Sorriso accattivante, approccio informale, “smart” per usare un aggettivo alla moda. Claudia Ratti parla correttamente l’inglese e il tedesco, e coltiva un amore smisurato per la fisica teorica. Da dieci anni fa parte di quella nutrita schiera di scienziati che studiano i misteri della materia primordiale, quella che ha dato origine all’Universo. Ha lavorato per numerosi centri di ricerca in Europa e negli Stati Uniti, da due anni vive e lavora a Torino, come coordinatrice di un progetto di ricerca finanziato dal Governo italiano. Torna spesso ad Asti per vedere i genitori e gli amici, a cui è molto legata. La incontriamo in un caffè del centro per conoscerla e farla conoscere agli astigiani.
«La curiosità per la scienza me la porto dentro da quando ero bambina – racconta Claudia –, la passione per la fisica, per le leggi che regolano l’universo, è nata sui banchi del liceo scientifico.
Ho scelto poi la facoltà di Fisica, certa che mi avrebbe permesso di carpirne i segreti. Il Dipartimento di Fisica dell’Università di Torino è uno dei migliori in Italia, un ambiente molto stimolante. L’esperienza è stata così positiva, che dopo la laurea ho deciso di proseguire questo percorso, sempre a Torino col dottorato di ricerca, poi all’estero». Lavorando alla Technical University di Monaco di Baviera, Claudia, a soli 26 anni, ottiene risultati scientifici che la fanno conoscere a livello internazionale e le permettono di avere incarichi dapprima al Centro di Ricerche Europeo di Trento poi negli Usa. «La Germania e gli Stati Uniti investono molto di più nella ricerca di base rispetto all’Italia – segnala Claudia Ratti. Questo ovviamente ha un impatto sulle risorse che un ricercatore ha a disposizione: per fare un esempio, le simulazioni numeriche di cui mi occupo hanno bisogno dei supercomputer più potenti al mondo che fino a qualche tempo fa si trovavano solo in Germania e negli Stati Uniti. Solo recentemente l’Italia ha acquisito una strumentazione molto competitiva a livello internazionale, che mi consentirà di proseguire le mie ricerche anche qui».
A riportare Claudia in Italia – «scelta non facile, dopo tanti anni all’estero» – è stata una iniziativa dedicata ai giovani ricercatori: il progetto proposto dalla giovane scienziata astigiana è stato selezionato fra 4000 ed è rientrato tra i 100 finanziati dal Ministero dell’Istruzione nell’ambito del programma Firb Futuro in Ricerca, 2010-2014.
«Così – spiega Claudia – ho potuto creare il mio gruppo di ricerca al Dipartimento di Fisica di Torino, con il quale studio le proprietà del plasma di Quark e Gluoni, una nuova fase della materia che si raggiunge a temperature o densità elevatissime. Si suppone che l’Universo si trovasse in questa fase nei primissimi istanti dopo il Big Bang, quindi le mie ricerche hanno l’obiettivo, tra le altre cose, di far luce sulle origini dell’universo».
L’équipe guidata da Claudia è composta da sette persone: tre sono giovani studenti, gli altri sono ricercatori e professori che lavorano all’Università o per l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn). Oltre ad avere un accordo di partenariato con l’Università di Catania, che sviluppa alcuni punti del programma, l’unità di ricerca è strettamente collegata con il Cern di Ginevra. «Gli esperimenti di collisioni di ioni pesanti in corso all’LHC del Cern (si tratta del Progetto Alice che vede impegnati oltre mille scienziati sotto la guida del fisico torinese Paolo Giubellino, ndr) permettono di creare in laboratorio il plasma di quark e gluoni che è l’oggetto dei nostri studi – spiega la ricercatrice astigiana.
I risultati che otteniamo servono a interpretare i dati sperimentali, in altri casi siamo noi a proporre misure per verificare i nostri calcoli teorici. Questo rapporto così stretto fra teoria ed esperimento è possibile oggi per la prima volta in questo campo, da una parte grazie alla potenza dell’LHC, dall’altra grazie alla potenza di calcolo dei supercomputer che permettono di risolvere la teoria in maniera esatta».
Rimarrà in Italia alla fine del progetto?
«Il mio contratto si esaurisce con la fine del progetto. Spero di poter rimanere in Italia anche perché a Torino mi trovo molto bene e sono molto legata alle mie radici.
Torno spesso ad Asti, per vedere i miei genitori e gli amici più cari, ma anche per seguire le iniziative culturali, in particolare mostre e concerti».
Claudia coltiva sin da piccola la passione per il violoncello, strumento che ha studiato all’Istituto Verdi: «Vi ho trascorso anni molto piacevoli. Spero che la città continui a supportare l’Istituto che sicuramente rappresenta un’opportunità molto importante per i giovani astigiani». Così come il polo universitario: «Sostenere la ricerca è un buon investimento per la città, specie se si punta all’eccellenza», conclude Claudia Ratti. Val la pena di sottolineare che il gruppo di ricerca coordinato dalla scienziata astigiana non ha bisogno di grandi strumentazioni: una lavagna, molta concentrazione e una connessione veloce per l’accesso al supercomputer italiano e agli altri centri di ricerca sparsi in giro per il mondo.
Le schede
I segreti dell'HLC
Il Large Hadron Collider (LHC) è la macchina più grande del mondo. Serve a scoprire di che cosa è fatta la stragrande maggioranza della materia e dell’energia contenuta nell’Universo. Oggi sappiamo solo che esistono molta materia scura e molta energia oscura, ma non sappiamo di che cosa sono fatte. Ma LHC potrebbe scoprire anche l’esistenza di particelle supersimmetriche e spingerci a pensare che l’Universo non sia fatto delle sole quattro dimensioni che percepiamo (destra/sinistra, alto/basso, avanti/indietro, più la dimensione del tempo) ma di molte altre a noi invisibili, arrotolate su se stesse. LHC potrebbe “vedere” anche il famoso bosone di Higgs, la particella il cui campo permette a tutte le particelle di avere una massa. Insomma, questa macchina potrebbe aprire un’Era nuova. Un’Era che cambierà non solo la conoscenza scientifica ma anche, e profondamente, la percezione che l’umanità intera avrà dell’Universo in cui vive