mercoledì 23 Ottobre, 2024
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Il Trovarobe

L’allegria colorata dei mangiadischi

A metà degli Anni ’60 la rivoluzione della musica trasportabile. Erano adatti solo per i 45 giri. In auto sistemato sotto il sedile

Provate a raccontare oggi a qualche giovane della web generation che i loro genitori per ascoltare un po’ di musica in auto, o magari durante un picnic o in spiaggia, erano felici di portarsi dietro un “coso” colorato dove infilare un disco in vinile da rigirare al termine di ogni canzone, cioè ogni tre minuti. Preistoria. 

Eppure il mangiadischi è stato il protagonista di una rivoluzione non silenziosa tra i giovani della metà degli Anni ’60. È stato scritto che tracciò nel panorama sociale un solco significativo all’insegna dell’innovazione musicale. A dire il vero, il solco più incisivo fu quello che la puntina di questo giradischi portatile (modificata proprio per resistere agli eventuali sbalzi causati dall’ascolto in movimento) provocava sui dischi a 45 giri, consumando le tracce incise molto di più rispetto ai giradischi tradizionali. Ma vogliamo mettere il gusto di ascoltare musica in auto, all’aperto, o magari a una festa ballando un twist? I dischi a 45 giri a quei tempi (1966) costavano 800 lire e il mangiadischi creò una categoria di dischi di facile consumo e trasporto visto che furono inventati anche i portadischi a valigetta e soffietto per consentire di trasferire la propria discoteca ambulante.

La vera novità del mangiadischi stava nel fatto che la musica era diventata portatile. Già lo era con i transistor, le prime radioline tascabili, ma l’offerta dei programmi, prima dell’avvento delle radio libere era piuttosto limitata.

L’oggetto del desiderio di ragazzi e soprattutto ragazzine di allora aveva le sembianze di una scatola di plastica colorata, con una maniglia e sul lato estremo una fessura, dove, una volta inserito il disco, una molla l’avrebbe spinto verso l’interno e risputato fuori alla fine dell’esecuzione. L’apparecchio si inghiottiva così il disco (da qui l’efficace nome di mangiadischi) e cominciava la musica. Fu venduto in svariati colori tutti sgargianti: arancione, rosso, giallo, blu, verde, fucsia… dotato di una o due maniglie, di un pulsante per espellere il disco e di una rotella per registrare il volume. Il mangiadischi si ascoltava molto in auto quando le autoradio erano rarità da pochi modelli per ricchi. Posizionato sotto i sedili trasformava l’abitacolo in una accogliente alcova musicale e il suo successo andò di pari passo con la diffusione delle macchine con sedili reclinabili.

Il mangiadischi, uno dei primi dispositivi portatili per ascolare musica
Il mangiadischi, uno dei primi dispositivi portatili per ascolare musica

 

Il mangiadischi, come si è detto, leggeva esclusivamente i 45 giri, che contenevano solo due brani (il principale e l’allora non famoso lato b). Un’altra caratteristica stava nella fonte di alimentazione: infatti, oltre che con la tradizionale presa di corrente, funzionava con le batterie a pila, formato grande da 1,5 volt, che immancabilmente si scaricavano sempre troppo presto e che rappresentavano il vero limite del nuovo strumento.  Il Penny era il modello più diffuso, ma anche Packson e tutte le marche internazionali e nazionali – dalla Philips alla Grundig, dalla Lesa alla Geloso alla Irradio – avevano i loro modelli.

Il mangiadischi, accolto con grande favore dal pubblico e utilizzato anche da molte giovani mamme per raccontare le fiabe ai bambini, imboccò la via del declino alla fine degli Anni ’70, quando fu sorpassato dal mangiacassette portatile, che a sua volta fu scavalcato dal lettore compact disc, successivamente superato dall’iPod.

E l’evoluzione continua, ma al mangiadischi va il merito di aver “trasportato” per primo la musica e colorato gli anni di una generazione. 

 

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