Avvocato “prestato” al mondo del vino ne diventa protagonista con idee e azioni concrete
Arturo Bersano nasce il 10 aprile 1905 a Nizza Monferrato. Il papà Giuseppe ha una macelleria in via Maestra. È un uomo che ha fiuto negli affari. Commercia in carni e anche in case. Ai primi del 900 la famiglia Bersano è proprietaria di un intero palazzo del centro storico di Nizza. Nel 1912 Giuseppe compra la Cremosina, una cascina con vigneto. Ci viveva una vecchia contessa. Giuseppe acquistà la “nuda proprietà” e le lasciò l’usufrutto della casa. Morì ultracentenaria. Non ha la stessa fortuna il papà di Arturo che invece muore giovane. Un infarto. Arturo ha vent’anni ed è un giovane studente di Legge. Ha un fratello più grande, Luciano, ma è in America. Fa il pittore. Arturo abbandona l’università per lavorare e aiutare la mamma Vincenzina, che è rimasta sola. Comincia così a commerciare in vino. Si fidanza con Giovanna, da tutti conosciuta come Nanna, la figlia di Tonino Scarpa, all’epoca uno dei più grandi imprenditori del vino della città. Si sposa e riprende a studiare. Da un esame dopo l’altro e in poco tempo si laurea in Legge. Nel 1927 nasce suo figlio Tonino. Purtroppo il destino riserva una tragedia nella vita di Arturo: quel figlio tanto amato e in cui lui ripone le sue speranze morirà in un grave incidente ferroviario a Cassano d’Adda, nel Milanese. Stava andando a Venezia con la mamma. Aveva 30 anni. Il sogno di avere un erede si spezza nel 1957. Per ricostruire la storia di Arturo Bersano, occorre tornare indietro. Siamo all’inizio degli Anni 40. Arturo lavora ancora accanto allo suocero, nonostante le tensioni con la moglie. Il suo matrimonio con Nanna sta per finire. E proprio in quegli anni in azienda arriva una giovanissima impiegata. Si chiama Laura. È la figlia del maresciallo dei carabinieri Foglino. Si è appena diplomata maestra alla Madonna, l’istituto di suore di Nizza. Tonino Scarpa le propone di andare a lavorare da lui. Lei voleva fare la maestra ma sono anni di guerra e di fame, e rifiutare un buon lavoro non si può. È lì che conosce Arturo. All’inizio quell’uomo con quel suo piglio deciso la intimorisce più del padrone. Passano i giorni e la paura svanisce tutta nel fascino di quell’uomo. Arturo sarà il grande amore di Laura. E viceversa. La storia di Arturo Bersano non è solo un racconto di un carismatico e lungimirante vignaiolo, ma è una grande storia d’amore. E come tantii grandi amori quello di Laura e Arturo fu anche un amore infelice. Un amore vissuto nell’ombra per più di trent’anni. Quando Arturo lascia la moglie conosce già ma non sta ancora con Laura. Non esiste il divorzio. Quindi lui formalmente resta sposato con Nanna fino a quando non arriverà la legge negli Anni 70.
Un grande amore che lo accompagnerà per tutta la vita
Arturo ha 16 anni in più di Laura. Sono altri tempi e la loro relazione deve fare i conti con il pensiero dell’epoca. Bersano lascia l’azienda Scarpa. Decide di mettersi in proprio. Lo aiuta uno zio. Mamma Vincenza gli avvalla una cambiale di 100 lire e con quei soldi Arturo può affittare una cantina e gli attrezzi. Inizia in un locale dove ora c’è la rotonda che porta sulla strada per Acqui Terme. Chiede a Laura di seguirlo. Resteranno in quella cantina fino alla fine della guerra, dopodiché si trasferiranno a Casa San Marco, una proprietà della famiglia Bersano che porta il nome di un vecchio albergo. È ancora oggi la sede dell’azienda. Seguono anni intensi, dove Arturo si dimostra un uomo intelligente e capace di stare al passo con i tempi. Credeva nella bella presentazione delle bottiglie, quello che oggi chiamiamo il packaging. Fu il primo a fare le cassette di legno per i regali. Diceva a Laura: «Ma perché i francesi fanno belle etichette e noi no?» Compra uve e possedimenti anche in Langa, aiutato dall’albese Gigi Rosso, amico, consulente e grande barolista di Castiglione Falletto. Oggi ha 82 anni e ricorda che fino all’ultimo hanno continuato a “darsi del lei” come antico segno di reciproco rispetto. Da metà Anni 60, lo aiuta a creare la Bersano vigneti. Crede soprattutto nella Barbera. È il suo vino, il grande vino. La ama così tanto che, assaggiandola, riconosce persino la vigna. Ma investe anche nella zona del Nebbiolo, del Dolcetto, del Grignolino. Fu lui a creare quello che oggi è il Castello del Poggio, proprietà di Zonin. Bersano è considerato il padre del Brachetto. Fu il primo a vinificarlo spumante. Fu anche tra i primi a dare al vino e al cibo contadino un valore culturale. Radunò i suoi amici, gourmet, giornalisti, pittori, teatranti e fondò la “Confraternita de la Bagna Cauda a Nizza de la Paglia”, l’antico nome della cittadina del Belbo. Era il 16 novembre 1964. Bersano era un sognatore concreto e un precursore di idee. Credeva nella terra: «Se vuoi essere felice comprati una vigna» faceva scrivere sulle sue bottiglie. Onorò quel motto e fece della Bersano vigneti una delle più belle e vaste realtà vitivinicole del Piemonte, tutt’ora viva e attiva dopo alcune vicessitudini. La Bagna Cauda, che si celebrava a Nizza nella sede della Bersano, trasformata in Museo delle Contadinerie e della Stampe del Vino, era il momento di festa autunnale, l’incontro tra amici e clienti sempre più numerosi. A tenere a battesimo la Confraternita grandi gastronomi come Luigi Carnacina e Vincenzo Buonassisi. Due anni dopo nel 1966 fu istituito il Premio Paisan Vignaiolo, un riconoscimento a chi con il proprio lavoro aveva saputo dare buoni frutti. Il primo insignito fu lo scrittore e giornalista Giovanni Arpino. Si proseguì ogni anno formando un albo d’oro di grande valore con uomini d’arte e di scrittura, studiosi del vino, giornalisti. Tra i tanti: Giovanni Dalmasso, Giovanni Borello, Giuseppe Manzone, Franco Piccinelli, Nuto Revelli, Eugenio Guglielminetti, Massimo Mila, Ave Ninchi, Umberto Eco, Giorgio Bocca, Carlo Fruttero, Gina Lagorio, Gian Paolo Ormezzano, Ferruccio De Bortoli. Dietro le quinte a consigliare e stimolare c’era un amico speciale di Arturo Bersano: lo scrittore e libero pensatore Guido Ceronetti che disegnò etichette straordinarie e compose, in un impeto di gioia, anche un’ode in latino alla Bagna Cauda, spacciandola con ironia per un documento autentico d’epoca medioevale. Con loro anche il pittore Carlo Terzolo. Comincia in questi anni ad appassionarsi di stampe e cose antiche che diventeranno quello che oggi è il museo Bersano, una ricca e unica collezione di antichità e attrezzi contadini e di stampe dedicate al vino. Acquista anche una rara copia delle Pomona del Gallesio. Lo aiuta nell’impresa una libraia, la torinese Ada Peyrot. Ricorda Laura che la gente di Nizza diceva: «Poverino, gli è morto un figlio ed è andato un po’ fuori di testa: compra le cose che noi buttiamo via e ce le paga pure!».
Letterati, giornalisti, uomini di spettacolo chiamati a far vivere il gran cenacolo nicese
Nel 1968 si rende conto che non ce la può più fare da solo. Le conseguenze di un prima infarto dieci anni prima si fanno sentire. Cede il controllo dell’azienda a una multinazionale americana, la Seagram, che commercia alcolici e bevande. Con i soldi compra cascine e vigneti nelle Langhe. Acquista il castello di Barbaresco. Arturo Bersano non farà a tempo a vedere che la sua azienda tornerà nel 1985 in mani piemontesi. Ugo Massimelli e Biagio Soave, enotecnico il primo, ingegnere l’altro rilevano dagli americani. Oggi sono 240 ettari di vigne tra il Monferrato e la Langa, una delle più grandi aziende vitivinicole del Piemonte. Arturo aveva anche la passione per la fotografia. Ama fotografare i fiori, ma anche le facce della sua gente. Contagiò anche Laura, che ha uno stile tutto suo. Arturo ribattezza la tecnica fotografica della moglie “La parte per il tutto”. A casa Laura conserva ancora fotografie fatte incorniciare da Arturo dove si vede lui fotografato a metà. Nel 2009 Nizza gli ha dedicato una mostra. Si è detto che l’amore di Laura e Arturo fu contrastato. Dopo trent’anni di relazione, riuscirono finalmente a sposarsi. Era il 23 marzo 1972. Il divorzio di Bersano fu uno dei primi in Piemonte dopo l’approvazione della legge. Laura sostiene che Arturo la conquistò con le parole e gli scritti. Era un grafomane. Scriveva sempre. Migliaia di lettere e di “pizzini” in cui appuntava il Bersano pensiero. Laura ne trova ancora oggi in giro. La frase più famosa è «Se vuoi bere bene, comprati un vigneto». Tanti altri sono conservati al museo Bersano. È la fine del 1977. Arturo ha male a una spalla. Comincia a girare studi medici. Lo visita il professor Angelino, all’epoca era un luminare di Torino. Lo opera. Scoprono che quel dolore è già una metastasi di un tumore. La convalescenza la passa in montagna, a Morgex. È la fine di luglio del 1978. Una notte gli viene un attacco di cuore. Lo trasportano a Torino. Sembra riprendersi. Invece il 4 agosto Arturo muore. Non si sa se di cancro o di cuore, o di tutti e due. Aveva 74 anni.
IL BERSANO PENSIERO
- Se vuoi bere bene, comprati un vigneto
- Una verità: non si diventa sobri per filosofia ma per anemia
- Sto sempre nel timore che fra poco, ormai vecchio, il vino non basti più a consolarmi
- Da tempo sono invecchiato. Non posso rimandare sempre a domani
- Da sempre faccio vino, lo bevo e cerco di capirlo. Ma che sia riuscito a capirlo a pieno è solo un sogno.
- Il contadino non desidera mai più di quanto gli basta.
Per lui la felicità è in cascina, non in banca.
L’ansia del sorpasso è dei cittadini.