Se l’Italia, uscita a pezzi dalla Seconda Guerra Mondiale, è “rinata” negli anni successivi, anche la città di Asti ha vissuto la sua rinascita. Il secondo Dopoguerra ha visto infatti crescere vorticosamente la città in termini di spazi, ma anche di popolazione. Nell’arco di 20 anni si è registrato un incremento di residenti dai 52.000 del censimento del 1951, ai 76.151 del 1971 salito al tetto degli 80.020 registrato all’anagrafe alla fine el 1976. è il massimo dell’espansione del comune capoluogo, ben lontana comunque dalle previsioni urbanistiche e dei piani regolatori che in quegli anni di sviluppo edilizio selvaggio prevedevano di arrivare a superare quota centomila.
Analizzando i dati del boom demografico si nota la crescita della nascite nel decennio successivo alla fine della guerra (salite a 1.400 l’anno negli Anni ’50 e ’60) e il notevole numero di immigrazioni da varie regioni d’Italia.
Il censimento del 1951 aveva rilevato, come già accennato, una popolazione di 52.000 abitanti, con un incremento di oltre 3.000 residenti rispetto al 1936. Nel 1941, causa la guerra, non venne fatto alcun censimento e una riforma del 1930 aveva portato a cinque anni la periodicità (in seguito ripristinata a 10 anni). Il regime voleva controllare e stimolare lo sviluppo demografico italiano, ma come si vedrà l’Astigiano non diede mai grandi soddisfazioni a chi teorizzava la crescita delle nascite. Torniamo alla fotografia ufficiale del 1961 che vide per la prima volta i residenti salire oltre quota 60.000.
Si era in pieno boom di immigrazioni, soprattutto dal Sud.
Nella seconda metà degli Anni ’60 il numero degli abitanti immigrati nel Comune di Asti superò, ogni anno, le 3.000 unità con un record nel 1967 con 3.624 nuovi astigiani registrati all’anagrafe. In pochi anni Asti superò i 70.000 residenti.
Già nel decennio precedente ad incidere sul numero di residenti era stata l’immigrazione veneta, in seguito all’alluvione del Po che nel novembre del 1951 devastò il Polesine con oltre 180.000 senzatetto. Molti di questi arrivarono nell’Astigiano, dove trovarono lavoro nell’agricoltura e nelle industrie che stavano espandendosi.
Il boom economico e il forte potere attrattivo dell’industria torinese fece arrivare ad Asti e in provincia crescenti ondate di immigrati dalle regioni del sud Italia, in particolar modo da Sicilia, Calabria e Campania, Basilicata. Ad attirare numerose comunità di meridionali fu la Fiat e il suo indotto.
Asti, all’epoca, poteva vantare la presenza di grandi e medie aziende come Vetreria, Way Assauto, Ferriere Ercole, Morando, Saclà, Maina e Sisa. Tra le località maggiormente interessate dalle emigrazioni verso Asti si segnalano quelle siciliane di Milena e Valledolmo (cui in città sono state intitolate rispettivamente una piazza e una via). Per anni, e ancora oggi, comunità provenienti da quei luoghi si ritrovano abitualmente, mantenendo vive le proprie origini e identità. In un primo tempo fu il centro storico di Asti ad accogliere i “nuovi” astigiani, mentre gli “antichi” abitanti dello stesso centro si spostavano verso zone residenziali allora periferiche con particolare interesse per quella nord (la parrocchia del Don Bosco nacque nel 1962 dopo il trasferimento dell’istituto salesiano da viale alla Vittoria) o per la zona di corso Volta. All’immigrazione dal sud si aggiunse anche il fenomeno dello spopolamento delle campagne astigiane che indusse molti trasferimenti in città, oltre che nella vicina Torino, cercando mansioni meno faticose, più sicure e remunerative di quelle legate all’agricoltura.
Lo sviluppo del dopoguerra porta alla nascita dei quartieri periferici della Torretta, Praia e corso Alba
Per fronteggiare l’emergenza abitativa che la costante crescita della popolazione aveva causato (76.151 gli abitanti nel 1971 per un incremento di addirittura 15.000 unità sul decennio precedente), una legge nazionale del 1976 permise anche alla città di Asti di ottenere finanziamenti per la realizzazione di nuove case popolari. Nacquero tre grandi insediamenti noti come “quartieri”: la Torretta al fondo di corso XXV aprile, Praia nella zona Est (in cui si trasferirono diversi abitanti del “Casermone” di San Rocco, in buona parte emigrati ad Asti negli anni precedenti con ancora qualche presenza di “sfollati” del periodo bellico) e il quartiere di corso Alba (San Bernardino), a sud-ovest appena al di là del Borbore. Già nel 1962 l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Giovanni Giraudi, con l’allora vice ed assessore all’Urbanistica Giuseppe Cirio, approvò un Piano Regolatore in cui si prevedevano prospettive di crescita a oltre i 100.000 abitanti. Fu proprio con questo Piano Regolatore, rimasto in vigore fino agli Anni ’90, che nacquero nuovi insediamenti e i nuovi quartieri.
Tornando indietro negli anni, la prima fotografia che ritrae il numero della popolazione italiana, tracciandone una statistica ufficiale, risale al 1861, anno in cui l’Italia è stata unita. Il “Censimento generale della popolazione e delle abitazioni”, effettuato al 31 dicembre di quell’anno, riporta a livello nazionale un numero di residenti pari a 22.182.377, di cui 34.083 nel Comune di Asti. Dieci anni più tardi la popolazione astigiana aumentò di quasi 3000 unità e dieci anni ancora più tardi se ne rilevarono circa 1300 in più. Nel 1891 le difficoltà economiche in cui versava la nazione non consentirono di effettuare un censimento, ma nel 1901 si registrò una nuova crescita di circa 6300 residenti rispetto ai vent’anni precedenti, con un altro incremento nel 1911 in cui si annotò un’ulteriore aumento di circa 1800 residenti. Un importante fenomeno dell’epoca fu l’emigrazione verso l’America e, in misura minore, verso alcuni paesi europei (la Francia in particolare) o altri continenti come l’Australia. Sul finire del diciannovesimo secolo e nei primi anni del ventesimo, migliaia di italiani, tra cui molti astigiani, lasciarono infatti la terra natia per cercare fortuna negli USA o in Sud America, soprattutto in Argentina.
Arrivarono poi i lutti della prima Guerra Mondiale e ancor più morti del conflitto li causò l’epidemia dell’influenza “spagnola”, anche per la mancanza di cure efficaci (la penicillina arrivò solo nel 1928 e gli antibiotici ancora non esistevano). Uccise infatti in tutto il mondo più di venti milioni di persone tra il 1918 e il 1920.
Negli Anni ’30 il Comune di Asti era cresciuto con l’annessione delle “ventine”
Al Comune di Asti risultò un calo di 551 persone residenti registrate con il Censimento del 1921 rispetto a quello di dieci anni prima. Il numero di residenti astigiani riprese la sua crescita nel 1931 (per la prima volta fu l’Istat, nato intanto nel 1926, a occuparsi della raccolta dei dati del censimento) quando furono registrati quasi 3000 residenti in più. Spiegazione di questo nuovo incremento fu anche l’annessione di alcuni piccoli Comuni limitrofi a quello di Asti, diventati quindi sue frazioni definite “ventine”: Sessant, Serravalle, Castiglione, San Marzanotto e Vaglierano, che in precedenza erano realtà comunali indipendenti, oltre a Montegrosso (già frazione di Cinaglio) e Portacomaro Stazione (fu separato da Castell’Alfero), confluirono nel Comune di Asti. Obiettivo era avvicinarsi ai 50.000 residenti, cifra ritenuta utile per poter ambire all’istituzione della Provincia di Asti, nata poi nel 1935 (si veda Astigiani n. 2 pag. 4-13 del dicembre 2012). Nel già citato Censimento a metà degli Anni ’30, il numero di residenti del Comune di Asti risultò pari a 48.898 abitanti, di poco superiore a quello registrato cinque anni prima: con soli 200 residenti in più. Poca cosa rispetto agli sforzi propagandistici del Fascismo che voleva famiglie numerose e tassava gli scapoli. Già nel 1928 Mussolini in persona aveva strigliato gli astigiani (si veda scheda in queste pagine) ma la cicogna non volò mai molto. L’ingente crescita del secondo Dopoguerra, portò come si è visto all’apice nel numero di abitanti nel 1976. In quell’anno l’anagrafe del Comune di Asti registrò il numero record di 80.200 residenti.
Da quel momento in avanti iniziò però un decremento, già individuabile con il Censimento del 1981 in cui i residenti risultarono 77.681: il numero degli astigiani scese di 1530 unità rispetto a quello di dieci anni prima.
A incidere su questa nuova inversione di tendenza furono ragioni di carattere socio-economico che si manifestarono in tutta Italia. Crebbero anche la programmazione familiare e la diffusione dei contraccettivi specie tra i giovani e si spostò infatti l’età media delle donne “primipare”.
La diminuzione dei residenti continuò ancora, scendendo alle 73.557 unità del Censimento del 1991. Nei primi mesi di quell’anno fu significativo l’arrivo in città di poco meno di un migliaio di profughi provenienti dall’Albania. Circa 600 albanesi trovarono ospitalità nella ex Caserma Colli di Felizzano. Negli anni successivi molti albanesi trovarono pian piano occasioni di integrazione nella realtà astigiana, insieme ad altri immigrati (in particolare da Marocco, Tunisia e Senegal), a cui seguirono negli anni successivi crescenti arrivi da Romania, Macedonia e Moldavia.
I nuovi immigrati, raramente accompagnati dalle famiglie nei primi anni di insediamento ad Asti, non portarono però subito ad aumenti della popolazione “ufficiale” che, al contrario, continuò a diminuire fino al Censimento del 2001 quando le statistiche registrarono un numero totale di residenti pari a 71.157 unità. L’espansione edilizia della città, anche grazie alla speranza di ricongiungimenti di molte famiglie immigrate e quindi a un incremento delle nascite, non conobbe soste, con la creazione di nuovi quartieri come quello sorto nella zona di via Torchio, sul prolungamento di corso Venezia, e altri creati nelle vie adiacenti a corso Casale.
La nuova ripresa della popolazione dovuta agli immigrati dall’estero
L’ultimo Censimento Istat, datato 9 ottobre 2011, fece segnare un nuovo incremento nel numero di residenti che si attestarono a 73.899, pari a oltre 2700 unità in più rispetto alla rilevazione di dieci anni prima.
I dati più recenti rilevati dall’Istat al 30 giugno 2012 hanno fatto registrare una popolazione di 73.973 nel Comune di Asti. è quindi di nuovo in corso una crescita, seppur lieve, frutto dell’aumento di residenti di origine straniera. Al 31 dicembre 2012 l’anagrafe del Comune di Asti ha rilevato infatti 9901 cittadini provenienti da altre nazioni, principalmente Albania (3592), Romania (1700) e Marocco (1571).
Negli ultimi anni il numero di immigrati ha superato le 2000 unità ad eccezione del 2003, anno in cui si sono aggiunti 3690 residenti ufficiali per effetto delle regolarizzazioni.
La crisi degli ultimi anni sta però notevolmente riducendo gli arrivi, alimentando anche un ritorno ai paesi d’origine.
La popolazione di Asti a fine 2021 è di 73.569.
Ultimo aggiornamento: 18 marzo 2022