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La collina di Spoon River

La collina di Spoon River – Dicembre 2014

Astigiani dedica queste pagine a chi è salito sulla collina della nostra Spoon River. Una manciata di parole. Alla loro memoria

Tino Durando

28 marzo 1943-10 ottobre 2014

Sindacalista e attore

Mi piaceva recitare, salire sul palco e stupirmi. Ho coperto ruoli classici, personaggi di Pirandello portati in scena con la regia del signor Pavesio, che faceva il fotografo e sognava di dirigere Gassman. Ho vissuto il teatro militante con il Magopovero, tanti ruoli: da Geppetto al partigiano catturato dai nazisti. Ogni mattina entravo in fabbrica alla Gate e non rimpiangevo le ore di sonno perdute per le prove e gli spettacoli. Sono stato sindacalista, ho lottato e non ero solo. Dalla mia Portacomaro sono atterrato a Castello d’Annone. Ho coltivato l’orto e mi sono compiaciuto del rosso dei miei pomodori.

 

Albino Porro

1 marzo 1918-12 ottobre 2014

Alpino, reduce di Russia

Noi della Julia ci conoscevamo tutti. Eravamo uguali: una maschera di ghiaccio nel gelo della steppa russa. Io l’ho scampata perché Dio ha voluto così, ma non ho dimenticato e non ho voluto che si dimenticasse. In guerra non vince nessuno, perdono tutti, lo raccontavo ai ragazzi delle scuole e lo scrivevo sui nostri giornali delle Penne Nere. Ho partecipato a raduni e incontri. Ero pronto anche all’adunata nazionale dell’anno prossimo ad Asti, saremo in tanti a seguirla da dove siamo adesso. Mi sono sempre trovato bene con i giovani e mi piaceva mandare lettere ai giornali su vari argomenti. Credo nella democrazia. I miei nipoti mi chiamavano MAlbino lAalpinoa e mi piace essere ricordato così.

 

Emilia Prete Forno

12 gennaio 1924-20 ottobre 2014

Maestra

Non avrei mai pensato di andarmene così, di precipitare in un sonno senza ritorno. Ho fatto di tutto per risvegliarmi, ma non ce l’ho fatta. E ora, ora so di essere al di là dell’istante che temevo, pur senza ammetterlo. Quando la porta si chiudeva e Carla usciva, io leggevo, riposavo, certo. Spesso, chiudevo gli occhi e pensavo di stringere la sua manina da bimba, quando camminavamo insieme lungo il viale e lei aveva le scarpette bianche e blu. Allora potevo proteggerla. Allora, si vedevano le colline, dietro il campanile della chiesa dall’alloggio dal lungo balcone al sesto piano. Allora, Angelo aveva in estate una maglia verde come i suoi occhi e festeggiavamo ogni mese il 27 con un disco. So che c’era qualche mio alunno, in chiesa, oggi adulto: erano i bambini di campagna, con i volti arrossati dal freddo al mattino; i bambini di una scuola di città degli anni Settanta. Mi capitava, qualche volta, ultimamente, di non ricordare il giorno della settimana, dopo tante date scritte sulla lavagna. Il tempo si era dilatato, ma avrei voluto fare ancora un tratto, anche breve, di strada: rivedere il mare e il cielo grande; guardare, attraverso la finestra, i vasi fioriti nel giardino del nostro balcone e l’albero folto davanti alla scuola. Aspettare lo scatto della porta, sentire Carla rientrare. Chiederle di tenermi per mano.

 

Miranda Bocchino Micca

28 ottobre 1928-14 novembre 2014

Donna della grappa

Sempre più in alto gridava Mike Bongiorno mostrando al mondo la nostra bottiglia di grappa in cima alle montagne delle Alpi. Era stata un’idea di mio marito che sarebbe piaciuta anche a mio padre Lazarito. Siamo gente decisa noi Bocchino. Cerchiamo l’essenza delle cose, come dalle vinacce si ottiene la grappa. Ho vissuto una bella gioventù a Torino, gli anni dello studio e poi la vita mi ha riportata a Canelli e ai suoi profumi. Ho amato questo posto, la sua gente, ci ho cresciuto i miei due figli. A ogni vendemmia fanno nascere lo spirito di queste colline. E su una collina c’è una vigna di moscato che porta il mio nome. E quel vino ad ogni brindisi vi sussurra di me.

 

Donato Canio Orlando

25 maggio 1946-13 novembre 2014

Pizzaiolo

Donato. Il mio nome è Donato. Ho anche un altro nome, Orlando, ma tutti mi hanno sempre chiamato solo Donato. Donato qua. Donato là, troviamoci da Donato, andiamo a mangiare la pizza da Donato. I miei genitori erano contadini in Lucania: a 13 anni, da solo, con 500 lire in tasca, sono partito per Milano. Ho fatto il lavapiatti, il cameriere, qualsiasi mestiere e poi sono arrivato qui ad Asti e mi sono messo davanti a un forno a fare pizze. I primi tempi, dal 1970, i Tre Re era solo un piccolo bar, poi l’abbiamo ristrutturato. Dico noi perché con me c’è mia moglie, Annamaria dolcissima e i figli Rocco, Angelica e Manuele Donato. Una gran bella famiglia. Conosco tutta Asti, ho portato panini a generazioni di studenti del Classico, ho visto passare tutti gli amici che lavorano in Biblioteca, e quelli degli uffici del Comune. Sacrifici tanti: non abbiamo mai passato un Natale a casa per il grande pranzo natalizio. Ogni tanto portavo ad Annamaria un mazzo di fiori che compravo in piazza Catena, come per farmi perdonare qualcosa, ma Annamaria mi dice: tre cose devo ringraziare per la vita che ho avuto: Dio, Donato e la gente di Asti.

 

Gabriele Vercelli

24 novembre 1935-11 novembre 2014

Dipendente Way Assauto, ex vicesindaco di Asti

Siamo nati gemelli, Mario e io, gemelli omozigoti, identici, tanto che spesso ci prendevano l’uno per l’altro. Siamo sempre vissuti insieme, prima in famiglia, e poi in due appartamenti contigui a San Fedele, il nostro quartiere. Sotto casa avevamo quello che noi chiamavamo è studios, una specie di antro carbonaro in cui ci trovavamo con altri amici della Democrazia Cristiana a discutere, a stampare volantini, che poi facevamo piegare ai nostri figli, grande forza lavoro, avevamo in tutto sette figli. Non riesco a parlare solo di me, parlo con noi perché io e Mario siamo un muro, forte, tenace. Abbiamo creduto con tutto il cuore al nostro partito: a tavola, in famiglia, si mangiava pane e politica. Siamo due teste dure, un po’ come tutti i Vercelli. Ho lavorato alla Waya, ho fatto molto lavoro di sindacato, poi la grande passione: la politica. Sono stato vicesindaco della mia città, assessore, presidente di comprensorio. Volevo arrivare alla festa degli 80 anni della leva del ’35. Ci sarò lo stesso. E sarò con i miei amici nelle interminabili partite a scopa (voglio sempre vincere), nelle loro urla per i gol della Juventus.

 

Aris d’Anelli

10 luglio 1924-17 novembre 2014

Medico e cinefilo

So che mi cercherete lungo le strade che ero solito percorrere, ogni giorno, da anni. Il mio passo si era fatto sempre più lento e leggero. Ascoltavo il battito del mio cuore, lo ascoltavo mentre facevo gli ultimi passi, sulle foglie cadute di questo autunno di addii. So che mi cercherete alzando lo sguardo a teatro, al solito palco, che io e Annamaria occupavamo da anni. Qualcuno dalla platea ci salutava con un cenno della mano. Quanti ricordi, il fascino esotico della mia infanzia in Africa, mia sorella giovane, gli amici di allora, nella città del vecchio ospedale, la città della Giostra. Ricordo l’emozione per i fotogrammi che scorrevano, per le “pizze” di film per noi introvabili. Ricordo il mio camice bianco e i primi anni in ospedale, quando le suore attraversavano ancora in diagonale il vecchio cortile, i tanti pazienti, le mie figlie bambine, lo sguardo azzurro di Annamaria, la sua forza, che sempre di più, negli anni, mi completava. Gli amici perduti, gli amici medici, gli amici Lions. Ho scritto libri, ho ascoltato musica, ho ascoltato le vite degli altri, attraverso i loro cuori, che hanno segnato il ritmo dei miei giorni. Il mio cuore si è fermato in un istante, senza dolore. Un istante da colmare ora di ricordi, perché mi ritroviate nell’ombra raccolta della mia casa, lungo l’ultimo tratto di salita della strada, in un applauso a teatro, in una lacrima e in un sorriso. Nel battito dei vostri cuori.

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