giovedì 27 Novembre, 2025
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Gli anni d’oro del pugilato astigiano

Il sogno olimpico (sfumato) di Flavio De Osti che battè anche Nino Benvenuti

Le centinaia di appassionati accorsi qualche settimana fa al Palasanquirico per assistere all’evento che, dopo molti anni, riportava il pugilato di prima grandezza in città e che ha sancito la conquista, da parte di un ragazzo astigiano di origine nigeriana, del titolo di campione italiano dei pesi medi professionisti, ha richiamato alla memoria dei meno giovani la stagione d’oro del pugilato astigiano. Un periodo databile tra il 1946 e la fine degli Anni Settanta del Novecento.

L’impresa di Eliha Etinosa detto El Chapo ricorda infatti, considerando nella giusta misura il ben diverso contesto sportivo e sociale in cui i fatti accadono e accaddero, le vittorie, la passione, l’entusiasmo e la partecipazione popolare che videro alternarsi sul ring personaggi di grande spessore. Tanto per citarne alcuni, Remo Poggio, Remo Viarengo,
Aldo Nosenzo, Flavio De Osti, Ettore Garri, Salvatore Ingrasci, Adriano Bardella e Pasqualino Camera. Atleti che interpretarono al meglio la passione per la noble art, come la
definivano gli inglesi truccando un po’ le carte su quel “noble” che non si riferiva tanto alla nobiltà della disciplina, quanto a quella dei praticanti, negli anni dell’immediato dopoguerra e in quelli della successiva ricostruzione del paese.

Il pugilato fu, a metà del Novecento, una delle discipline di maggior richiamo nel panorama sportivo astigiano con decine di riunioni organizzate ogni anno, guadagnando sulla stampa
locale, e non solo, titoli che “aprivano” le pagine sportive. A riprova del favore di cui godeva la boxe, si possono ricordare le tante sedi di svolgimento degli incontri, alcune delle quali
piuttosto insolite, come il Teatro Alfieri, utilizzato per la prima volta nel 1940 e poi in diverse occasioni negli Anni ’50.

Ma molto frequentati furono spazi all’aperto e altri al chiuso dove veniva allestito il ring, come lo sferisterio di via del Bosco, la palestra del Circolo Way-Assauto, la Piazza del Mercato (oggi Campo del Palio), la piazza San Secondo, il Palazzo dell’Agricoltura meglio noto come Gimbarda (il retro della Casa Littoria, poi inglobato nel nuovo Palazzo della Provincia), addirittura il cortile dell’oratorio di San Pietro, e infine, il Palazzetto dello Sport di cui i pugili furono tra i primi utilizzatori.

Dal 1940 il ring montato anche al Teatro Alfieri

 

Ma andiamo con ordine. Quella fortunata stagione pugilistica inizia nella seconda metà degli Anni ’30, quando il regime fascista, promuovendo la pratica delle più diverse attività fisiche, fa sì che anche ad Asti, insieme a discipline mai praticate come la palla ovale o il pattinaggio  su ghiaccio, si pensi a tirare di boxe.

In quest’ottica si registra nel 1937 un incontro alla Casa Littoria tra i Comitati Federali di Asti e Aosta, una buona presenza ai Campionati Italiani Giovani Fascisti del 1939 (vittorie di Fassone, Montanella ed Alciati) e la già citata riunione all’Alfieri del ’40. Quest’ultima era stata tutto sommato poco significativa quanto ad esiti tecnici se non fosse una delle prime, se non la prima, occasione in cui combatté Remo Poggio, destinato a diventare l’uomo guida della boxe astigiana, un vero e proprio deus ex machina che presiederà, in più di una veste, a tutti gli avvenimenti pugilistici dei decenni che seguiranno.

Da sinistra, Ettore Garri, Adriano Bardella e Salvatore Ingrasci, tra i più promettenti pugili della scuola astigiana

Il talento di Poggio atleta e patron della boxe astigiana

 


Talento sportivo naturale, disputerà oltre cento combattimenti, ma sarà anche un valido calciatore vestendo, tra il 1947 e il 1950 nel ruolo di centravanti, le maglie di diverse squadre piemontesi, tra cui anche l’Asti di serie C.
In undici anni di carriera pugilistica conquisterà cinque titoli regionali (dai mosca ai leggeri) e per cinque volte sarà finalista ai campionati italiani dilettanti. Chiusa l’attività agonistica, diventerà istruttore e allenatore, un vero e proprio “maestro”, capace di forgiare senza soluzione di continuità nuovi talenti, ma anche di essere punto di riferimento per le società
di quegli anni, a cominciare dalla mitica Way Assauto alla cui nascita fornì un determinante contributo. In poche parole l’uomo che, insieme a Remo Viarengo, sarà il filo rosso della storia della boxe astigiana accompagnandone lo sviluppo per quasi tre decenni.
Remo Viarengo, nato alle Trincere, terra di campioni, a diciannove anni vantava già un palmarès di 14 incontri vinti su 16 disputati. Per due volte fu finalista ai campionati italiani, incontrando, tra l’altro, anche Aureliano Bolognesi, oro ad Helsinki ’52. Campione piemontese dilettanti nel 1952 e nel 1953 (welter leggeri), passò al professionismo con
un bilancio finale di 21 incontri di cui 16 vinti. Lasciato l’agonismo, si dedicò all’allenamento.
Torniamo alla storia. L’unica società attiva in Asti nel 1946-47 è, curiosamente, quella  allestita dall’Anpi (l’Associazione dei partigiani) nelle cui file tira il più forte dell’epoca, Ugo  Goia Fornaca che, dopo una brillante carriera dilettantistica, passerà professionista battendosi, in un incontro-esibizione, anche con il mitico campione europeo dei medi, Tiberio Mitri.
L’Anpi pugilato cessa l’attività nel 1948 passando il testimone all’Asti boxe che ha il suo alfiere nel peso massimo Armando Avati, campione regionale e finalista agli italiani. Il periodo non è dei più facili e un po’ d’ordine nell’ambiente verrà a metterlo nel 1950, per le
sue indiscutibili qualità organizzative e tecniche, la nascita della sezione pugilistica della  Way Assauto in cui tirano, tra gli altri, Viarengo e il giovane Aldo Lupo Nosenzo, campione
regionale pesi gallo nel 1951 e nel 1952.
In contemporanea apre anche una sezione pugilistica la Libertas – e così saranno per breve tempo ben tre le società astigiane in attività – a cui approda Uliano Squassino, argento agli
italiani welters.
Nel 1953 Viarengo passa professionista (16 vittorie e cinque sconfitte il suo record) per smettere nel 1955 quando al professionismo arriva Nosenzo che abbandonerà per motivi
di salute nel 1958. Intanto però si sono verificati un paio di eventi di grande importanza: è  nata la società Morando (allenatore Viarengo) che eredita i pugili della disciolta Asti boxe e nel 1957 irrompe sulla scena un terzetto di giovani destinato a far parlare molto di sé: Flavio De Osti, Ettore Garri e Salvatore Ingrasci.
Remo Poggio, a sinistra, dopo una vittoria del suo pupillo Flavio De Osti della Way Assauto. Tra i due si riconosce il giornalista Ugo Villa

I successi di Flavio De Osti, Ettore Garri e Salvatore Ingrasci

 

De Osti, scomparso nel febbraio dello scorso anno a 77 anni, fu più volte campione regionale, interregionale e “azzurro”. Ebbe concrete possibilità di andare alle Olimpiadi di Roma ’60, ma, come vedremo, non era destino. Nel dicembre del ’59, nel torneo preolimpico di Trieste battè perfino Nino Benvenuti (futura medaglia d’oro olimpica) e, dopo
aver dominato in finale Righeschi, viene però squalificato per colpo basso. Sarà convocato egualmente a marzo ’60 a un collegiale della Nazionale, dopo aver vinto il titolo regionale welter, ma a causa di serie complicazioni polmonari, dovrà fermarsi per molto tempo.

Farà la sua ricomparsa agonistica solo un anno e mezzo dopo, nel 1962, quando entra in
scena un altro elemento di spicco del pugilato astigiano, quell’Adriano Bardella che a novembre vince il titolo italiano novizi pesi medi. Nel 1964 De Osti è ancora tra i probabili olimpici (Tokio ’64) insieme a Bardella. Quest’ultimo però si infortuna e Flavio sta ormai pensando al professionismo a cui passerà a fine anno; dopo sette combattimenti senza sconfitte, arriverà qualche sconfitta e la carriera si concluderà nel 1967 dopo il matrimonio.

Garri, dopo una più che discreta carriera da dilettante, non avrà identico successo da professionista. La sua carriera si chiuderà drammaticamente nel 1966 quando le gravi ferite riportate in un incidente stradale – nel frattempo era diventato Vigile Urbano – ne causeranno la prematura scomparsa.

Infine Ingrasci. Instancabile motorino che, dopo una carriera di buon spessore da dilettante
con un’ottantina di incontri all’attivo, non si ritroverà nell’ambiente “pro” e chiuderà la
carriera sempre nel 1966, lavorando poi per decenni come custode alla Camera di commercio.
Mentre i tre si facevano strada nel mondo della boxe piemontese e italiana, nel 1963 si ebbe un per certi versi inatteso colpo di scena: la Way Assauto si scioglie e i suoi pugili passano in blocco, sempre agli ordini di Remo Poggio, alla “Ilio Baroni” di Torino che apre per l’occasione una sezione astigiana.

Un incontro tra vecchie glorie del pugilato astigiano degli Anni ’50 e ‘60: da sinistra, Remo Viarengo, Adriano Bardella e Flavio De Osti

Dalla Way Assauto alla nascita della Palmar boxe

 

l difficile momento viene superato due anni dopo quando, grazie all’imprenditore Gino Cravero, si costituisce, fondendo Morando e Ilio Baroni, la “Palmar boxe” sponsorizzata
dalla ditta di confezioni di corso Volta, che avrà in veste di allenatori la formidabile coppia Poggio-Viarengo e come primattore Pasqualino Camera, l’ultimo pugile di qualità superiore di quegli anni, ancorché particolarmente sfortunato nello sviluppo della carriera.

La Palmar ottiene numerosi successi (i suoi Bardella e Giglio Arri sono campioni piemontesi) tanto da essere considerata tra le prime società del Piemonte e, quasi a consacrazione di questa supremazia, Camera viene chiamato nel 1967 alla preolimpica di Firenze dove ottiene tre successi in tre incontri: la strada per Messico ’68 sembra più che aperta, ma Pasqualino sarà prima vittima di un infortunio, rinunciando così a una convocazione in  Nazionale, non avendo ottenuto il congedo da parte del datore di lavoro.

Malgrado tutto, sarà incluso nella squadra per le Olimpiadi, ma sul più bello arriva la cartolina precetto e dovrà partire per il servizio militare. Conquisterà ancora un bronzo ai campionati italiani del 1971 e nel 1972 passerà professionista senza grandi risultati. Con il
suo ritiro dall’agonismo, si spegneva pian piano fino a estinguersi del tutto, l’attenzione per la boxe e per i suoi campioncini (tra gli altri, Sorgon, Lamanna, Tumbiolo, Santalucia e Vicentini) che comunque continueranno a battersi ancora per qualche anno sotto le insegne di una nuova Asti boxe.

 

 

L'AUTORE DELL'ARTICOLO

Paolo Monticone

Astigiani è un'associazione culturale aperta, senza scopo di lucro, che ha bisogno del sostegno di altri "Innamorati dell'Astigiano" per diffondere e divulgare la storia e le storie del territorio.
Tra i suoi obiettivi: la pubblicazione della rivista trimestrale Astigiani, "finalizzata alla raccolta e diffusione di informazioni e ricerche di storia e cultura astigiana dal passato remoto a quello prossimo, con uno sguardo al presente e la visione verso il futuro (dallo statuto), la raccolta di materiale per la creazione di un archivio fotografico, video e documentale collegato al progetto "Granai della memoria", la realizzazione di presentazioni pubbliche e altri eventi legati al recupero della memoria del territorio.

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