C’era un tempo (c’è ancora?) in cui i matrimoni, salvo rari casi, erano combinati. Ce lo ricorda Il Bacialè (il “combina-matrimoni”) di Fermo Tralevigne (nome di fantasia che nasconde l’identità del medico-scrittore astigiano Franco Testore). La storia è ambientata negli Anni ’60 del secolo scorso, a Borgoriondo, al confine con le Langhe (vi si ritrova la Cassinasco dell’infanzia dell’autore). Cosimo Scarcella, il maresciallo dei carabinieri, intraprende questa attività parallela, utile in un’epoca in cui «di donne che volessero sposare un contadino del loro paese non ce n’era quasi nessuna; le signorine ormai crescevano con le drívère, volevano l’impiegato, l’autista, il commerciante». E così il maresciallo, insieme alla moglie Ottavia, diventa anche “bacialè”, promuovendo un singolare “gemellaggio” tra i giovani contadini di Borgoriondo e le ragazze di San Cosimo della Sila, desiderose di trovare marito al Nord. Un’impresa tanto facile quanto “epica”, in un’era ante telefonini e Facebook, che conduce a 15 matrimoni, più o meno fortunati. L’autore, in epigrafe, dedica la sua opera alle «persone qualunque, che vivono una vita qualunque, in un posto qualunque».
Tutto il libro è profondamente intriso di amore per le persone, anche quando sono brutte, ignoranti, cattive, sporche. Cuori induriti dal lavoro, da una campagna amica e nemica allo stesso tempo, che tuttavia il maresciallo non smette di cercare di capire e, a suo modo, amare. Il Bacialè è un libro sorprendente e mai convenzionale: i personaggi sono credibili anche se descritti soltanto attraverso un gesto, una parola, uno sguardo, un pensiero. E anche chi scompare improvvisamente, con un tocco di giallo, ha qualcosa da dire, se pure attraverso le parole degli altri, siano esse di stupore di fronte al mare «meraviglia senza fine» visto per la prima volta, come acqua che «scivola dai ciottoli delle strade del paese, fino ad entrare in tutte le case».