Il tiro a volo (o al piattello) è una delle specialità olimpiche più antiche – già presente a Parigi 1900 sia pure come disciplina dimostrativa – ed è tra quelle che ha regalato
grandi soddisfazioni all’Italia con un medagliere ricchissimo di ori, argenti, bronzi olimpici, mondiali ed europei.
La prima società di tiro fondata in Italia è unanimemente considerata la “Tiro a Volo Astigiana”, nata nel marzo del 1880, con campo gara sul bastione di Porta Torino (poi la
sede fu trasferita sulle colline di Valmanera). I bersagli erano rappresentati da piccioni, talvolta anche meccanici, poi dai “lepri” e, come avviene oggi, dai piattelli.
La “Tiro a volo Astigiana” fondata nel 1880 è la più antica società in Italia
Una storia lunghissima, dunque, non priva di momenti di forti entusiasmi da parte degli astigiani, che ha avuto il suo periodo più sfavillante nella seconda metà del Novecento grazie all’impegno e alla dedizione di grandi appassionati del tiro sportivo (Tito Cendola, Francesco Conone e Marcellino Borio tra gli altri) e alla figura di Carletto Ilengo.
Quest’ultimo giocò, e gioca tuttora, un ruolo di primissimo piano, prima agonistico, didattico e organizzativo poi, per lo sviluppo e il successo di questa speciale disciplina sportiva ad Asti, in Piemonte e in Italia.
Nato ad Asti nell’aprile del 1930 da famiglia di origini genovesi trasferitasi in Piemonte alla fine degli anni ’20 – il papà gestiva un magazzino di frutta e verdura in via Roero – aveva fin da giovanissimo dimostrato di avere un carattere esuberante, con spiccata passione per due “strumenti” sportivi assai diversi tra loro, ma egualmente ricchi di fascino: i motori e i fucili. Con i primi si esercitò, poco più che adolescente, in gare motociclistiche e automobilistiche, ricavandone le conoscenze e le esperienze che lo avrebbero fatto diventare uno dei più apprezzati meccanici astigiani con “autofficina di qualità” in via del Cavallino.
Con i fucili, invece, già imbracciati all’età di 17 anni, subito dopo la guerra, grazie a un porto d’armi ottenuto con garanzia firmata dal padre, sarebbe diventato uno dei più noti tiratori, ma soprattutto istruttori, d’Italia. Aprì infatti una scuola di tiro a volo – la prima nel nostro paese – da cui sarebbe uscito un incredibile numero di campioni olimpici, mondiali, europei e italiani, maschili e femminili. Tra tutti anche il plurimedagliato Giovanni “Johnny” Pellielo, uno dei più grandi tiratori italiani di ogni tempo, di origine vercellese, ma di formazione e scuola astigiana.
Le prime gare al campo del Fortino di tiro al piccione e al piattello
Il debutto agonistico di Carletto avviene agli inizi degli Anni ’50 sul cosiddetto “campo del Fortino”, al sommo del declivio su cui nel 1965 sarebbe sorto il nuovo Hotel Salera di via Monsignor Marello.
Qui si disputano ogni settimana gare di tiro al piccione, ma anche di tiro al piattello. E proprio in questa disciplina, la cui specialità più nota, e praticata, è il trap o “fossa olimpica”, il giovane Carletto si fa notare per la sua precisione, ma soprattutto per la
grande serietà con cui si applica in allenamento ritagliando spazi preziosi al lavoro di meccanico e alla famiglia, essendosi nel frattempo sposato con Margherita Tarif, segretaria della sua officina prima di diventarne la moglie.
I risultati non mancano e il numero di vittorie e piazzamenti cresce senza soluzione di continuità fino al titolo italiano di Prima categoria conquistato nel 1973 a Bologna e alla medaglia di bronzo a squadre vinta ai campionati Europei di Antibes-Juan les Pins del
1974, cui si abbina un quarto posto nell’individuale che non fu terzo per un solo piattello di scarto. Anno fatidico quel 1974 per Ilengo che, dopo aver gareggiato, ed essersi allenato, con straordinari campioni come Liano Rossini, Ennio Mattarelli e Silvano Basagni, decideva di dedicarsi quasi esclusivamente all’attività di istruttore.
Diventò ben presto Maestro di prima classe – qualifica ottenuta grazie al conseguimento di una serie di risultati di eccellenza (almeno 98/100 piattelli per un determinato numero di gare) – seguendo un percorso destinato a diventare il punto centrale della sua lunga vita sportiva.
Da istruttore fonda la scuola di tiro a volo al lago di Codana
Sempre nel ’74 è il suo arrivo al complesso turistico-ricreativo del Lago di Codana di Montiglio Monferrato dove, volendo aprirvi un campo di tiro, l’imprenditore Elio Rosmino trova in Ilengo la figura dell’istruttore di vaglia a cui affidare la gestione dell’impianto.
È burro e miele per Carletto che fonda una scuola di tiro diventata per quindici anni irrinunciabile punto di riferimento di tutto il movimento piemontese, e non a caso scelto nel 1986 da un’appassionata cacciatrice vercellese, per far apprendere al figlio
sedicenne, anch’egli appassionato di caccia e di fucili, i primi veri rudimenti del tiro a volo.
Il suo nome è Giovanni Pellielo, nato nel gennaio 1970 a Vercelli, destinato a lasciare una traccia indelebile nella storia del trap italiano e mondiale. Dopo un primo approccio non facile tra due caratteri di segno diametralmente opposto (aperto e un po’ caciarone
Carletto, chiuso per quanto maturo Pellielo, tanto che i due si sono dati a lungo del “lei”), Ilengo si accorge delle potenzialità di Giovanni, da quel momento “Johnny” per tutti, della sua enorme forza di volontà e della sua serietà. Pellielo si dimostra un
assiduo e promettentissimo allievo e, sempre sotto lo sguardo attento di Ilengo, comincia ad affermarsi in un numero crescente di gare tanto che, sei anni dopo il suo arrivo a Codana, debutterà, ventiduenne, a Barcellona ’92 nella prime delle sue sette consecutive presenze olimpiche.
È la storia della nascita di una “coppia” che non si dividerà neanche quando Pellielo diventerà uno dei più forti tiratori del mondo. Johnny continuerà infatti a frequentare la “scuola Ilengo” che, dopo la chiusura del campo di Codana nel 1989, vivrà un nuovo
importante capitolo nel moderno e frequentatissimo impianto di San Marzanotto, alle porte di Asti.
Giovanni Pellielo, un promettente allievo da quattro medaglie olimpiche
Dunque Pellielo (la bellezza, in estrema sintesi, di quattro medaglie olimpiche, tre argenti e un bronzo, diciassette mondiali, di cui 11 ori, e ventitrè europee di cui 14 ori), ma non solo. Alla scuola di Carletto Ilengo che, come già accennato, ha vissuto la sua ultima epopea nei vent’anni del campo di San Marzanotto, finito sotto l’alluvione del ’94, ricostruito e ingrandito e poi obbligato alla chiusura nel 2015 per l’incompatibilità dell’impianto con una serie di severissime norme di carattere ambientale, sono cresciuti anche altri numerosi tiratori. Molti di loro erano di origine astigiana, ma parecchi altri
sono giunti dal resto del Piemonte, attratti dalla fama della rinomata scuola astese.
Tra questi vale la pena di ricordare il “tiratore contadino” Sergio Borgo e i campioni mondiali, europei, universitari e italiani Marco Panizza, Erica Martini ed Erica Profumo. Nel bottino della Scuola vanno annoverati anche ben 16 titoli italiani conquistati
dai suoi allievi nelle più diverse categorie.
Un bilancio sportivo quello della carriera di Ilengo, connotato da un indiscutibile segno più – al suo attivo ci sono, tra l’altro, quasi mezzo secolo di presidenza provinciale della
Fitav, trentadue anni di presidenza della sezione astigiana degli Azzurri d’Italia, la Stella d’oro Coni al Merito sportivo, la presidenza del settore giovanile piemontese della Federazione tiro a volo – che non sembra ancora dare spazio alla conclusione, se pensiamo che Carletto, alla bella età di 89 anni, viaggia ancora, quando il clima è favorevole, alla volta di Cigliano, in provincia di Vercelli, dove segue una “classe” di una decina di allievi.
Lunga vita.