sabato 14 Dicembre, 2024
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1882-1959

Il ragioniere che conquistò il mondo del cinema

Idee geniali e piedi per terra. La sua storia è come un film
La sua storia potrebbe diventare un film. Se lo meriterebbe Giovanni Pastrone, un astigiano tutto d’un pezzo, profondamente radicato nella vita della sua città d’origine, ma anche fortemente attratto dal nuovo, come era nuovo e pionieristico il mondo del cinema agli inizi del Novecento, quando Torino era la capitale della cinematografia italiana. Pastrone, nato nel 1882 nel cuore del centro storico di Asti, era destinato dal padre a diventare contabile della sua impresa commerciale. Sarà invece, dopo molte vicissitudini, produttore cinematografico con la Itala Film e firmerà il primo kolossal della storia del cinema, quel Cabiria di fama mondiale che vide anche l’ingaggio di Gabriele D’Annunzio. La vita di Pastrone è punteggiata di successi e delusioni anche quando lascerà improvvisamente il mondo del cinema per lanciarsi in nuove avventure, dagli aerei alla lotta contro il cancro.

Da bambino gioca in piazza San Martino e pesca rane in Borbore

 

Giovanni Pastrone è stato uno dei più grandi registi del cinema muto. Raggiunse fama mondiale, nel 1914, con la realizzazione di Cabiria, il primo colossal della storia della settima arte. Egli è un astigiano sinceramente legato per tutta la vita alla sua città natale. Nasce di mercoledì, il 13 settembre 1882, al secondo piano della casa posta in via Aliberti, d’angolo con via Ottolenghi, nel cuore di quello che un tempo era stato il ghetto astigiano. I suoi strilli si sovrappongono al brusio che proviene dal piano strada dove è in attività l’emporio del padre Gustavo Ernesto. Mamma Luigia, della famiglia Mensio, originaria di Montechiaro d’Asti, stringe il suo marmocchio tra le braccia. La levatrice ha avvisato il padre che è salito di corsa un paio di volte a vedere il piccolo, ha accarezzato il viso stanco di Luigia ed è ridisceso in negozio, forse già immaginandosi il figlio crescere al suo fianco, imparare il mestiere e, un giorno, sostituirlo alla guida dell’azienda, un emporio dove si vendeva di tutto, una sorta di bazar. Sei anni dopo nell’aula delle Elementari di via Carducci, Giovanni è irrequieto, segue le lezioni con quel suo sguardo penetrante che mette talvolta in imbarazzo l’insegnante. Il padre ha deciso: Giovanni sarà ragioniere, perfetto per la conduzione degli interessi commerciali di famiglia. Appena può, il ragazzino scappa da casa e corre a giocare con gli amici su in piazza San Martino. Sovente, la piccola banda scende a San Rocco e raggiunge il Borbore per dare la caccia alle rane e pescare qualche pesce.  D’inverno, dopo una nevicata, si scatenano lunghe battaglie a palle di neve sulla piazza del Teatro Vecchio, l’attuale piazza Roma, o vertiginose scivolate sul ghiaccio giù per via San Martino e via Roero. Giovanni, è ancora un ragazzo, sente crescere in sé un grande amore per la musica. Il padre accetta di iscriverlo a un corso di violino all’Istituto musicale “Verdi” di via Natta, a patto che prosegua lo studio per diventare un giorno un rispettoso ragioniere che si diletterà a suonare, talvolta, il violino.

 

Va a scuola di musica e si costruisce da solo una viola

 

Ma a Giovanni non basta suonare il violino, vuole uno strumento tutto suo. Si ingegna e costruisce con le proprie mani una specie di viola che suonerà con orgoglio. Arriva il momento più atteso dal padre: Giovanni varca per la prima volta la porta d’ingresso dell’Istituto Tecnico per Ragionieri e Contabili. Mentre studia, senza esagerare, quel poco che basta per vivere tranquillo in casa, in lui si scatena un’altra passione: è affascinato dalle macchine volanti e segue l’evoluzione degli aeroplani.

La targa in via Aliberti che ricorda il luogo di nascita del regista e produttore
La targa in via Aliberti che ricorda il luogo di nascita del regista e produttore

A sedici anni si diploma contabile ragioniere

 

La lettura, fatta di nascosto, della rivista belga Cinéphile che compra dal giornalaio di corso Alfieri, stimola la sua mente irrequieta. Progetta un triplano mandando una copia dei disegni alla Savoia Marchetti e una alla Caproni, due delle industrie di aereomobili che stanno crescendo in quegli anni. Il padre trova però alcune copie della rivista che straccia e butta nel fuoco. Urla, strepiti, minacce. Quel ragazzo deve pensare a studiare e a far di conto. Giovanni tace e sorride, è felice, le case di produzione di aeroplani gli hanno scritto lettere di congratulazioni chiamandolo “ingegnere”, dicendosi però dispiaciute per l’impossibilità di mettere in produzione il suo progetto, troppo impegnativo finanziariamente. Finalmente, nel 1898, a sedici anni, arriva il diploma. Il neo ragioniere frequenta l’azienda paterna, ma non se ne affeziona, la sua mente vola lontano sulle ali dei suoi fantastici aerei, con le note del suo violino. Tuttavia si concentra, sicuro che l’apprendistato potrà essergli utile in futuro. Nel luglio del 1900, la chiamata alle armi. Si presenta in una delle caserme astigiane, probabilmente al Casermone di San Rocco dove era di stanza il 10° Reggimento Bersaglieri, per le visite mediche. Non è dato di sapere come, ma riesce a “salvarsi” dal servizio militare. Per alcuni mesi lavora, come contabile apprendista, alla Cassa di Risparmo di Asti la cui sede è proprio dietro casa, su piazza Roma e corso Alfieri.

 

Non fa il militare “emigra” a Torino e trova l’amore

 

Un giorno, seduto a tavola, annuncia la decisione di volersi trasferire a Torino. La grande città lo affascina, la sente viva, ricca di occasioni. Il padre accetta malvolentieri e gli consegna quattrocento lire per quella che ritiene un’avventura giovanile che in pochi giorni indurrà il figlio a tornare. Mamma Luigia, di nascosto, aggiunge un’altra somma e Giovanni parte, assicurando che tornerà tutte le volte che potrà. Sarà di parola. A Torino incontra Anna Maria Prat, di origine siciliana. Nasce l’amore e sarà l’amore per tutta la vita. Si sposano il 17 settembre 1903. Giovanni ha 21 anni. Anna Maria rimane presto incinta e raggiunge Asti e la casa dei Pastrone. Il piccolo Luigi nasce nella casa paterna, nella stessa stanza e nello stesso letto dove era nato Giovanni. Un segno di legame intenso con Asti. La vita a Torino è tutt’altro che facile. Giovanni accetta lavori saltuari, lontani dalle sue aspirazioni, in parte consolato dalla possibilità di lavorare come violinista di fila nell’orchestra del Regio. Compare sui giornali l’annuncio in cui la Banca Sella cerca un esperto contabile. Pastrone si presenta e accetta l’incarico. Il suo carattere preciso e testardo quanto basta gli permette, in poco tempo, di esaminare ben 56.000 conti correnti e di risolvere brillantemente un problema di ammanchi che pesava sui bilanci della banca biellese. Ogni volta che può torna ad Asti, il cordone ombelicale con la sua città non lo ha mai reciso, dice che respirare le vie di Asti, la casa, lo fa stare bene, gli ridà la forza che Torino a volte gli toglie. Si trasferisce a Pinerolo dove lavora come impiegato comunale in attesa di una chance che arriva grazie a un altro annuncio letto sulla Gazzetta del Popolo. Trova impiego, contabile e corrispondente in lingue, nella Ditta Rossi & Remmert, che fabbrica e commercia materiale fotografico. 

La vettura Itala, una delle passioni di Pastrone, cui si ispirò per dare un nome alla sua casa di produzione

Dalle fotografie al cinema dei pionieri Itala, una doppia passione

 

La proprietà lo lascia fare e Pastrone riorganizza l’azienda, introduce l’uso della partita doppia, il calcolo degli stipendi e delle spese fin nei minimi dettagli. Gli studi di ragioneria gli sono serviti. E arrivano anche i guadagni. Lega con l’ingegnere Carlo Sciamengo col quale rileva una Casa di produzione cinematografica. Nasce la Itala Film. È il 1908 e Torino è la capitale indiscussa dell’industria cinematografica italiana. Il nome Itala gli è suggerito dalla sua grande passione per le automobili. Itala è una marca di auto; un suo mitico esemplare ha realizzato, nel 1907, con il duo Scipione Borghese e Luigi Barzini, il fantastico raid automobilistico Pechino-Parigi. Pastrone ne acquista un modello, dando libero sfogo alla sua passione sul tratto Torino-Mombarone, il piccolo paese a otto chilometri da Asti, dove ha acquistato una villa. Non segue la strada statale, preferisce lo sterrato che da Baldissero porta a Gallareto e poi giù fino a Mombarone, lambendo Montechiaro, cronometrando ogni volta il tempo impiegato. Per i mombaronesi è un appuntamento fisso andarlo ad aspettare sui tornanti della salita, stupiti per la velocità ma, soprattutto, per il suo abbigliamento da pilota: giubbone, guanti, grosso casco, occhialoni scuri. Scatta il passa parola “Andiamo a vedere il palombaro”, che sfreccia veloce e si copre di polvere. A Mombarone si forma un gruppo strepitoso, gli incontri avvengono nella sua villa o nella casa dell’avvocato Secondo Pia, che è stato sindaco di Asti. Gli altri del gruppo sono i fratelli Ernesto e Angelo Nebiolo, che Pastrone vuole, fotografi di scena, sui set della Itala Film. Un altro componente è Carlo Franco, mombaronese doc, grandissimo fotografo che sarà battezzato “Il fotografo contadino” per l’immensa mole di lavoro fatto fissando immagini del mondo contadino e sul lavoro nei campi. È della partita anche quel don Gallo che diventerà custode delle anime del cimitero di Asti e abiterà la piccola, ma intrigante villa in mattoni rossi posta proprio d’angolo tra corso Don Minzoni e viale Don Bianco, allora corso stazione e viale Cimitero. Per gli astigiani di allora, morire voleva dire andè dl’la da Burbu, oppure andè da dun Gall, andare oltre il Borbore oppure andare da don Gallo, famoso per i suoi studi astronomici e perché, gergo popolare, “faceva la fisica”.

 

Nel gruppo di amici di Mombarone anche il fotografo della Sindone

 

Una sera, davanti al fuoco di un camino, Pia racconta agli stupefatti amici astigiani di come, da fotografo di fiducia di Casa Savoia, durante un lavoro di catalogazione fotografica si fosse convinto di avere sbagliato lo scatto di una foto. Aveva invece impressionato il telo della Sacra Sindone e fissato per la prima volta su pellicola quella misteriosa immagine.

 

L’ingaggio di Cretinetti e l’invenzione degli effetti speciali

 

Intanto Pastrone viaggia e a Parigi fa due colpi eccezionali. Mette sotto contratto e porta a Torino un re delle comiche, e con le comiche si facevano tantissimi soldi. È Andrè Deed, che ribattezza Cretinetti. Diventerà popolarissimo. Ingaggia il mago degli effetti speciali, lo spagnolo Segundo De Chomón, col quale metterà a punto invenzioni strepitose come il carrello e la fissità dello scorrimento delle pellicole in proiezione. Pastrone è convinto che, per essere sdoganato da forma di spettacolo troppo popolare e potersi definire Arte, il cinema debba convincere scrittori e poeti di fama a farsi autori per il cinema. Ci riesce, per il progetto Cabiria, con Gabriele d’Annunzio, che scrive le didascalie e suggerisce i nomi dei personaggi, e con il quale ha un rapporto burrascoso. Molti sono i successi come regista, alcuni realizzati con lo pseudonimo Piero Fosco. Tiene sotto stretto controllo tutto ciò che succede alla Itala Film. Le pellicole non vanno sugli schermi senza la sua approvazione, segue la costruzione delle scenografie, la scelta dei costumi, degli attori, le riprese. Tantissimi astigiani seguono Pastrone a Torino per lavorare nel cinema: falegnami, carpentieri, elettricisti, ebanisti, imbianchini. Il più importante è Augusto Battagliotti, fotografo con studio su piazza Catena, al n. 1 di via Cattedrale, che diventa uno dei grandi operatori di ripresa dei film della Itala

Il 21 gennaio 1915 Cabiria viene proiettato al Teatro Alfieri

 

È anche lui sul set di Cabiria. Seguirà il suo concittadino per tutta la vita e andrà poi in Toscana a condurre una tenuta che il regista gli aveva affidato. Il legame tra Asti e Pastrone è rafforzato da una data: giovedì 21 gennaio 1915 dopo un grande battage pubblicitario, viene proiettato per la prima volta Cabiria ad Asti in un Teatro Alfieri gremitissimo. L’orchestra di 30 elementi è diretta dall’astigiano Secondo Rambaldi. È un successo strepitoso. Pastrone regala una copia del film al Comune di Asti. Un documento prezioso di cui purtroppo non c’è più traccia negli archivi comunali.

 

Produce “Maciste alpino” e si scontra con la censura militare

 

Durante la Grande Guerra, nel 1917, Pastrone produce un film “patriottico” di grande successo con Maciste protagonista, il mitico Maciste alpino che gli crea però qualche problema con la censura, soprattutto per la scena in cui Maciste (l’attore Bartolomeo Pagano reclutato tra i camalli del porto di Genova) prende a calci nel sedere un ufficiale austriaco. La casta militare non ammette mancanze di riguardo verso i signori ufficiali, anche se nemici, temendo forse che emerga la neppure troppo nascosta voglia dei soldati di prendere a calci anche gli ufficiali italiani. Pastrone è sconcertato, e infuriato dall’intervento della censura. Il mondo con gli anni cambia, la grade stagione del cinema muto finisce. Nel 1925 lascia il cinema, per disaccordi con alcune case di produzione e perché la salute gli lancia qualche preoccupante grido d’allarme. Ritorna la passione per il volo. Il genio di Pastrone inventa la pressurizzazione delle carlinghe degli aerei, non gli sono mai piaciuti i piloti all’aria aperta, dirà un giorno. 

 

Lotta contro il cancro inventandosi una macchina a scariche elettriche

 

Non vuole cedere il brevetto in Italia e lo deposita in Francia. Nel 1924, a 42 anni, gli viene diagnosticato un tumore. Non s’arrende, studia testi medici, segue congressi, è convinto che il male abbia un’origine unica per tutte le sue manifestazioni, che lo si possa curare attraverso l’elettricità, il magnetismo, con serie di applicazioni e scariche. Compra una Villa sul Po, in corso Casale, mette sotto contratto alcuni medici e infermiere e inizia a curare se stesso e i pazienti con una macchina che ha costruito, in parte con le sue stesse mani, e che definisce “La macchina che lancia dardi dagli occhi”. Va in collisione con i medici delle Molinette ai quali propone l’acquisto e l’utilizzo dell’attrezzatura. I grandi medici torinesi contro un ragioniere astigiano. La cosa finisce nel nulla, tra minacce di denunce e denigrazioni. Trascorre i periodi di riposo tra la casa astigiana, la villa di Mombarone e Villa Pastrone di Groscavallo in Val di Lanzo, dando sfogo alla passione per la fotografia e continuando a far lavorare la sua mente geniale e prolifica. L’amore per i cani lo fa entrare nel mondo degli appassionati cinofili. È presidente di un gran numero di concorsi che segue, come è nel suo carattere, con una meticolosità e precisione che a volte stupisce il resto della giuria. Nel 1931 ritorna negli studi cinematografici per una riedizione di Cabiria. Il mondo della celluloide è cambiato. Nel 1928 il “Cantante pazzo” americano ha dato voce alle immagini, il mondo è impazzito, il fenomeno ha mietuto vittime nel cinema. Pastrone vuole rivedere il suo colossal, trova Cabiria “troppo lungo e troppo muto”, la colonna sonora di Pizzetti, a parte la “Sinfonia del fuoco”, non lo soddisfa più, sente che il pubblico potrebbe snobbare la proiezione del suo gioiello. Gira alcune scene che ritiene importanti come supporto alla nuova versione e affida il compito di comporre una nuova colonna sonora a due musicisti di grande esperienza, Luigi Avitabile e Josè Ribas per la Casa editrice di Carlo Alberto Rossi, registrato in Bixiophone. Aggiunge una serie di effetti sonori, di voci, convinto di offrire qualcosa in più al pubblico senza snaturare la natura vera di Cabiria che resta un film muto. Per il resto della sua vita Pastrone vive a Torino, sempre più immerso nella sua attività legata alla medicina e al funzionamento della sua clinica, continuando a scontrarsi con il mondo accademico e mal sopportando le critiche. Si concede solo più brevissimi periodi di sosta e riposo a Natale e a Ferragosto, che passa a Groscavallo in compagnia della famiglia, seguendo con amore, ma con fermezza tutta pastroniana la crescita dei due nipotini Giovanni e Giorgio. Non smetterà mai di definirsi “un ragioniere d’Ast”. Muore a Torino il 27 giugno 1959. È sepolto al Cimitero monumentale di Torino, in corso Novara 135. Asti pareva aver dimenticato Pastrone. Gli era stata intestata una via, cortissima, posta di fronte alla ex Clinica San Secondo. Nel Duemila, con la riapertura del Teatro Alfieri, gli è stata intestata la sala cinematografica ipogea. Dal 2003, l’Associazione astigiana “Terre e Memorie” organizza annualmente eventi in suo onore e nel 2004, in partenariato con il Comune di Asti, ha realizzato un busto in suo onore, opera dello scultore Raffaele Mondazzi, posto nella saletta d’ingresso la Sala Pastrone, detta ora saletta Cabiria.   

Cabiria”, uscito nel 1915. Pastrone ci spese una fortuna, ma il film fu un successo strepitoso
“Cabiria”, uscito nel 1915. Pastrone ci spese una fortuna, ma il film fu un successo strepitoso
“Cabiria”, uscito nel 1915. Pastrone ci spese una fortuna, ma il film fu un successo strepitoso
La Scheda

 

 

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Astigiani è un'associazione culturale aperta, senza scopo di lucro, che ha bisogno del sostegno di altri "Innamorati dell'Astigiano" per diffondere e divulgare la storia e le storie del territorio.
Tra i suoi obiettivi: la pubblicazione della rivista trimestrale Astigiani, "finalizzata alla raccolta e diffusione di informazioni e ricerche di storia e cultura astigiana dal passato remoto a quello prossimo, con uno sguardo al presente e la visione verso il futuro (dallo statuto), la raccolta di materiale per la creazione di un archivio fotografico, video e documentale collegato al progetto "Granai della memoria", la realizzazione di presentazioni pubbliche e altri eventi legati al recupero della memoria del territorio.

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