Al mercato di Porta Palazzo reclamizza le sue verdure con gli acuti del suo giovane amico: il tenore Francesco Tamagno
Le origini di Francesco Cirio, pioniere dell’agro-alimentare italiano, sono spesso erroneamente collocate a Napoli, ben lontano da Nizza Monferrato, dove in realtà nasce il 25 dicembre 1836. Secondogenito di una povera famiglia contadina, ha appena due anni quando va con i genitori a Fontanile dove il padre apre un piccolo emporio di generi alimentari. Ma gli affari non vanno bene e papà Cirio e i due figlioli maggiori, Ludovico e Francesco, trovano lavoro come operai civili presso la Cittadella di Alessandria. Sul finire del 1847 i Cirio fanno ritorno a Fontanile e il giovane Francesco a 11 anni inizia a frequentare abitualmente il mercato della vicina Nizza Monferrato, dove apprende i primi rudimenti del commercio, acquistando prodotti ortofrutticoli per rivenderli porta a porta nelle cascine delle colline circostanti. Il giovane appare naturalmente dotato di grande ingegno e spiccato attivismo e cerca orizzonti più vasti rispetto a quelli che si possono sognare dalle colline di Fontanile. Lavora da giovanissimo manovale al cantiere dell’impianto del cavo sottomarino tra Genova e la Sardegna. Poi nel 1850 si trasferisce con la famiglia a Torino, in via San Massimo al civico 53, nei pressi del mercato di piazza Bodoni che, insieme a quello di Porta Palazzo, diventano ben presto i luoghi tra cui fare continua spola, prima con i cesti di verdura sulle spalle poi con un carretto carico di prodotti ortofrutticoli. Proprio tra i banchi di Porta Palazzo entra in contatto con la rinomata ditta di ortofrutta all’ingrosso Gamba che gli offre una occupazione part-time per la spedizione di asparagi e altre primizie in Costa Azzurra. Nel quartiere di Porta Palatina si fa conoscere da tutti: lo chiamano Luiss. Ai tavoli della modesta trattoria “Ai pesci vivi” conosce e diventa amico del figlio del proprietario, il futuro celeberrimo tenore torinese Francesco “Cichin” Tamagno. Quasi per scherzo, Cirio lancia l’idea all’amico di percorrere la piazza del mercato per proporre, attraverso esilaranti duetti tra un provetto tenore e un ragazzotto dalla voce stentorea, la propria mercanzia. Il successo ottenuto tra le fruttivendole e i commercianti sentenzia immediatamente la bontà dell’iniziativa e battezza sul campo la nascita di un grande pioniere del marketing moderno, capace di sfruttare ogni mezzo a disposizione per promuovere i suoi prodotti. Il giovane commerciante Cirio, analfabeta e contadino, ha intuito che la pubblicità è l’anima del commercio. Cirio lavora, pensa, osserva, indaga, si informa e intuisce le possibilità di aprire mercati all’estero. Inizia a viaggiare tra Piemonte e Francia, in particolare a Nizza Marittima, in un precario ma redditizio traffico di esportazione che oltre ai comuni prodotti della terra, comprende anche pesci d’acqua dolce e addirittura tartufi delle sue terre monferrine. In pochi anni arriva ai grandi mercati di Parigi dove acquisisce notorietà a sufficienza per incominciare a pensare in grande, grazie anche a una discreta somma di denaro che si è guadagnato col commercio Italia-Francia. Il suo progetto base però è tornare a Torino e impiantare una azienda di conservazione e produzione delle verdure e della frutta.
La prima produzione di piselli conservati è del 1856: Cirio applica la tecnica “Liebig”
Nel 1856, all’età di 20 anni, Francesco Cirio è tra i primi al mondo a dare credito alla tecnica ideata dal francese Nicolas Appert e studiata da Justus von Liebig per la conservazione dei prodotti ortofrutticoli. Fonda così a Torino, in Borgo Dora 34, il primo embrionale stabilimento “Cirio”, costituito da un ampio camino capace di contenere due grosse caldaie da bucato con a lato i recipienti per il trasporto e un tavolone d’appoggio. Parte dai piselli, sperimenta, prova e inventa nuove soluzioni. Nel gelido inverno piemontese del 1856 è in grado di proporre sul mercato torinese piselli freschi come fossero raccolti a maggio. Il successo lo sprona a impiantare una struttura più ampia, estendendo l’attività di conservazione ad altri prodotti. Assume operai e apre anche, in via Palazzo di Città, a fianco del municipio di Torino, un negozio di prodotti gastronomici, dove propone anche la conserva di pomodoro. Sono gli anni dell’Unità d’Italia. La crescita dell’impresa prosegue. Nel 1867 vince a Parigi la prima medaglia d’oro per un procedimento di salatura delle carni da lui inventato. Nel 1865, alla mostra torinese della Società Promotrice esposizioni Agrarie, presenta le sue conserve che vengono premiate con la massima onorificenza. Con l’introduzione della banda stagnata, che fa nascere il “cibo in scatola”, Cirio fa incetta di riconoscimenti e medaglie non solo a Roma, Firenze, Milano ma anche a Londra, Liverpool, Amsterdam e perfino Sydney.
Compra terreni e apre stabilimenti nel Napoletano
Il primo vagone di ortaggi e legumi conservati parte per Vienna nella primavera del 1869, ma gli intoppi doganali e burocratici lo frenano. Allora concorda con l’amministrazione delle ferrovie condizioni economiche più favorevoli e soluzioni che permettano maggior rapidità nei trasporti. Grazie a un ampio bagaglio di conoscenze personali, ma soprattutto al rapporto di stretta amicizia con il concittadino nicese Bartolomeo Bona, da tempo eminente figura nell’ambito del sistema ferroviario nazionale, si trova in breve tempo nella condizione di spedire rapidamente le merci in tutta Europa, utilizzando un prototipo di vagone refrigerato da lui stesso brevettato. All’esposizione di Amsterdam del 1877 intreccia stretti rapporti con il principe Enrico d’Olanda, progettando iniziative comuni mai realizzate per l’improvvisa morte del regnante olandese. L’esposizione parigina del 1878 lo impone all’attenzione dei 16 milioni di visitatori, affiancandolo sul gradino più alto del podio a un grande dell’industria francese, Benjamin Peugeot, che a Parigi presenta la macchina per cucire. Cirio strutta, da imprenditore, le opportunità dell’unificazione del Regno: impianta la sua produzione nel Sud Italia dove la manodopera a basso costo e fortunate operazioni di compravendita di terreni gli hanno permesso di creare alcuni stabilimenti nel Napoletano. La salsa di pomodoro entra progressivamente nell’immaginario collettivo della buona tavola nazionale. Moltiplica le iniziative con la creazione di molte società di produzione, come quella per l’esportazione di uova nel veronese e la Polenghi Lombardo Cirio & Comp, che in futuro si evolverà nella storica azienda per il commercio dei latticini. Dopo i primi tre anni di attività della “Esportazione Uova” si spediscono all’estero 2500 vagoni all’anno con un volume d’affari sui 25 milioni di lire nel 1880.
Nel 1895 si occupa anche di bonifiche nel sud del Lazio
Nel 1895, dopo anni di lavoro e sperimentazioni in campo agrario, riesce a costituire la Società per la colonizzazione dei terreni incolti in Italia, con l’intento di bonificare un’ampia distesa nel Lazio, intorno a Terracina, istituendovi la Colonia Agricola Principessa Elena. L’ampiezza e la varietà delle imprese avviate consigliano il riordino e la razionalizzazione delle diverse attività che sono fatte confluire nella Società Anonima di Esportazione Agricola Cirio, con sede a Torino, dove è azionista di maggioranza e direttore generale. Il rapido espandersi del proprio raggio d’azione si rivela, però, inversamente proporzionale alla capacità di controllo diretto delle aziende create, determinando il fallimento di alcune iniziative e sostanzialmente l’inizio della fine del suo impero.
Cirio accusato di avere ottenuto una legge ad personam sui trasporti ferroviari
Alle difficoltà economiche contribuiscono una forte campagna diffamatoria e una serie di interrogazioni parlamentari che hanno come oggetto la tanto vituperata “Legge Cirio”, con le agevolazioni ottenute dalle ferrovie riguardo i trasporti internazionali dei prodotti. Si accusa Cirio, mediante interessati appoggi politici, di aver ottenuto una legge ad personam. Pesanti accuse risuonano ripetutamente nelle sedute che la commissione parlamentare d’inchiesta sull’esercizio delle strade ferrate tiene nelle maggiori città dell’Italia settentrionale, tra l’aprile e il settembre del 1879. In particolare è il commerciante milanese Sangiorgi, parlamentare, ma anche suo concorrente come titolare di una azienda di commercio in frutta e verdura, a condurre una dura offensiva politica. Il monopolio di Cirio appare così minaccioso che, in commissione, il l’imprenditore veronese De Cecco ammonisce “Se non vi si mette riparo, Cirio diventerà padrone d’Italia”. Prende piede una lunga e aspra battaglia condotta a livello parlamentare da personaggi che hanno forti interessi economici in ballo come il comm. Biraghi della Regia Società di Agricoltura Toscana. Il castello delle società che fanno capo a Cirio vacilla sotto i colpi di gelosie e interessi che poco hanno a che fare con la leale concorrenza di mercato e con la normale dialettica politica.
Muore nel gennaio del 1900. Dopo 13 anni Nizza gli dedica un busto e una via
Francesco Cirio, scosso dalle ultime tristi vicende e profondamente amareggiato dal comportamento di molti che, in tempi di vacche grasse, si erano professati suoi amici, probabilmente non regge agli affronti subiti e, minato nel fisico, muore il 9 gennaio 1900 a 64 anni ancora da compiere. La scomparsa dell’uomo che, sorto dal nulla, aveva saputo creare l’industria delle conserve alimentari nel mondo, suscita vasta eco in tutta Italia, valicando anche i confini nazionali. Alle esequie, tre giorni dopo a Roma in Santa Maria degli Angeli, partecipano i massimi esponenti del mondo politico e imprenditoriale italiano, tra cui il cav. Bigliani in rappresentanza del comune di Nizza Monferrato. Solo tredici anni più tardi però la città natale dedicherà a Cirio un monumento realizzato da Leonardo Bistolfi e collocato sulla piazza antistante la stazione ferroviaria. La commemorazione letta dal senatore Teofilo Rossi, sindaco di Torino e imprenditore vinicolo, nominato nello stesso anno cittadino onorario di Nizza, attribuisce finalmente a Cirio la gloria e gli onori meritati. Il busto in bronzo, poggiante su una base di granito, consegna il noto imprenditore nella sua verità fisiognomica, con i grandi baffi spioventi. La vicenda di Cirio quale «suscitatore di energie nel commercio e nelle industrie agricole nazionali», come recita l’epigrafe dettata da Vincenzo Porta, è illustrata ai quattro lati della base con la rappresentazione simbolica di putti “conservieri”. Nello stesso periodo, il comune di Nizza decide anche di intitolare “corso Francesco Cirio” la via che partendo dal centro città all’altezza del nuovo ponte Buccelli porta verso Acqui Terme e che, durante il ventennio, ha poi preso il nome di via Roma. In tempi più recenti, a seguito di un progetto di ricollocazione di alcuni monumenti cittadini, compreso quello di Bartolomeo Bona, il busto di Francesco Cirio viene posizionato sulla piazza XX Settembre detta in gergo nicese “piazza del mercato della verdura”, da quel mercato ove Cirio aveva mosso i primi passi della sua affascinante avventura.
Nel 1936 a Nizza in suo onore anche una gara di ciclismo
Nel settembre del 1936, per onorarne la memoria del centenario della nascita, Nizza programma una serie di manifestazioni aperte dal discorso commemorativo del senatore monferrino Arturo Marescalchi. Si tengono un convegno celebrativo, serate danzanti e si disputa il “Gran Premio Cirio”, gara ciclistica nazionale che percorre le maggiori località della appena costituita Provincia di Asti. Intanto l’azienda “Cirio”, superati gli eventi traumatici di primo Novecento, si rinnova e riprende alacremente l’attività di produzione agro-alimentare. Sul piano promozionale investe con convinzione su programmi di marketing. Affida la proposta pubblicitaria alla DALM di Milano, di ispirazione americana, che dà l’incarico a grandi disegnatori della grafica futurista come Cappiello, Seneca, Dudovich e Fortunato Depero, cui si deve il celeberrimo manifesto del “Caffè Cirio” . La Cirio comunica utilizzando i segnali politici del Fascismo con proposte meno esterofile e più autarchiche. Ecco così che, accanto e all’interno delle grandi campagne dell’epoca, l’azienda utilizza tutti gli strumenti del messaggio pubblicitario: manifesti, locandine, volantini, cartoline, quaderni, sussidiari, libri, fumetti e materiale per le scuole e per l’infanzia. Arrivano anche gli spot per radio e più tardi alla televisione con il celebre slogan: “Natura crea, Cirio conserva”.