 3°), era il terzo del trabucco piemontese, che valeva metri 3,0864 e che corrispondeva a sei piedi. In basso figura chiaramente il coppo (Cop), che misurava 48 centimetri di lunghezza, 25,5 di larghezza in cima e 13,5 in fondo. In quell’incavo si doveva verificare l’esatta corrispondenza del coppo, che doveva aderirvi il più perfettamente possibile.
Le tegole erano prodotte da molte fornaci astigiane, attive ancora nei primi decenni del Novecento. Oltre che in molti paesi, ad Asti ne erano attive due in corso Torino, una di proprietà Celoria e un’altra dei Bottino. In queste c’erano le maestranze toscane specializzate nel produrre mattoni e tegole. Altre fornaci a sinistra della statale per Torino in regione Canova prima del Palucco e in frazione Variglie, a Quarto, a Valgera e in località Poggio di Portacomaro.
Quella lastra di pietra ha cessato la sua funzione negli ultimi decenni dell’Ottocento, appunto dopo l’entrata in funzione del metro e delle misure “uni” stabilite con le leggi per uniformare le misure delle varie cose di uso comune.
Ora è incastonata nell’atrio del municipio. Non si hanno notizie su dove fosse collocata, né di quando sia stata rimossa. Ma va considerato che era certamente di poco elevata da terra per consentirne un’agevole utilizzo a chi doveva controllare la corrispondenza delle misure. La data del 1733 incisa sulla lesena dell’atrio non ha nulla a che fare con la pietra. Molto probabilmente ricorda la fine dei lavori, progettati da Benedetto Alfieri e iniziati nel 1727, con cui è stato trasformato il palazzo di impianto medioevale.