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1009-2017

Santa Maria Nuova tra passato e futuro

I tesori d'arte custoditi nella chiesa e il progetto di affidamento agli ortodossi
Da abbazia dell’anno Mille che sorgeva fuori dalle mura cittadine a chiesa che ha vissuto per secoli le vicende del vicino ospedale di Asti. La piccola e centrale chiesa parrocchiale dedicata a Santa Maria Nuova custodisce una serie di opere d’arte e di testimonianze di fede di indubbio valore. La parrocchia rosa-azzurra (sono i colori del borgo al palio) e la storia di questo importante complesso architettonico potrebbero avere una svolta con l’affidamento da parte della curia vescovile alla comunità ortodossa dei rumeni. Una scelta che ha destato curiosità e che non ha mancato di far discutere. Astigiani ne ripercorre le complesse vicende storiche.

La chiesa parrocchiale di Santa Maria Nuova, nel cuore di Asti, è in questi mesi al centro di una vicenda che dovrebbe portare all’affidamento a titolo gratuito dello storico edificio da parte della diocesi di Asti alla comunità ortodossa, composta da centinaia di immigrati, per la maggior parte di nazionalità rumena. E’ prevista la presenza di un pope che alloggerà nella vecchia canonica. La questione ha destato curiosità e fatto discutere. Il vescovo mons. Francesco Ravinale ha spiegato “che è una scelta ponderata, condivisa e attenta ai segni dei tempi verso l’unità dei cristiani”. Gli ortodossi hanno già in comodato d’uso una chiesa a San Damiano d’Asti e utilizzano in città, per le loro funzioni, quella di San Silvestro. Secondo l’accordo la proprietà dell’edificio di Santa Maria Nuova rimarrà alla chiesa cattolica ma l’uso religioso sarà affidato in esclusiva agli ortodossi per dieci anni. E’ previsto il mantenimento delle cerimonie legate al Palio.

 

Lo stemma marmoreo con iscrizione dell’abbazia lateranense di Santa Maria Nuova datato 1670.

 

Le forme attuali dell’interno risalgono al XVII secolo. Notevoli le porte in noce a fianco dell’altare maggiore

La chiesa era abbazia collegata a quella degli Apostoli al di là del Borbore

 

La prima testimonianza scritta sull’esistenza della chiesa di Santa Maria Nuova risale al 1009, in un atto di permuta tra il Vescovo Alarico e Giovanni di Ingelberto per un terreno posto “prope ecclesie S. Maria que dicitur nova”. Come risulta da una bolla di Papa Innocenzo del 1134, fu affidata ai chierici regolari di S. Agostino (Mortariensi) che la ressero ad abbazia. L’edificio era fuori le mura cittadine a ridosso della porta orientale detta appunto Porta di Santa Maria Nuova, che introduceva nel sestiere cittadino. La chiesa aveva un suo piccolo cimitero (nell’area dell’attuale piazzetta). Vestigia romaniche si trovano ancora nel cortiletto tra la chiesa e le case di corso Alfieri. Al tempo i locali erano pertinenza dell’abbazia.

Nel periodo napoleonico, con la soppressione degli ordini religiosi, l’abbazia divenne proprietà del demanio statale. Il campanile è d’epoca romanica fondato su due archi, attualmente murati, che invece all’epoca erano attraversati da una strada carrabile, probabilmente sul tracciato della via Fulvia (strada romana costruita dal console Marco Fulvio Flacco che congiungeva Derthona, Tortona, Hasta, Asti, e Augusta Taurinorum, Torino). 

La parte terminale del campanile è invece cinquecentesca. La chiesa è intitolata alla Purificazione di Maria Vergine (festa 2 febbraio, Candelora). Il nome di Santa Maria Nuova serviva a distinguerla dal Duomo, dedicato a Santa Maria Assunta. Vediamo la facciata che oggi si presenta molto semplice. Era arricchita da quattro affreschi di Gandolfino da Roreto, ricoperti poi da mattoni. Nei primi Anni ’60 del Novecento, durante i lavori di intonacatura della facciata, i due affreschi superiori furono ritrovati sotto i mattoni, ma risultarono illeggibili. I due affreschi negli sfondati bassi a fianco della porta furono “staccati”, restaurati e posti in una delle cappelle interne. Dal portale esterno si entra in chiesa sotto lo sguardo della Madonna, raffigurata in un ovale ad altorilievo in terracotta del XVI sec. 

 

Le forme attuali dell’interno risalgono al XVII secolo. Notevoli le porte in noce a fianco dell’altare maggiore

 

Un altro scorcio dell’interno della chiesa di Santa Maria Nuova. Dietro l’altare, il coro del 1572

I canonici portano l’acqua da Valmanera per dissetare il borgo e l’ospedale

 

Santa Maria Nuova fu prestigiosa sede abbaziale, lo testimonia una lapide di marmo, posta sulla facciata tra il portale e la finestra a rosone, proveniente dalla Basilica degli Apostoli (situata al di là del Borbore, dove ora c’è il cimitero cittadino) che dipendeva da Santa Maria Nuova. Sulla lapide, oltre ad altri fregi, sono raffigurati la Mitra e il Pastorale abbaziali e si legge: ”Abbazia di Santa Maria Nuova e degli Apostoli dei canonici regolari 1670”. Di fianco dell’altare maggiore, vi è ancora la Cattedra abbaziale cinquecentesca in legno di noce, con uno schienale a volute fogliacee e al centro una corona principesca. Tale cattedra sottolinea l’importanza dell’abbazia medesima in quanto sede dell’abate mitrato che presiedeva la comunità dei canonici di sant’Agostino. 

Nel 1455 il Vescovo Baudone di Roero soppresse e concentrò in Santa Maria Nuova sei altri ospedali della città. Nel 1523, con bolla del 15 dicembre, Papa Clemente VII univa il Priorato di Santa Maria Nuova l’abbazia dei Santi Apostoli, con tutti i diritti e le pertinenze. Nel 1561 il priorato di Santa Maria Nuova fu eretto da Papa Pio V in abbazia con diritto dell’abate di impartire indulgenze. Nel 1591 gli zelanti canonici lateranensi per il bene pubblico posero mano all’ospedale e derivarono da Valmanera una sorgente di ottima acqua che va a sboccare nel cortile del monastero.

La fontana, ancora esistente, è oramai in disuso come l’intero vecchio ospedale. Non a caso, la strada che declina verso la chiesa attraversando corso Alfieri aveva una fontana che deriva dalla stessa vena d’acqua e si chiama ancora via della Fontana, come anche il Centro di Ascolto “La Fontana”, destinato a imminente spostamento. All’interno della chiesa sono numerosi i reperti storico-devozionali. Ai lati della bussola, vi sono due confessionali settecenteschi finemente scolpiti, in legno di noce. Sormontante la porta centrale vi è un grandioso organo a due tastiere costruito a fine ’800 da Giuseppe Gandini, probabile sua opera prima. L’interno fu trasformato nel XVII secolo. Le finestre gotiche furono ridisegnate nel ’700 a forma rettangolare, con due vetrate istoriate della ditta Fontana di Milano. Un cornicione avvolge tutta la navata che ha tre cappelle per lato. 

A partire dal presbiterio il vasto coro, i cui stalli furono eseguiti nel 1572, mentre la balaustrata dell’altar maggiore in marmi policromi di stile barocco è del 1735, chiusa con un cancello in ferro battuto. Della stessa epoca sono i due portali a fianco dell’altare maggiore, in marmo policromo con porte settecentesche in legno di noce a pannelli con ricca scultura. Queste porte furono molto apprezzate dal critico d’arte Vittorio Sgarbi durante una sua visita ad Asti negli anni scorsi.

Al centro dell’altare maggiore vi è il tabernacolo in marmo policromo con parti decorative in metallo dorato, la cui porticina risulta composta da più sezioni di sottili lamine di ametista e corniola, colorate da un fondo ceroso che imprime la tonalità blu, rosso, rosa. I riquadri sono evidenziati da una griglia in rame dorato su cui sono applicate piccole foglie in argento. Sul lato di sinistra guardando dall’ingresso, nella prima cappella vi è un calco in gesso raffigurante don Bosco con san Domenico Savio dello scultore Gaetano Cellini (1875-1920). Nel secondo altare è collocata la statua di San Giuseppe probabilmente di gesso. Nella cappella successiva vi è un altare ligneo seicentesco dorato, con un crocifisso policromo e dipinti a olio sulla parte retrostante raffiguranti la Vergine e San Giovanni.

Sotto alla mensa dell’altare vi è un Cristo deposto, ligneo settecentesco, restaurato negli anni Ottanta perché rovinato a seguito di un atto vandalico. Ora è protetto da antifurto. Sul lato destro entrando vi è il battistero, sormontato da un dipinto su tavola raffigurante La Maternità del Gandolfino da Roreto. Nella seconda cappella un altare con la statua lignea e dorata della Madonna del Rosario del primo Ottocento. Nella stessa epoca si costituì in Santa Maria Nuova la compagnia di Maria Ausiliatrice e si rese opportuno sostituire la corona tra le mani della Vergine con lo scettro metallico.

Don Bosco nelle sue visite ad Asti si recava spesso a Santa Maria Nuova: pregava davanti alla statua della Vergine e vi officiò messa. Pare che proprio da questa immagine avesse tratto spunto per porre la sua nuova congregazione sotto la protezione mariana di Maria Ausiliatrice. Ai lati troviamo due nicchie che ospitano le statue di Sant’Antonio e Santa Rita. Nell’ultima cappella sull’altare vi è una tela seicentesca di ambito ligure. La tela raffigura la Partenza degli Apostoli, con san Pietro che benedice i partenti: probabilmente questo dipinto proviene dall’abazia dei Santi Apostoli che dipendeva da Santa Maria Nuova. Di fianco al dipinto vi sono due statue lignee policrome: a sinistra quella di santa Margherita dello scultore Enathem e a destra quella di santa Eulalia, di scuola piemontese, le cui reliquie il 5 marzo 1555 furono trasportate in Santa Maria Nuova, dopo il rogo dell’abbazia dei SS. Apostoli, come ricorda il canonico Lorenzo Gentile nella sua Storia della Chiesa di Asti

L’elaborato tabernacolo in marmo policromo, ametista, rame dorato e foglie d’argento

 

L’opera di Gandolfinio da Roreto del 1496 San Secondo ai piedi della Madonna

 

Le opere d’arte lignee, oltre al citato altare seicentesco, comprendono il coro in legno di noce risalente al 1572, ricco di architettura, con un badalone (leggio) al centro, coevo del coro. Tutto il coro è stato restaurato recentemente nel periodo del parroco don Carrer, con finanziamenti della Fondazione CRAsti. 

L’opera più famosa e preziosa custodita nella chiesa è una tela di Gandolfino da Roreto del 1496, raffigurante la Madonna col Bambino con santi, tra cui Sant’Agostino e San Secondo che regge in mano la città di Asti nell’iconografia classica del patrono. Nella lunetta superiore Cristo risorgente. Sul lato sinistro a fianco del dipinto centrale troviamo una tela del pittore astigiano Aliberti raffigurante Sant’Agostino con altri santi e a destra una tela del 1572 già restaurata del pittore detto Bagnara, catalogata come Sacra conversazione di S. Anna e S. Giovannino, che vede anche la presenza di Maria e altri santi.

Fra i quadri importanti oltre a quelli citati troviamo sulla destra del coro il dipinto raffigurante l’episodio che intitola la chiesa medesima, ovvero La Purificazione della Madonna, di ambito genovese, dipinto dai due artisti Castello Bernardo col figlio Valerio (1624). Sulla parete sinistra vi è una grande tela del 1700 raffigurante la Fondazione della Basilica degli Apostoli, opera di Giuseppe Bazzani, che racconta di un antico prodigio.

Come riferisce il canonico Robino: “Il 30 marzo 119 apparve Cristo e i 12 apostoli fra una luce abbacinante a un contadino che arava un campo alla destra del Borbore… Nella visione Nostro Signore indica e consiglia ai suoi apostoli il luogo dove vuole sorga un monastero (cosa che poi avvenne). Poi Gesù si recò alla vicina Torre Rossa per confortare nell’ultima loro prova S. Secondo e S. Calocero in attesa del loro supplizio. […] il Divin Visitatore fece scaturire sorgenti miracolose una di olio e l’altra d’acqua per rifocillare i suoi martiri. Quelle fontanelle continuarono a zampillare a beneficio dei poveri operando svariate guarigioni finché l’avarizia dei custodi ne fece un indegno traffico che le fece seccare”. 

La visione degli Apostoli e le fontane miracolose  della Torre Rossa

Il dipinto è importante perché rappresenta in lontananza le mura, le torri e i palazzi della città di Asti come si presentava all’epoca. Santa Maria Nuova è stata più volte spogliata dei suoi beni che rappresentavano un patrimonio rilevante per tutta la città. Napoleone ritenne di portare al Louvre (ov’è tutt’ora) un dipinto di Pietro Subleyras (St. Gilles 1699-Roma 1740) raffigurante La cena in casa di Simone, dipinto a Roma nel 1739 per il refettorio del convento Agostiniano di Santa Maria Nuova. Anche in sacrestia ci sono opere preziose: una tela del Seicento attribuita a Orsola Caccia raffigurante la Madonna Sistina tratta da un dipinto di Raffaello. Una tela settecentesca raffigurante il beato Amedeo IX Duca di Savoia. Ancora una tela settecentesca che raffigura San Carlo Borromeo.

I banconi e gli armadi sono seicenteschi. Nelle stanze superiori della canonica c’erano paramenti sacri antichi e nei magazzini numerosi, notevoli oggetti d’arte come reliquiari, calici e paramenti, non visibili al pubblico. Un patrimonio di fede è quello costituito dalle numerosissime antiche reliquie di santi (oltre 50). La parrocchia del borgo rosa-azzurro, a causa della scarsità di sacerdoti, è stata affidata negli ultimi anni a don Giuseppe Gallo, che è anche parroco della Collegiata di San Secondo e di San Silvestro.    

Si ringrazia per la collaborazione l’architetto don Alessandro Quaglia, per 52 anni responsabile per i Beni Architettonici della Diocesi.

 

Per saperne di più

 

Sac. STEFANO ROBINO, Rievocazioni e attualità di Santa Maria Nuova in Asti (Asti 1935)

Can. LORENZO GENTILE, Storia della Chiesa di Asti (Asti 1934)

STEFANO GIUSEPPE INCISA, Asti nelle sue chiese ed Iscrizioni (Asti 1974)

Arte e cultura ad Asti attraverso i secoli – Istituto San Paolo di Torino (1976)

GUGLIELMO VISCONTI, La diocesi di Asti tra ’800 e ’900 (Gazzetta d’Asti 1995) 

GUGLIELMO VISCONTI, Diocesi di Asti e Istituti di vita religiosa (2006)

 

L'AUTRICE DELL'ARTICOLO

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