“Mio padre mi diceva sempre: ricordati, Gigi, tu sei come il prete: ascolti, sai tutto e taci”. Luigi Poggi parla con la schiena appoggiata allo scaffale in legno della sua bottega che, da 64 anni, si affaccia su piazza Primo Maggio. Accanto il simpatico Gregorio, il cagnolino mascotte, che scodinzola. “Oggi il mio mestiere è cambiato: anche la fotografia è diventata più spudorata”. “Asti Foto” aprì nella primavera del 1952. Due stanze e una camera oscura appoggiata al forno del panettiere accanto: “Quando fuori c’erano 30 gradi, lì dentro ce n’erano 50: mi ricordo che mio padre e il suo socio sviluppavano le foto al buio in mutande”. I due pionieri fondatori di “Asti foto” erano entrambi di origine toscana: Ezio Poggi, papà di Gigi, e Gianfranco Grassini. Due fiorentini doc. La storia che li portò a diventare fotografi ad Asti è curiosa: “Gianfranco – racconta Luigi – era venuto in Piemonte a fare il militare. Ha visto che qui molti studi fotografici erano arretrati: usavano ancora il lampo al magnesio. A Firenze usavano già il lampo elettrico. Così quando tornò a casa, propose a mio padre di venire ad aprire un’attività ad Asti”.
Detto, fatto. Nel 1952, le due famiglie si trasferirono ad Asti. Luigi aveva 2 anni, ma si ricorda ancora la prima bottega: “Era accanto alla drogheria sull’angolo di piazza San Pietro, lì dove oggi c’è la tabaccheria”. Negli anni Asti Foto si è spostata solo di qualche decina di metri. Da allora il negozio è diventato punto di riferimento per le foto da studio, ma i due toscani capirono che c’era mercato soprattutto uscendo.
Il fotogiornalismo mondano dei veglioni
“Erano gli anni in cui ad Asti c’erano i Veglioni, mi ricordo quello della Croce Verde e quello dello sport. Mio padre e Gianfranco pagarono gli organizzatori per avere l’esclusiva per fare le foto e poi esporle e rivenderle . Ad Asti i fotografi si facevano pagare per andare con Asti Foto cambiò il mercato. Nei periodi di Veglioni lavoravano 7 giorni su 7, anche la notte. Al mattino c’erano già le foto appese alle vetrine”. Fu un successo. Quando nel 1967 venne la ripresa del Palio fu un’altra grande occasione di ritratti a personaggi più o meno noti impegnati in sfilata. La gente veniva in negozio a passare e scegliere tra migliaia di provini. In molti ricorderanno ancora quella Vespa grigioverde con la scritta Astifoto di taglio che scorrazzava per la città. Al collo la vecchia Rolley o la Hasselbald, le prime due macchine fotografiche utilizzate. Il giovane Gigi cominciò nel 1968 a scattare le prime foto; nel 1973 entrò ufficialmente come garzone di bottega. Asti Foto si specializzò ben presto anche nelle fotografie di cronaca e divenne il riferimento di molti quotidiani: “Avevamo il Corriere della Sera, La Gazzetta dello Sport e La Stampa. Abbiamo detto no solo all’Ansa. Non avevamo più tempo libero. Si lavorava soprattutto sulla cronaca, dai processi agli incidenti stradali”. Dall’archivio storico spuntano così le immagini del 1952 dei processi Gerbi, Damasio, del delitto di via Varroni. S’intravvede la sede del vecchio tribunale con una stufa in mezzo alla stanza. E ancora scorrendo le foto: l’inaugurazione dei bus cittadini con il ministro di allora, un corteo in corso Alfieri per la Festa dei mutilati del lavoro con la caserma Colli di Felizzano e la garitta sullo sfondo. Sempre de 1952, il collaudo del nuovo ponte sul Tanaro a Rocchetta Tanaro, l’inaugurazione del negozio delle macchine da cucire Necchi in corso Dante con le ragazze sorridenti della scuola di cucito, la bottega del bottaio Conone, l’inaugurazione della Fiera dei vini ai giardini pubblici, il comizio del Pci del 1° maggio 1952. “Lavoravamo per tutti – ricorda Poggi – il Comune, la Camera di commercio, la Provincia e molto per le industrie. C’erano feste e tagli di nastro. Mio padre usava il banco ottico e la fotografia veniva perfetta. Ricordo che facevamo le foto all’Avir: a volte saltava qualche forno e bisognava andare a fare le foto con un caldo incredibile”. E aggiunge: “Ho avuto molte soddisfazioni: mi piaceva fare la politica perché vedevi il dietro le quinte. Ci chiamavano perché noi non vedevamo, non sentivamo e non parlavamo. È cambiato tantissimo. Un tempo c’era il pudore. La politica ci teneva a mantenere una certa immagine”. Gigi ha visto trascorrere un’epoca, tra eventi, cronaca e personaggi famosi: “Da Barbara Bouchet e Corrado Pani ospiti al Veglione dei camerieri all’hotel Salera fino a papa Wojtyla in visita ad Asti, ho fotografato tutti”.
Il patrimonio di un archivio storico straordinario
L’archivio di Asti Foto è immenso: “Scattavamo circa 1500 rotolini all’anno: ognuno ha da 12 a 24 foto”. “Già negli Anni 60 lavoravamo con i ritocchi alle foto: all’epoca si ritoccava con la punta di una matita sulla lastrina. Un lavoro difficilissimo! Ci è servito per imparare a ritoccare oggi sul digitale”. Nel 1990 Gianfranco lascia lo studio. I suoi due figli hanno scelto un’altra strada: entrambi medici. Subentra la moglie di Gigi, Paola Berruti: “Io sono sempre stata l’addetta alla curva del Cavallone, al Palio, quando ancora non c’era il digitale. È posto delle cadute più spettacolari”. Paola e Gigi ricordano i giorni drammatici dell’alluvione, nel novembre 1994. Stavano ristrutturando il locale: “Andavo avanti e indietro con gli stivali sporchi di fango. Avevo il negozio sottosopra per i lavori di restauro. Ero sporco di fango da mattino alla sera”. Di tutte le foto fatte in oltre 40 anni di carriera, ne sceglie due: “Entrambe di matrimoni. La mia prima foto a un matrimonio nel maggio 1969. Una fotografia fortuita: non è scattato il flash, ma è venuto un controluce da favola. L’altra a Diano d’Alba, vicino al Belvedere: c’era la neve e si vedeva la nebbia che arrivava. Ho scattato mentre gli sposi erano avvolti dalla nebbia con la chiesa che si intravedeva sullo sfondo”. Gianfranco ed Ezio sono andati avanti nel 2013 e nel 2014. Paola e Gigi resistono in bottega, “finché non andrò in pensione” dice Paola. L’unica figlia ha scelto un’altra strada ed è la segretaria amministrativa del distretto scolastico di Rocchetta Tanaro. Gigi oggi è presidente Anap, i pensionati di Confartigianato, e del gruppo dei fotografi astigiani. Sta digitalizzando il suo immenso archivio di foto. Una per una passata sullo scanner. Ci vorranno forse anni per “fermare” tutti quei volti di uomini e donne sul cui sfondo scorre la Asti che fu.