Guido Grasso
Camerano Casasco 3 dicembre 1944 – Asti 1 agosto 2017
Operaio alla Martinengo pelli
Io che svettavo su tutti per la mia altezza, suonavo come strumento il basso tuba un po’ in tutte le bande dell’Astigiano: nell’armadio di casa a Camerano Casasco ho un corredo di divise. Ero il più alto basso tuba in circolazione e per tutti ero “Guidone”.
Mi piaceva state nelle bande, si suona meglio se tra gli orchestrali c’è affiatamento. La musica unisce e annulla tutte le differenze: se non afferri la nota, lei ti pernacchia inesorabilmente e non le interessa se sei ricco o povero, maschio o femmina, giovane o vecchio, bianco o nero, laureato o no e così via dicendo.
Da giovane ho smesso quasi subito di frequentare il mondo del pugilato perché non mi piaceva dare pugni neppure su un ring. Meglio la musica. Regalate il mio basso tuba a giovane musicista e andate a sentire suonare le bande. Quando vi capiterà di ascoltare il suono di un basso tuba mi penserete.
Matteo Peretti
3 gennaio 1937 – 17 agosto 2017
Agricoltore
Ho iniziato a lavorare la terra giovanissimo: con i miei fratelli facevo il “garzone” agricolo nelle cascine Sono arrivato a Settime nel 1960 in cerca di fortuna e l’ho trovata: ho messo su una bella famiglia e non mi sono più allontanato dal paese. Sono stati alpino e l’hanno messo anche sul manifesto funebre. Ho lasciato, tra gli altri, sulla terra un Matteo, come me, classe 2012, mio nipote.
Dicono che ogni giorno ascolti le campane ai rintocchi di mezzogiorno. Gli ricordano le figure dei libri che sfogliavamo insieme. Gli raccontavo che una volta, quando scoppiava un incendio, le campane chiamavano a raccolta la gente per spegnere il fuoco; segnalavano i temporali da grandine, erano malinconiche se suonavano a morto e allegre alla “baudetta” quando c’era festa. Noi nei campi, sentite le campane a mezzogiorno, posavano gli arnesi da lavoro, attaccavano la mucca al carro e ritornavano a casa; o, se troppo lontani, cercavano un posto all’ombra per il pasto, un po’ di pane e companatico con un goccio, o due, di “pichetta”. Ogni volta che suona il mezzogiorno so che Matteo mi pensa.
Alberto Fassio
16 marzo 1967 – 21 settembre 2017
Immobiliarista e dirigente sportivo del tamburello
C’era un bel sole davanti alla chiesa di Callianetto quando tutta quella gente è venuta a salutarmi per l’ultima volta. Finalmente, anche se davvero l’ultima, una giornata luminosa dopo qualche anno di grigiore e di difficoltà dovute alla crisi economica ed all’obbligato addio al mio amato tamburello. Me ne sono andato forse un po’troppo presto, anche se in queste cose quasi mai siamo noi a decidere, perché un po’di cose, come capita credo a molti, mi sarebbe ancora piaciuto fare. A ben pensarci però, la vita è stata intensa e non avara di soddisfazioni e, a parte il lavoro, per molti versi di grande rilevanza anche se non sempre con esiti felicissimi, le gioie più intense e paradossalmente intime sono venute dal tamburello e da quella specie di miracolo sportivo che è stato il Callianetto, Sarà anche vero che senza le tante risorse spese, non si sarebbero ottenuti così eclatanti successi e trionfi, ma è altrettanto vero che quegli anni sono stati non solo i più belli della mia vita ma credo anche di tanti altri, amici, giocatori, dirigenti, tecnici e appassionati che con me hanno condiviso il gusto della sfida continua. Un gruppo straordinario e forse unico nel suo genere. Questo non vuol dire che prima o poi non arrivi qualcuno che voglia conservare questo patrimonio di uomini e saperi e cerchi addirittura di fare meglio. Se così fosse, da dove mi trovo, sarò il suo più acceso tifoso.
Piero Mentigassa
19 marzo 1934 – 20 ottobre 2017
Giornalista
Alzi la mano chi in tutti questi anni mi ha sentito fare la voce grossa. Ero fatto così: non mi piaceva chi urlava e sentire chi faceva rumore tanto per farlo. Fedele fino all’ultimo a questo mio modo di essere, me ne sono andato senza troppi clamori, accompagnato solo dall’affetto di mia moglie e, credo, del mio cagnolino che per tante sere ho accompagnato nella sua passeggiata igienica intorno a casa.
E dire che nella mia vita di giornalista, soprattutto sportivo, i clamori e gli inutili rumori erano all’ordine del giorno, soprattutto negli anni epici dell’Asti calcio del mio lontano e omonimo parente Alessandro che non era davvero un tipo silenzioso. Anni infuocati, se vogliamo, che ho attraversato con il mio passo lungo e lento che aiutava a riflettere ed a scrivere cose sensate e ragionevolmente meditate, piuttosto che i pirotecnici commenti di tanti miei colleghi. Non è stato facile fare il giornalista in una cittadina dove ogni giorno eri a confronto con ciò che avevi scritto, soprattutto se eri un abituale frequentatore del Cocchi di Beppe e Mini – quasi di diritto era mio il tavolino d’angolo dove potevo fumare in pace, prendere un caffè e intanto sorvegliare chi passava sul corso e allo stesso tempo chi entrava nel bar – dove tutto lo sport locale prima o poi passava durante la giornata. Alla fine, tra Gazzetta del Popolo e qualche giornale locale, tutti hanno capito che ciò che veniva dalla mia penna era frutto di onestà intellettuale e voglia di fare bene il proprio mestiere.
Giancarlo Bologna
Santhià 2 febbraio 1943 – Alessandria 11 ottobre 2017
Bancario e viticoltore
Amavo questa terra e sapevo quanta fatica costa mantenere così bello questo paesaggio. Il lavoro nella vigna era diventato parte della mia vita; passare qualche ora tra i filari, dopo una giornata in banca, era una fatica, ma anche un sollievo. E una soddisfazione, quando tornavo dalla cantina sociale, a vendemmia finita, per annunciare ai miei che anche quell’anno quantità e gradazione erano superiori al previsto. Non mi convinceva questo tempo, troppo veloce, troppo rumoroso e pieno di chiacchiere inutili, troppo virtuale. Preferivo la lentezza, che consente di gustare meglio la vita, le parole rare e misurate, per esprimere le cose che contano; ancora di più preferivo il silenzio, quello immenso delle montagne, così belle e così dure da conquistare. E preferivo le cose solide, quelle che restano, come la terra, come le montagne, come la famiglia e l’amicizia. Mi piaceva vedere i miei nipoti giocare nella casa dove cinque generazioni li avevano preceduti, mi piaceva rendermi utile agli altri, magari solo con una battuta o con un sorriso, ma evitavo di chiedere aiuto; non volevo disturbare, come si dice dalle nostre parti.
Ho portato con me, come buon viatico, le ultime parole della mia Giovanna, i disegni di montagne dei bambini e qualche foglia rossa della mia vigna.
Gli altri dicono che sono stato un uomo buono, un vero signore nel fare, io so di aver vissuto fino all’ultimo in punta di piedi. Tornerò a chiacchierare con gli amici: senza i rumori del mondo ci scambieremo pensieri belli.
Lorenzo Vallarino Gancia
20 giugno 1930- 6 ottobre 2017
Industriale dello spumante
E adesso mi vien facile andare dalla mia Canelli alla pampas argentina. Un battito, un fremito. In questi posti ho vissuto, ho lavorato e dato lavoro. Il vino, gli spumanti, gli allevamenti e l’avventura di ritrovarmi, partendo da quel mondo, ad occuparmi anche di editoria: i conti del Sole 24 Ore, gli impegni istituzionali. Tornavo sempre alla Canelli della mia gente e alla casa castello dove radunai anche un “senato” di amici per lanciare l’idea della cattedrali sotterranee. È stata così messa a dimora, da pochi noi, la pianta che ha attecchito ed è cresciuta ed è fiorita con i fiori dell’Unesco. Le nostre terre, il nostro paesaggio patrimonio dell’Umanità. Una bella soddisfazione, merita un brindisi.
Sergio Pesce
16 Aprile 1954-25 Ottobre 2017
musicista
Oggi mi è venuta la voglia di guardare, dietro le mie spalle, tutta la strada musicale che ho percorso, tutta la musica che ho sentito e suonato, tutti i suoni che mi sono rimasti nel cuore e nella mente…devo dire onestamente che ho sempre suonato la musica che mi piaceva, indipendentemente dalle mode del tempo… ho conosciuto grandi musicisti, ho suonato in posti straordinari e, soprattutto, mi sono sempre divertito a sperimentare musiche diverse anche se in realtà la musica è una sola, tiene unito il pianeta, fa parlare e stare insieme persone di lingue, religioni e culture diverse… le sue sfumature sono figlie dell’ ambiente dove si è sviluppata .
Quelli della mia età hanno iniziato con “milioni di capelli e così poche dita.. cit.”, hanno sentito Radio Lussemburgo, hanno rigato con la puntina mille Lp per imparare un riff, hanno attraversato la “summer of love “,il beat, il rock (ebbene sì… anche quello duro), il progressive, per quanto mi riguarda, dopo questo viaggio tempestoso, ho pensato di navigare in mari più calmi, fatti di folk irlandese e di folk-rock, ma ho un po’ di rimpianto nel cuore per tutte le musiche che ho attraversato o, per meglio dire, che mi hanno attraversato… ognuna di esse ha lasciato in me qualcosa di indimenticabile e di irripetibile… tutte hanno percorso in egual misura le mie vene e ho negli occhi i volti delle persone con le quali ho condiviso negli anni questa fortuna… oltre ogni oltre.
Paola Goia
25 ottobre 1956- 3 novembre 2017
Commerciante e creatrice di bigiotteria
Dicono che il mio sorriso fosse lo specchio della mia anima solare. Non si è mai spento, anche quando è diventato doloroso vivere. Amavo ridere, mi ridevano gli occhi. Ho avuto il dono dell’estro e della creatività: nel mio negozio di via Verdi ho inventato orecchini, spille, collane. Mi è sempre piaciuto inventare con poco. Vittorio e Carolina sono i gioielli che mi sono venuti meglio. Merito anche di Paolo che ho inseguito tra i suoi sogni e le sue canzoni. Cercatemi in un vecchio oggetto di quelli che vendevamo da giovani con Francesco al “Trovarobe” di piazza Astesano. In uno specchio un riflesso, una luce: ecco io, ora, sono così.
Ugo Perosino
25 ottobre 1936- 21 novembre 2017
Massaggiatore per 20 anni nell’Asti TSD e dell’A.C. Asti e dell’Orange, nel calcio a 5, attore dialettale con la compagnia “Brofferio”
Ciao Ragazzi. Sono Ughetto e vi saluto. Quanti anni in panchina al “Bosia” con la tuta dell’Asti, ogni tanto a correre con le mie gambe corte per portare la spugnetta bagnata o lo spray ghiacciato.
“Dai forza ! Proviamo” vi dicevamo io e il medico sociale, e voi quasi sempre vi siete rialzati. Eravate come figli, e ho voluto bene a ciascuno di voi. Qualcuno, speciale, lo chiamavo “Babaciu”. Mi sono divertito tanto anch’io, anche quando quel matto di Daidola ha spostato la mia fedele 500 dal cortile dall’antistadio perché pensassi che mi fosse stata rubata. Invece me l’avevano portata a lavare e la ritrovai fiammante.
Di recente mi ero dedicato al calcio a 5. Per i ragazzi, quasi tutti brasiliani (ed anche per quelli nostrani) ero diventato “Ughetu”.
Poi la sorte se l’è presa anche con i miei occhi, togliendomi la voglia di andare allo stadio, la possibilità di guidare, ed anche una parte di buonumore. Così va la vita, ma mi porto via una dose di simpatia ed amore, dati e avuti: ricordatevi di me nel Gelindo della “Brofferio” io capo dei soldati romani e il gigante amico Bragotti, che faceva pendant alla mia bassa statura. Ecco voglio salutarvi con l’immagine del teatro pieno e degli applausi a quella strana coppia. E le risate, soprattutto quelle, che diventino la colonna sonora del mio ricordo.
Franco Orecchia
17 luglio 1945- 30 novembre 2017
Regista della Via Crucis di Antignano, prestigiatore, commerciante di abbigliamento
Ad Antignano mi sono venuti a salutare nei loro costumi della Via Crucis. La prossima sarà la trentesima edizione e io la vedrò per la prima volta da spettatore in prima fila. E mormorerò con loro le battute di quel copione che ho scritto tanti anni e che l’intero paese ogni anno il Venerdì Santo mette in scena e fa vivere. E ci sarò anch’io ad issare la Croce e sentirò l’emozione della gente. Con me c’è Laura, la mia ispiratrice. E’ lei che mi ha accompagnato in una vita da amante dell’arte e della fantasia. Ho stupito grandi e piccoli con i miei giochi di prestigio e il mio amico Mago Sales ha voluto venire a “dirmi la messa”. Ho dipinto, scolpito, modellato. Giocato con i colori e le parole.
Spenta l’ultima sigaretta, i miei pensieri volano lievi su piazza Statuto a Torino dove ho venduto abiti per decenni lasciando ora il testimone a Roberto. Chissà che colore andrà di moda quest’anno? Ma a stare sul classico non si sbaglia.