Fiorino Chiusano
15 gennaio 1932 – 30 dicembre 2014
Sacerdote
Avevo venticinque anni quando mi hanno affidato la parrocchia di San Marzanotto. Lo ricordo, sono arrivato il giorno di San Marziano. Il Patrono deve avermi messo una mano sul capo, perché sono rimasto nella frazione per 47 anni. Ho sempre avuto l’abitudine di tenere nota delle messe che tenevo, così ora posso dire con certezza di averne celebrate 31606. Ma non ho detto messa solo a San Marzanotto: ero stato rettore a Belangero, e prima ancora a Corsione. Negli anni Cinquanta sono stato viceparroco a Isola San Pietro e a Castell’Alfero, a San Pietro in Asti, a San Martino di Villanova. Mi piaceva scrivere. Sulle pagine dell’Amico, il bollettino della nostra parrocchia, raccontavo quello che succedeva nella frazione. Lo spedivamo anche a chi non viveva più qui, a chi era partito per andare altrove. Ora la penna l’hanno presa in mano i miei parrocchiani, la storia non si ferma.
Giovanni Bragotti
22 ottobre 1932 – 15 aprile 2015
Volontario della Croce Verde
Ho vissuto a San Rocco e per il mio borgo ho portato più volte il vessillo del Palio, ma la bandiera che più è stata tra le mie mani è quella della Croce Verde. Alla crùs verda ho dedicato tutta la mia vita, con più di sessant’anni di volontariato, di giorno e anche di notte, aiutando malati e chi aveva bisogno. Per me la Croce Verde è stata una famiglia e l’ho anche rappresentata in tante feste. A me era affidata la bandiera per i festeggiamenti dei cinquant’anni di fondazione, nel 1959, e l’avrei portata alle celebrazioni del centenario, ma stavo già poco bene. Non avevo più la forza di quando lavoravo alla Waya o di quando recitavo come soldato di Erode nel Gelindo, accanto ai miei amici Pastrone e Perosino. Per la ”Croce Verde” ero pronto a tutto e quella bandiera continuerà a farmi sventolare.
Angelo Sonvico
11 maggio 1934 -22 aprile 2015
Produttore di vino
La passione per il vino mi aveva portato da Milano a Nizza Monferrato dove, alla Cascina Barbatella, con Giuliano Noè ho prodotto Barbera, Cabernet Sauvignon, Cortese. La Vigna dell’Angelo, la Vigna di Sonvico e il Noè erano buoni vini. Ottimi, secondo alcuni, che spesso li hanno premiati. Ma soprattutto sono contento che abbiano dato piacere a chi li amava perché questo è, secondo me, lo scopo del vino. Per questo alla Barbatella le porte erano sempre aperte a chi ci veniva a passare una serata in compagnia. Le ricordo tutte, le bevute e le risate, ora che sono qui dall’altra parte. Dove ho ritrovato il mio amico Tullio, con cui ci vediamo spesso. Beviamo un bicchiere e chiacchieriamo dei vecchi tempi.
Francesco Guglielminetti
10 settembre 1929 – 26 aprile 2015
Campione di motociclismo
Per tutti ero il Chicchi. In famiglia credo che a mio fratello Eugenio siano passati i geni di mamma Ugolina, tutti tesi alla conoscenza e alla pratica dell’arte, e a me siano invece toccati quelli, tutto ardimento e sfida alla velocità, di papà Domenico. Due gocce d’acqua, a vederli insieme, lui ed Eugenio, ma la sua temeraria passione per le motociclette è passata a me. Davvero fantastico il dopoguerra. A diciotto anni ho cominciato a vincere un po’ dappertutto con la Gilera 500. Nel ‘49 io e Giovanni (Perosino) eravamo gli spauracchi di tutti i circuiti dell’alta Italia. Poi lui ha smesso e ha cominciato a vendere macchine e io invece ho continuato con la Norton. Ero un po’ matto e chi c’era ricorderà probabilmente ancora il folle duello con Bandirola al circuito di San Secondo del ‘55. Potevo diventare un grandissimo? Forse, ma dopo il titolo italiano della 500 ho preferito cambiare numero di ruote. Da due a quattro: alla Ferrari a progettare e sperimentare gli alettoni e tante altre diavolerie tecniche. Però vorrei essere per tutti ancora quello che andava da Asti a Torino in moto in ventisette minuti, passando magari dal Pino. Bello, no?
Maurizio Carlini
15 agosto 1956-6 maggio 2015
Operaio
Ho morso la vita e la vita mi ha morso. Dietro la mia faccia da duro, una gran voglia di amicizia e di tenerezza. Di famiglia arrivavamo da Ferrara, dalla pianura del Po alle colline del Tanaro. Ho vissuto tra le case del borgo Tanaro. La vita operaia, il teatro militante, l’impegno politico. Ho conosciuto la polvere dei cementifici e la nebbia delle levatacce, ma anche il sapore di una birra bevuta in compagnia in notti d’estate che non ti viene sonno e resti a chiacchierare e non importa se non hai nemmeno troppo da dire, basta esserci. E non importa se devi andare al lavoro all’alba. Poi una malattia bastarda mi ha ghermito e come una ragnatela mi ha impedito ogni movimento. Dal mio letto ho continuato a vedere la vita degli altri scorrere in televisione. Ho sognato chiudendo gli occhi e un giorno di primavera non li ho più riaperti.
Amos Raviola
29 luglio1923 – 21 maggio 2015
Tornitore alla Maina, per 50 anni si è occupato dell’orologio di Migliandolo
Il destino mi ha fatto nascere a Migliandolo, in quella casa sotto il Bric Tunìn su cui si trova l’edificio delle scuole elementari con la torretta dell’orologio visibile da tutto il paese. Gli uomini subiscono il tempo che passa, non riescono a fermarlo: per questo hanno sempre cercato nuovi sistemi per misurarlo, dalle clessidre alle meridiane, con l’illusione di “addomesticarlo” gestendolo attraverso le lancette o i rintocchi di una pendola. Io ho cominciato a frugare con le mie mani da tornitore tra gli ingranaggi degli sviarìn e poi delle mustre che mi portavano a riparare. Mi piaceva pensare che questo eterno padrone delle nostre vite fosse costretto a passare attraverso le rotelline che io mettevo a punto. E poi, per cinquant’anni, ho accudito il vecchio orologio delle scuole, signore dei ritmi della quotidianità di un’intera comunità ancora capace di regolarsi sul sole, ma ormai abituata a cercare conferma guardando verso la torretta sul bricco. Mi sentivo custode del tempo, il mio e quello degli altri, ma per fortuna non ho mai avuto l’ossessione del tempo: ho cercato soprattutto di spenderlo bene, vivendo.