È un lungo racconto, una favola bella. È un libro piacevole da leggere, nelle voci alternate di Dino Piana e Armando Brignolo. È la storia di un uomo che da quando aveva tre anni sognava di suonare la tromba e suonò, in effetti, nella banda di Refrancore: una bellissima fotografia lo mostra nanerottolo compunto circondato da uomini alti, quasi abbracciato. Poi è cresciuto Dino Piana, ha studiato musica, ma non ha mai imparato il solfeggio e dovunque si presentasse la prima cosa che diceva era: «Io non conosco la musica». La musica l’aveva scoperta come una folgorazione durante un sogno che apparve chiarissimo: lì scoppiò la passione. Nella grande famiglia di Dino Piana c’erano tanti zii che lo coccolavano, ma uno in particolare aveva capito l’innato talento per la musica del nipote. Gli regalò una tromba. Gli fu subito facile trovare le note. Lo zio Marcellino gli diede delle lezioni, il piccolo Dino andava dietro il pianoforte dello zio con uno strabiliante senso del ritmo, ma trovava inutile e noioso leggere le note.
Arrivò dall’America un altro zio che, conoscendo l’entusiasmo del nipote, lo portò nel negozio di Massara, dove spesso Dino si recava con qualche scusa, magari comprare uno spartito che non avrebbe mai letto, e si fermava per delle mezzore «tanto per godermi il piacere di un’atmosfera che ritenevo unica. E sentire l’odore del cuoio delle custodie degli strumenti mi inebriava. In quello stesso anno, grazie allo zio Vittorio, Dino sentì parlare della musica americana che ascoltava sintonizzando la radio sulle stazioni d’oltreoceano. Dino incominciò a suonare con altri nei locali, sui balli a palchetto, fino a formare un gruppo chiamato Scala d’oro. Purtroppo l’attività dei genitori, trasferitisi a Torino, ebbe un crollo. Incominciò un periodo buio. Risolti i problemi economici senza mai smettere di suonare, Dino Piana fece sul serio. Si presentò dovunque pensasse di poter trovare ingaggi e avvicinò i grandi jazzisti dell’epoca, da Enrico Rava a Gianni Basso, Oscar Valdambrini, Gianni Coscia, Franco Cerri e moltissimi altri. «Tutti musicisti con i quali, modestamente, ho contribuito a scrivere la storia del jazz moderno in Italia». Incomincia l’irresistibile ascesa, i molti viaggi, gli applausi fragorosi per l’elegante maestro astigiano del jazz.