Nel 1965, terminati i soggiorni in Puglia e in Sicilia, Amelia Platone ritorna ad Asti: la famiglia, l’insegnamento e l’attività culturale riflettono la difficile condizione di donna e di artista, rigorosa nell’etica professionale e determinata nella ricerca espressiva. A Torino (Piemonte Artistico e Culturale, 1965) espone le recenti tempere su carta, concepite nella penombra di case mediterranee (Le quartare, 1959; Contadina siciliana,1964) e i dipinti a olio magro (La venditrice di pesce, 1957; Donne al mercato, 1958): frammenti di una poetica sociale. Spigolose sculture in terracotta ricostruiscono ambienti e architetture del meridione italiano, tra anziani abbandonati e adolescenti in corsa lungo scoscese scalinate, un mondo di uomini sofferenti, dimenticato dalla frenesia consumistica degli anni Sessanta, che si ritrova nella dimensione letteraria e artistica del positivismo verista, nelle opere di Vespignani e di Bruno Caruso e in certe pagine pasoliniane.
L’uomo dal sacco (1965), dipinto custodito presso i Musei Civici di Asti (inv. 641), appartiene a quella poetica, racchiudendo, nella sua ispirazione casoratiana, la morbida presenza delle gamme ocra e brune, scandite dall’attenta osservazione della natura. Diviene pertanto costante il «riemergere della materia pittorica dalla griglia nera d’un segno che vuole, quasi con risentimento, compattare la realtà» (G.C. Coppellotti, 1993), mentre il motivo del viaggio assume, ancora nei decenni Settanta – Ottanta, una dimensione esistenziale e metaforica («Amelia non era affatto insensibile alle scoperte che arrivavano dall’estero, il suo era un viaggio sostanzialmente solitario in mezzo al nostro gruppo e quindi presupponeva forse una più vigorosa autonomia di pensiero» (V. Miroglio, 1991). Poesia, incisione e pittura intrecciano i motivi del “fardello” e della “donna carica” nell’analisi della società contemporanea, nell’attenzione alla solitudine e all’emarginazione. Nell’incedere dell’uomo si legge il passo del viandante in cerca di sostentamento e di solidarietà: la vita vissuta giorno dopo giorno si coniuga con la lotta alla discriminazione degli ultimi, mentre nella cupa prospettiva urbana, tra la bicicletta appoggiata e i tronchi nudi, filtra l’azzurro della speranza. Dopo la frequenza all’Accademia Albertina (1948-1952, alle lezioni di Felice Casorati, Filippo Scroppo e Mario Calandri), Amelia Platone (Asti, 1927-1994) si afferma presso la Società Promotrice Belle Arti di Torino (1948), partecipa alle Quadriennali Nazionali (1951, 1955, 1959), alle Celebrazioni Alfieriane (1949, 1950), ai Premi nazionali di quei decenni e collabora alla promozione del Circolo Culturale “La Giostra” e della nascente Società Promotrice di Asti (1948), coltivando con sobrietà stilistica tecniche e tematiche, fino alle mostre antologiche (Valenza 1991; Asti 1993; mostre postume: Asti 2002; Asti 2008). Il cammino esistenziale di Amelia appare ogni giorno più attuale, poiché incarna, attraverso la gioia e la sofferenza, l’impegno nella società, senza trascurare la quotidianità e gli affetti.