Valerio risponde al telefono con la voce sicura di chi sa quello che vuole “lavorare nel mondo della scienza e della ricerca ” e quello che non vuole “diventare un personaggio pubblico”, o peggio “un fenomeno mediatico”. I riflettori della notorietà si sono accesi su di lui allo scoccare del 16 anni, quando si è diffusa la notizia che lo studente del Liceo scientifico Galilei di Nizza Monferrato si è aggiudicato il premio di migliore giovane scienziato europeo grazie ad un’invenzione potrebbe contribuire a superare il digital divide, cioè il divario tecnologico che grava su molti territori. Il riconoscimento nell’arco di pochi giorni l’ha reso noto “urbi et orbi”, basta pensare che oggi su Google ci sono 15 mila citazioni on line dedicate a Valerio e al suo progetto.
Il liceale nicese, nato nel Duemila, vince un premio europeo sull’estensione della banda larga
Dal suo laboratorio casalingo immerso nelle colline del Monferrato, Valerio ha studiato e sperimentato un modo per portare la banda larga nei luoghi più impervi, coniugando la tecnologia laser ai tralicci dell’alta tensione. «L’invenzione nasce sicuramente da una necessità personale, nel piccolo paese dove vivo non esiste la banda larga – racconta Valerio – Io coltivo fin da molto piccolo la passione per l’elettronica e l’informatica e ho provato a progettare qualcosa che magari un giorno potrà essere utile per contribuire a risolvere questo problema”. Il nome LaserWAN deriva da “laser” e da “WAN” che sta per Wide Area Network. È un termine tecnico utilizzato in ambito informatico per indicare la rete geografica.
Hai costruito il prototipo da solo? «Sì. Il progetto è nato e lo sto portando avanti in autonomia. I miei genitori mi hanno sempre supportato, ma lavorano in settori molto diversi dalle telecomunicazioni e dall’elettronica . La scuola ha avuto un ruolo importante, specialmente grazie alla professoressa Bogliolo, in quanto mi ha dato l’opportunità di iscrivermi al concorso, ma non ha contribuito in modo strettamente “tecnico”, dato che l’elettronica e le telecomunicazioni non sono materia del liceo scientifico, purtroppo».
Quando hai fatto il primo test di trasmissione chi era con te? Con chi hai condiviso per primo la gioia del risultato? «Il primo test l’ho fatto a casa mia, nella mia camera e la prima persona con la quale ho condiviso il risultato è stata mia mamma, che era in cucina a preparare la cena…Ovviamente c’è voluto un bel po’ di lavoro prima di arrivare ad un risultato convincente».
Che commenti hai ricevuto dai tuoi compagni? «L’ho presentato ai miei compagni la settimana prima di partire per Milano, dove c’è stata la selezione italiana per l’Eucys. Nonostante il mio progetto non sia una cosa estremamente semplice da capire, erano parecchio interessati. Molti vivono situazioni di digital divide e il loro primo pensiero è stato “Bello! Quando mi porti la 500 megabit a casa?” Ovviamente la cosa non è così semplice. Io ho avuto un’idea, da qui ad un prodotto finito e funzionante ci vuole un po’».
Prima di vincere il premio europeo, il progetto aveva già ottenuto altri riconoscimenti? «L’anno prima avevo vinto un concorso di programmazione informatica e un premio della fondazione CRT di Torino, che ho reinvestito in un po’ di apparecchiatura che si è rivelata utilissima per sviluppare il LaserWAN».
È vero che per costruire il prototipo hai utilizzato un telecomando? «Ho estratto dal telecomando e dall’aspirapolvere due piccoli componenti, ma la stragrande maggioranza dell’apparecchiatura è stata costruita con elementi specifici comprati online».
Google ha già raccolto 15.000 citazioni a te dedicate: ti aspettavi tanto clamore? «Assolutamente no, non me l’aspettavo proprio. Per certi versi sono contento che il risultato di Bruxelles sia stato apprezzato da molti, penso che mi sarà utile anche nel curriculum per il mio percorso formativo. Ci tengo a sottolineare, però, che il mio sogno è lavorare nel mondo della scienza e della ricerca, in particolare nei settori elettronica, informatica e fisica, sicuramente non nel mondo dello spettacolo. Non voglio diventare una persona “pubblica”, faccio il massimo per tenere “i piedi per terra”. Cerco di evitare che il mondo dei media tolga spazio alle mie passioni, alla mia vita privata e soprattutto allo studio, l’unica strada per raggiungere i miei obiettivi».
Il bello di questa improvvisa popolarità? «È una situazione nuova, e in quanto tale è un’occasione di crescita e per imparare “come gira il mondo”. Poi sono contento di aver dato qualche piccola soddisfazione alla mia scuola. Questa “popolarità” se così vogliamo chiamarla, è stata anche un’occasione per conoscere alcune persone nel campo della scienza, e questo è uno degli aspetti migliori».
Gli aspetti meno positivi? «Sicuramente la notorietà ti trasforma in qualche modo in un “prodotto” che i media tentano un po’ di “sfruttare”. Questo mina un po’ quella sana “normalità” a cui sono abituato».
Sulla rete c’è anche qualcuno che tenta di “smontare” la tua invenzione: che ne pensi? «Molti pareri che circolano in rete sono la diretta conseguenza delle descrizioni “semplicistiche” che fanno i giornali. Però non ne faccio una colpa a chi scrive. È quasi impossibile descrivere in poche righe un progetto tecnico. Io non ho mai rilasciato un comunicato tecnico».
È vero che stai brevettando la tua invenzione? «Sì, ho depositato una domanda di brevetto».
Ci sono aziende che si sono fatte avanti per acquistare il brevetto? «Sì, ho già qualche contatto, vedremo se sarà concreto”.
Chiudiamo la parentesi di notorietà e torniamo con i piedi per terra. Mi descrivi in una frase chi è Valerio Pagliarino? «Sono un ragazzo con una grandissima curiosità per il mondo scientifico e tecnologico».
Che cosa ami fare nelle tue giornate, oltre a studiare e a costruire macchine ingegnose… «Tante cose! Lo studio occupa gran parte delle mie giornate, nel poco tempo libero suono la batteria e quando ho tempo faccio qualche giro in bici».
Che cosa sogni per il tuo futuro? «Il mio sogno è di inventare o scoprire qualcosa di utile al mondo».
L’università dove? Italia o estero? «Se possibile in Italia».
Ecco, teniamoci stretti questo talento monferrino…