Vincenzo Gilardino da Canelli fu tra le vittime del naufragio del Titanic nel 1912
l naufragio del Titanic è tra gli avvenimenti che hanno segnato gli inizi del Novecento. Era il 10 aprile 1912 quando il grande transatlantico, la nave dei sogni, ritenuta inaffondabile, salpò per il viaggio inaugurale dal porto di Southampton, in Inghilterra, destinazione New York. Nella notte tra il 14 e il 15 aprile la nave si scontrò con un iceberg al largo di Terranova. Lo squarcio nella fiancata ne provocò l’affondamento. A bordo c’erano 2223 tra passeggeri e uomini dell’equipaggio: si salvarono soltanto in 706. Tra i dispersi in mare anche un cameriere del ristorante di prima classe: Vincenzo Pio Gilardino, un giovane canellese in cerca di fortuna. Questa è la sua storia.
Vincenzo era nato a Canelli il 27 gennaio 1881, figlio di Umberto Gilardino e Giovanna Muratore. Aveva sei fratelli e tre sorelle. Alla fine degli anni Novanta, non ancora ventenne, decise di trasferirsi in Inghilterra. Era un periodo di forte emigrazione. Le campagne piemontesi erano flagellate dalla fillossera e molti contadini lasciavano la terra in cerca di fortuna. Un elemento, quello della fortuna, che costituisce il filo rosso della vita del futuro cameriere. La nipote di Vincenzo (figlia del fratello Paulo Gustavo), Caterina detta Rina, raccontò in una lettera che «nel 1901 Gustavo fu mandato in Inghilterra dal padre per cercare di convincere Vincenzo a tornare in Italia. Tuttavia, Gustavo non ebbe successo e decise che lui stesso sarebbe rimasto in Inghilterra. Si stabilì a Manchester, dove trovò lavoro in una pasticceria».
Anche Vincenzo è nel settore della ristorazione. Ha imparato l’inglese e le regole del galateo e l’etichetta del perfetto cameriere. Dopo anni di gavetta inizia a lavorare per un altro italiano, tal Luigi Gatti, futuro direttore e gestore del ristorante À la carte del Titanic.
Come emerge nella lettera scritta dalla nipote Rina, «Vincenzo non era estraneo ai viaggi per mare. Aveva firmato vari contratti, ma di solito si trovava sulla stessa linea e, a parte un viaggio in Australia, la nave viaggiava tra Southampton e Buenos Aires. Per coincidenza, un altro dei suoi fratelli, Enrico, viveva in Argentina».
Le lettere della nipote Rina raccontano squarci di vita dello zio navigante
Vincenzo non dimentica la sua famiglia e le sue origini. Scrive ancora Rina: «Tra una navigazione e l’altra mio zio Vincent – come era conosciuto in Inghilterra – aveva alternativamente una lunga licenza e una breve. Era sua pratica andare in Italia durante il lungo congedo e restare a Manchester durante il breve».
Si aprì un nuovo capitolo della vita di Vincenzo, quando venne a conoscenza delle opportunità lavorative offerte dalla White Star Line, compagnia navale inglese. Tra le navi della compagnia figurava il Titanic. Era la nave più prestigiosa dell’epoca, un gigante giudicato inaffondabile.
L’ultima lettera di Vincenzo Gilardino è datata 6 aprile 1912, indirizzata a suo fratello Gustavo. A quel tempo il mittente risulta al numero15 Bellevue Road, a Southampton.
«Caro Gustavo. Spero tu abbia ricevuto la mia cartolina da Belfast. Mi dispiace non averti potuto scrivere prima. Stavo sempre aspettando una tua lettera per darti una buona notizia. Il 10 partirò sul Titanic, la nave più grande del mondo. Mi farò tagliare i baffi, ma non importa! Non appena torno, sarò in grado di dirti se il posto è buono o meno, ma sono molto fiducioso. Appena lo ricevi, scrivimi presto, in modo da ricevere notizie da te prima di partire. Tanti saluti e baci a te, Agnese e Rina. Tuo fratello Vincenzo».
Il riferimento ad Agnese fa capire che Vincenzo si era legato sentimentalmente a una delle sorelle della moglie di Gustavo e pare che i due stessero progettando il matrimonio. Rina a questo proposito scrisse: «Quando mio padre Gustavo andò a Southampton dopo il naufragio del Titanic, per raccogliere le cose di Vincent, trovò una foto di Vincenzo e Agnese insieme a Firenze».
Forse Agnese andò a salutarlo al momento della partenza del Titanic da Southampton.
Vincenzo era sicuramente orgoglioso di essere entrato nello staff di bordo come cameriere di prima classe in forza al ristorante À la carte, gestito e diretto da Luigi Gatti. Come accenna nella lettera al fratello a malincuore dovette tagliarsi i folti baffi, per ordine dello stesso commissario di bordo della White Star Line. Quei mustacchi neri ne segnavano in modo troppo evidente l’italianità e sul Titanic si preferiva personale di servizio dall’aspetto internazionale.
Non si hanno altre notizie degli ultimi giorni di vita di Vincenzo che visse da vicino quell’epico viaggio, tra il lusso della prima classe (322 passeggeri) e la modesta collocazione degli altri passeggeri (277 in seconda) e 709 in terza classe così ben tratteggiata dall’epico film Titanic, girato nel 1997 da James Cameron.
Chissà se anche lui ascoltò le ultime note dell’orchestra che come vuole la leggenda suonò fino all’ultimo sul ponte del transatlantico in agonia.Vincenzo Gilardino morì all’età di 31 anni accomunato nella sorte al destino della maggior parte dei passeggeri e dell’equipaggio del Titanic.
Il suo corpo non fu mai identificato. Le acque gelide dell’Atlantico sono state la sua tomba.
Alla famiglia non risulta sia stato dato alcun risarcimento ufficiale. Di lui non restano che alcune lettere, qualche foto e la memoria del suo ultimo nipote, Luigi Gilardino di 94 anni che vive a Canelli. Luigi, figlio di uno dei fratelli di Vincenzo, Edoardo Gilardino, non ha mai conosciuto lo zio. Egli ricorda solo quello che gli raccontarono i genitori.
Uno spaccato della vita di Vincenzo si deve alle testimonianze della nipote Rina che aggiunge in una lettera un altro particolare: «Vorrei registrare un’altra storia, in parte perché dà un’idea del personaggio di Vincent e in parte perché è una bella storia di vera onestà. Mentre mio padre (Gustavo, ndr) era a Southampton dopo il naufragio, un uomo lo fermò per strada dicendo: “Sono sicuro che sei il fratello di Vincent, perché sei così simile a lui.
Vincent prima di partire mi aveva prestato 60 sterline per curare mia moglie molto malata”. Il giorno dopo quest’uomo venne da mio padre e gli diede 60 sterline. Non c’era stato alcun resoconto scritto del prestito, ma bastò la parola».
Per saperne di più
Il ritrovamento del Titanic, di Robert D. Ballard, editore Mondadori, 1987
Siti internet
encyclopedia-titanica.org / titanicdiclaudiobossi.com / wikipedia.org / mole24.it