A Castiglione per chiedere l’età si diceva “Quante feste dei fagioli hai?”
Dai Batì ai coscritti
E’ ancora buio pesto quando i primi Castiglionesi escono dalle loro case con maglioni e giacconi a respirare, con ritorni di fiato caldo a fumi, l’aria di gennaio. Fa un freddo becco e Asti vista da quassù è un presepe addormentato. In lontananza, scuro e misterioso, si intravede il serpente del Tanaro che attraversa le luci della circonvallazione. Gli uomini si muovono in silenzio verso la piazza dove convergono altri Castiglionesi intirizziti. E ci sono anche già delle auto con i fari accesi: qualcuno viene da Asti per aiutare. La piazza è intitolata a San Defendente e oggi è il giorno del Santo, il 2 di gennaio. Per Castiglione è giorno di festa, la festa dij faseu. E’ la prima dell’anno e apre il calendario degli appuntamenti in tutto l’Astigiano. Sino a qualche decennio fa, tra Castiglionesi, un modo per chiedere l’età era: “Quante feste di fagioli hai?”. Emergeva così l’importanza che la festa del 2 gennaio. Oggi San Defendente si trova citato in qualche vecchio calendario, snobbato dalle più recenti agende. Intanto gli uomini nel semibuio della piazza stanno sistemando delle grandi caudere (paioli) di rame. Una, due… dieci, venti, quaranta…alla fine se ne contano sessanta: una scenografia da film di Olmi o di Bertolucci. Saltiamo indietro di otto secoli e andiamo a un atto notarile stipulato nei chiostri del Duomo di Asti nel 1200.

Dalle ricerche del canonico Lorenzo Gentile sulle antiche Carte Capitolari di Asti (pubblicate nel 1907 da F. Gabotto e N. Gabiani) risulta che tale atto poneva fine ad un’annosa vertenza fra il Capitolo Ecclesiastico e alcuni signori locali (i fratelli Giacomo e Rodolfo di Valle Canea – Caniglie). Uno dei testimoni, Guglielmo Baldissero di Castiglione, si impegnava a pagare una parte del compenso dovuto dalla Chiesa a condizione che, dopo la sua morte, fosse celebrata, ogni anno, una messa per lui e per i suoi parenti e venisse elargita un’emina (antica unità di misura) di legumi ai poveri del suo paese: “et minam unam leguminum pauperibus erogare”. Di qui é lecito pensare che la distribuzione gratuita dei legumi avesse origini antecedenti al 1200. In ogni caso l’atto notarile determina una data certa alla quale far risalire la più antica tradizione di Castiglione d’Asti e una delle più vecchie del Piemonte.
Per il variare inevitabile delle vicende, il compito della distribuzione gratuita dei legumi fu tenuto, sino ai primi anni del ‘900, dai Confratelli della Compagnia del Suffragio, i Batì.
Dal 1917 furono invece i ragazzi di leva a svolgere tale compito.
Mentre i paioli fumano sfila anche un corteo storico con le “ligere”
Raccogliere per le case di Castiglione legna e fagioli serviva loro, oltre che per la festa del 2 gennaio, a mettere da parte altre risorse per festeggiare anche in altre occasioni. Le fascine raccolte con la questua, infatti, solo in parte venivano utilizzate per la cottura dei legumi; la rimanenza veniva venduta al panettiere Avidano, sopranominato ”Dragon”, che aveva il forno proprio sulla piazza S. Defendente. Nel tempo i coscritti sono diminuiti e così, dagli Anni Ottanta del secolo scorso, visto anche il moltiplicarsi della quantità di legumi richiesti e offerti, il compito passò alla Pro Loco di Castiglione, nata proprio nel settembre 1980 con presidente e fondatore il cavalier Francesco Maggiora. Dal 2 gennaio 1981 la festa dij faseu assunse il nome di “Storica Fagiolata” e anche una veste nuova. In quella edizione infatti si provvide, oltre alla tradizionale Messa e alla distribuzione di fagioli e ceci, a un annullo filatelico, alla sfilata della banda e a una significativa “mostra di contadinerie” con oltre 300 pezzi raccolti per il paese. Si iniziò inoltre la consuetudine di organizzare ogni anno un Corteo Storico legato ai ricordi e alle memorie della festa. In quell’anno si decise di far sfilare alcuni castiglionesi travestiti da ligere (girovaghi, mendicanti) per ricordare quando, in anni non troppo lontani, questi arrivavano affamati in molti il 2 di gennaio dai paesi vicini e da Asti poiché, per almeno un giorno, potevano contare su un pasto caldo garantito. Dopo Francesco Maggiora alla guida della Pro loco si sono succeduti Silvia Masoero, Marco Raviola e Giancarlo Valnegri. Quest’ultimo la presiede da 25 anni con instancabile impegno, supportato da sua moglie, la stessa Silvia Masoero, vera artefice delle proposte culturali che si snodano tutto l’anno. Per chi non conoscesse Castiglione d’Asti va detto che sorge, a circa sette chilometri da Asti, su una delle colline che da settentrione a levante si schierano ad anfiteatro intorno alla città.

Il paese fu Comune autonomo fino al 29 marzo 1929, giorno in cui, con decreto regio, venne aggregato al Comune di Asti, essendo Podestà Vincenzo Buronzo. Attualmente, con i recenti insediamenti, può contare su 900 abitanti circa. Un tempo il paese era circondato da boschi che fornivano abbondante legna. Poi nel secolo scorso si impiantarono numerosi vigneti che davano un ottimo grignolino. Oggi le vigne, causa l’invecchiamento della popolazione e lo scarso reddito, sono quasi scomparse, lasciando il posto a molti gerbidi e al ritorno del bosco. Nelle antiche carte il paese è variamente denominato: Casteglonum, Casteionum, Castellionum e Castellonium per via del suo Castello, oggi scomparso, che nel tempo costituì l’edificio attorno al quale sorse il villaggio e la cui origine risale sicuramente alla dominazione dei re Franchi, tra il 774 e l’888. Questi re, non potendo governare direttamente le terre al di qua delle Alpi, stabilirono tanti signorotti, legati a loro da vincoli e obblighi, su singole porzioni di territorio. E’ l’epoca classica del feudalesimo cui non sfuggì Castiglione e il suo “castrum”.
Quella battaglia tra francesi e spagnoli
Il Castello di Castiglione demolito nel 1920
Essendo in posizione strategica verso Asti e sulla piana del Tanaro, Castiglione nel corso dei secoli dovette subire occupazioni e saccheggi a seconda delle guerre che la città ebbe a sostenere: con i Marchesi del Monferrato, con i Visconti di Milano, con diverse compagnie di ventura e persino con due potenti famiglie astigiane, i Solaro e i De Castello, che si contendevano il dominio sulla città.
La battaglia che vide Castiglione protagonista fu nel 1615, durante la guerra tra la Spagna e il Piemonte, entrambi anelanti alla successione del Marchesato del Monferrato rimasto vacante. Carlo Emanuele I, duca di Savoia, per opporsi agli spagnoli che avevano occupato Alessandria e marciavano su Asti, aveva allestito un esercito di 12 mila armati, e fra questi 500 con due cannoni insediati nel Castello di Castiglione, agli ordini del conte Oddone Roero. Le truppe spagnole, in maggior numero, si mossero e il Castello di Castiglione, dopo aspra battaglia, fu occupato e saccheggiato. Oddone Roero perse la vita nella battaglia, preferendo morire piuttosto che arrendersi. Carlo Emanuele I, perduta la battaglia di Castiglione (e un’altra in Valle Versa) si ritirò in Asti al di là del rio Valmanera. Le successive vicende di quella guerra sono ben esposte dal Gabiani in : “Carlo Emanuele I di Savoia e i due trattati di Asti” mentre del Castello di Castiglione rimangono frammentarie notizie.
Nel 1852 il Casalis, nel suo “Dizionario geografico storico dei Comuni degli Stati Sardi”, riferisce che si trattava di un “edificio gotico, con grandiose sale, gallerie e cameroni”. Dovevano essere dei cameroni ben capaci se potevano ospitare 500 armati! Egli aggiunge che il Castello era munito di una torre e che tuttavia, in quegli anni, risultava già in buona parte demolito. Dopo varie vicende la restante parte, che inizialmente fu di proprietà della contessa Margherita Asinari-Casasco, fu ceduta all’Ospizio Umberto I di Asti e in seguito acquistata dal sig. Secondo Fassone che nel 1920 fece demolire del tutto quel che restava del Castello.
Di tale maniero oggi esiste un’esile raffigurazione nel simbolo grafico del “Premio Castiglione d’Asti alla Tradizione Piemontese” (altra importante iniziativa del paese) grazie a un lavoro di confronto dell’esperto Pippo Sacco sulle antiche mappe di Asti e provincia.

La tradizione e la solidarietà continuano
La storia di Castiglione si accompagna dunque all’antica festa dij faseu e al suo profondo significato legato alla solidarietà verso le persone più deboli nei giorni più freddi dell’anno. Ancora oggi i Castiglionesi rispondono molto bene alle squadre di volontari che a dicembre fanno la questua casa per casa del paese a chiedere denaro per l’acquisto dei legumi e del resto. Un tempo si raccoglievano direttamente i fagioli.
Dopo quattro ore di cottura
La distribuzione comincia a mezzogiorno
Tutte le offerte raccolte sulla piazza dalla distribuzione di fagioli e ceci vengono destinate ad opere di beneficenza e una buona parte viene devoluta alla Mensa Sociale del Comune di Asti, gestita dalle Suore della Pietà e per anni guidata da Suor Palmira Bernardi, mancata nel 2009 dopo una vita dedicata ai poveri. Dopo otto secoli dunque “La Fagiolata” continua mantenendo inalterati sia il suo messaggio sia le caratteristiche peculiari e originali della manifestazione: la questua antecedente la festa, la data del 2 Gennaio, la Messa con la benedizione, la lenta cottura dei legumi su fuoco a legna nelle grosse caudere di rame e la loro distribuzione ai partecipanti anche nei più svariati contenitori (brunse ebrunsin) che questi si portano da casa. Ma a che punto siamo con la preparazione? Sono le sette e, nel primo chiarore, vengono accesi i fuochi sotto le caudere. Prima tocca a quelle dei ceci, dieci su sessanta, dalla cottura più lunga, e poi a quelle dei fagioli. La cottura è prevista per circa 4 ore. In precedenza è stato messo nelle caudere il condimento fatto di abbondanti cotenne, piedini, code, costine e cotiche di maiale. E poi sono stati messi i legumi, che hanno raddoppiato di peso dopo l’ammollo. Il 2 gennaio 2012, per la preparazione della zuppa, si è arrivati ad utilizzare circa 700 kg. di fagioli borlotti, cannellini, corona e ceci, diventati 1.400 kg. dopo l’ammollo. Mentre i legumi cuociono e il fumo comincia a uscire dalle caudere, vengono confezionati le tirà e i caritin, i dolci tipici della tradizione, che saranno venduti e posti all’asta. Il mattino avanza e occorre tenere i fuochi vivi per la cottura. Alle 10 si è già radunata una folla che si aggira curiosa intorno ai fuochi. Si scattano le prime fotografie. Poi alle 10 e 30 inizia la Messa e la Parrocchiale accanto alla piazza si riempie. Un tempo la vecchia Parrocchiale era più distante e allora la Messa del 2 gennaio veniva celebrata nella cappella di San Defendente situata sulla piazza stessa e oggi scomparsa. Terminata la Messa si forma il Corteo Storico composto da figuranti in costume rappresentanti dignitari ed ecclesiastici medievali, la compagnia dei Batì, il sacerdote e le immancabili ligere. A seguire avviene l’esibizione della Banda o di gruppi musicali che accompagnano con curente e brandi i coscritti. Intanto la folla è aumentata e si sta accalcando vicino ai punti di distribuzione, nonostante siano passate da un solo giorno le abbuffate di Capodanno. Nessun discorso ufficiale. Alle 12 in punto il sacerdote dà la benedizione: è il segnale di inizio della distribuzione. La festa dij faseu è servita. La tradizione continua.





