domenica 26 Gennaio, 2025
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Made in Asti

Crescere come funghi a Monale

In paese una delle più importanti coltivazioni di champignon d’Italia

C’è una rotonda, quando si lascia la ex statale 10 tra Asti e Torino per imboccare la provinciale in direzione del centro di Baldichieri e di Monale, in cui campeggiano sul prato le rappresentazioni di piccoli gruppi di funghetti bianchi.

Sono champignon, parola francese che nell’uso quotidiano indica il tipo più comune di fungo coltivato, cioè quello che deriva dal prataiolo, detto anche “fungo di Parigi”. Proprio nei cunicoli abbandonati sotto Parigi, alla fine dell’800, un certo monsieur Chamberty trovò funghi cresciuti spontaneamente ed ebbe l’idea: la temperatura costante e l’umidità dei sotterranei erano la condizione ideale per la coltivazione di funghi, che si sarebbero fregiati della prestigiosa etichetta “Champignon de Paris”.

Ma torniamo ai funghi di casa nostra: la rotonda adornata con le famigliole di champignon è sponsorizzata dalla Monalfungo, l’azienda che vanta la fungaia più importante del Nordovest, una della maggiori d’Italia.

E’ un primato astigiano che ha una storia curiosa. La Monalfungo è di proprietà della famiglia Valle da tre generazioni, da quando cioè Luigi “Gino” Valle, originario di Nichelino, ricevette una quota della società dall’imprenditore Natale Musso in cambio dei suoi servizi di edilizia per la costruzione di nuovi capannoni.

Musso, in precedenza, era stato a sua volta socio di Carlo Barbisan, veneto residente in Piemonte che negli Anni Cinquanta aveva lavorato in Canada con lo zio Gianni Vidotto,
che gestiva oltreoceano una grande fungaia.

Tornato ad Asti, Barbisan aveva avviato inizialmente un’attività di imbottigliamento e commercializzazione di vino, ma poi aveva cominciato a coltivare funghi in società con Musso, che era suo cognato.

La coltivazione dei funghi un tempo si faceva in sacchi, oggi in grandi stanze a temperatura e umidità controllate
La coltivazione dei funghi un tempo si faceva in sacchi, oggi in grandi stanze a temperatura e umidità controllate

La coltivazione nelle cave di Calliano e Montiglio

 

Barbisan e Musso avevano messo su un capannone di cinque stanze col “sistema americano”, che prevede l’uso di ripiani fissi sovrapposti in cui viene posto il substrato per la coltivazione; ogni stanza aveva due grandi scaffalature in legno di sette piani larghi 170 centimetri.

La fungaia Barbisan ha funzionato per quasi vent’anni a Sessant, nei pressi della
residenza di Carlo Barbisan. Intanto, nel 1968 Musso aveva lasciato la fungaia di Sessant e ne aveva costruita una propria di otto stanze alla periferia di Monale. Due anni dopo, nel 1970, la famiglia Valle era entrata in società e ben presto aveva consolidato l’intera proprietà dell’azienda.

Gino Valle costruì altre 12 stanze, ognuna con due scaffalature di sette letti in legno
larghi 130 centimetri e lunghi ben 22 metri, per una superficie coltivabile di circa 400 metri quadri.

Nella prima metà degli Anni Settanta nella conduzione dell’azienda subentrò il figlio di Luigi, Sergio Valle, che ben presto portò la coltivazione nelle grotte di Calliano, grandi cave di gesso abbandonate a cui si accedeva anche con i camion.

«Queste grotte – scrive Gian Pietro Maffi nel volume L’Italia delle fungaie. Storie di coltivatori e coltivazioni – erano già state coltivate in passato: infatti quando Sergio a bordo della sua Porsche e in compagnia della sua giovane fidanzata Matilde va a ispezionarle vi trova ancora i cumuli di composto abbandonati da anni: in quell’occasione la batteria dell’auto si scarica e i due, con grande difficoltà, riescono a guadagnare l’uscita a piedi facendosi luce con un accendino […]

In seguito le grotte di Calliano vengono abbandonate e la coltivazione trasferita
in quelle molto più grandi del vicino paese di Montiglio. Si tratta di un vasto complesso che si sviluppa su ben nove piani sotterranei e del quale vengono utilizzati per la coltivazione solo due mezzi piani, capaci di ospitare oltre 50.000 sacchi che, rinnovati ogni tre mesi, portano a 200.000 i sacchi coltivati annualmente, corrispondenti a 6.000 tonnellate di composto pastorizzato».

Oggi tutto nasce a Monale in tunnel a temperatura e umidità controllate

 

Per circa vent’anni i Valle coltivano i funghi nelle ex cave di gesso di Montiglio. C’è una vecchia foto Polaroid che ritrae la moglie di Sergio, giovanissima, tra i sacchi nelle grotte. Con l’ingresso di Alessandro – il figlio – nella Monalfungo, circa 20 anni fa, tutto accelera: nel 2003 la fungaia di Monale fu ristrutturata; si allestirono10 moderni tunnel di coltivazione con una superficie di 450 mq distribuita su due scaffalature in alluminio di 6 piani.

La coltivazione in grotta cessò di lì a poco e intanto negli Anni Novanta l’azienda si era arricchita di altre sette serre per la coltivazione del Pleurotus, un’altra varietà di funghi. Oggi i tunnell sono 12, e 6 sono le serre per il Pleurotus.

Lo spettacolo dei funghi coltivati è sorprendente. Milioni di “teste” bianche che spuntano sui bancali. Tutte le celle di coltivazione sono dotate di impianti produttivi di ultima generazione in grado di monitorare automaticamente alcuni parametri come umidità, temperatura, CO2 e quantità di acqua nelle coltivazioni.

Giunto a completa maturazione il fungo viene raccolto, selezionato con cura e subito
inviato, a seconda della destinazione, al confezionamento o alla lavorazione, per preservarne freschezza e caratteristiche organolettiche.

Un campionario della produzione della Monalfungo

Cresce la produzione di quarta gamma e sta per aprire il punto vendita

 

Obiettivo: far giungere a destinazione i funghi nelle migliori condizioni e nel più breve tempo possibile.

Anche a chi deve seguire diete ipocaloriche, per le quali gli champignon sono indicatissimi. Tra le innovazioni portate avanti da Monalfungo sta crescendo la produzione della cosiddetta “quarta gamma”: funghi sgambati, puliti, tagliati e già pronti per essere cucinati per i sughi o conditi in insalata con olio e limone. Va precisato che Monalfungo è l’unica azienda in Italia ad affettare manualmente i funghi per mantenerne intatte le proprietà nutrizionali e gustative.

La produzione fresca che segue la catena del freddo è destinata alla grande distribuzione ma anche alle pizzerie e ai ristoranti. La ditta, da quest’anno, ha pure la certificazione biologica. Energia elettrica, termica e frigorifera arrivano da fonti rinnovabili. L’intero processo produttivo avviene nel rispetto dei ritmi biologici del fungo e sotto il continuo controllo di personale esperto.

Monalfungo produce varietà Champignon (2500 kg al giorno), Pleurotus, Cornucopia
e Pioppino: funghi freschi di tutti i calibri selezionati per mercati ortofrutticoli, grande distribuzione, industrie alimentari, ristoranti e mense del Nord Italia e del Sud della Francia. Crai (Gruppo Codè) e Centro 3A (Gruppo Sma Simply) sono alcuni marchi
della Gdo che hanno scelto i funghi dell’azienda di Monale.

Due nuove importanti evoluzioni occupano adesso i progetti di Alessandro Valle: l’apertura, proprio di fronte all’azienda, di uno spazio vendita attrezzato della Monalfungo (prevista per settembre). Un negozio dove si troveranno anche altri prodotti della miglior tradizione gastronomica italiana, dove si potranno tenere corsi di cucina e da cui partire per visitare l’azienda.

Il secondo progetto prevede il lancio di una linea di “specialità pronte” conservate in cui i funghi sono protagonisti, che potranno essere commercializzate anche online: tagliatelle agli champignon, risotto all’ortolana con champignon e asparagi (o con lo zafferano oppure la zucca), polenta con champignon, crema champignon e tartufo, sugo champignon e salmone, ragù di champignon e salsiccia, quattro diversi tipi di sottoli e un antipasto alla piemontese.

La Monalfungo cresce. Fin troppo facile dire “come i funghi”.

 

 

L'AUTRICE DELL'ARTICOLO

Marianna Natale
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