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L’acciugaio che lasciò il diploma nel cassetto

Quel profumato negozio di via Ottolenghi, storia di Mario Delpuy 15 gennaio 1927 - 28 gennaio 2019

Quando sei l’ultimo di una dinastia, diventi oggetto di un sentimento misto di ammirazione e affetto. La dinastia di Mario Delpuy era quella degli acciugai di Asti, e prima della sua scomparsa, avvenuta lo scorso 28 gennaio a 92 anni, erano stati in tanti a dedicargli interviste e tributi.

Su YouTube si trova il lungo racconto in prima persona di Delpuy raccolto da  Massimo Barbero per Il “Banco delle memorie”, iniziativa voluta dal regista e autore teatrale Luciano Nattino per raccogliere le testimonianze di chi ha segnato la storia e la cultura astigiane.

L’Anciué una traccia nella memoria comune l’aveva lasciata eccome. Nella videointervista – pur affaticato dagli anni – riesce a esprimere in modo lucido l’unicità della sua esperienza. L’associazione Astigiani gli aveva assegnato nel novembre 2017
il Premio Testa d’Aj, riconoscimento attribuito, durante i giorni del Bagna Cauda Day, a coloro che hanno dimostrato di saper andare contro corrente.

Il padre Giovanni con la moglie Giovanna Girardi

 

Ritratto di Mario Delpuy

 

Mario Delpuy si presentò a Palazzo Ottolenghi con il vestito buono non tradendo alcuna emozione. Accanto agli altri premiati (il collega acciugaio della Valle Grana Giovanni Martino, la vignaiola Mariuccia Borio, il fumettista Luigi Piccatto e il patron di Striscia la Notizia Antonio Ricci) affascinò tutti con il racconto di spicchi della sua vita. Forbito e
appassionato descrisse la pesca nel mar Cantabrico e colpì Ricci, ligure di origine, con la storia del “balon” che le acciughe fanno all’alba: «Sono quelle pescate all’alba le più pregiate».

Con Mario Battista Delpuy se ne è andato l’ultimo testimone di un profumato angolo di Asti: la scalinata che scende da piazza Roma verso via Ottolenghi. Lì a fianco era allestito quello che per gli astigiani era “il banchetto dell’acciugaio”. Quell’angolo di
centro storico, in realtà, accolse soltanto l’ultima parte della lunga carriera di Mario Delpuy.

Aveva iniziato negli Anni Trenta poco più che bambino, aiutando il nonno Giovanni Battista, conosciuto come “l’acciugaio di Costigliole”. Era stato quest’ultimo a stabilirsi nell’Astigiano, discendente di una famiglia originaria di Paglieres, in Val Maira. Come altre valli occitane, erano scesi da lì gli ambulanti che commerciavano pesce sotto sale. Negli anni in cui Mario vendeva le sue prime acciughe, gli anciué spingevano il proprio carretto a mano, da una collina all’altra.

Era vivido in Mario il ricordo dello zio: «Partiva il lunedì mattina da Asti e a piedi raggiungeva San Marzanotto, da lì Rocca d’Arazzo, poi a Montaldo Scarampi, e scendeva il martedì al mercato di Montegrosso. Il mercoledì invece da Isola tornava ad Asti per il mercato di Santa Maria Nuova». Al termine di quelle sfiancanti giornate di autunno e inverno – era un mestiere stagionale – a volte era un cliente a offrire all’acciugaio un giaciglio nella stalla. «Mio zio non si levava nemmeno il vestito di fustagno: la giacca aveva tasche segrete dove erano custoditi centesimi, soldi e lire. Al mattino si riprendeva a spingere il carretto con i barili di castagno da 50, 60 chili».

I Delpuy presero un magazzino a due passi dalla Sinagoga di Asti, e quando l’attività di famiglia passò nelle mani del padre Giovanni, Mario dovette accettare il fatto che tra le acciughe ci avrebbe passato tutta la vita. Si trovava bene tra i libri, che però avevano il difetto di costare troppo. Il padre fu categorico nell’indicargli il mestiere come priorità. «Non si poteva dire di no a mio padre, mai – racconta nella videointervista – così fui
avviato al commercio e lo aiutai a gestire il magazzino. Ero l’unico su cui poteva contare per continuare i mercati. C’era questa mentalità per cui era necessario trasmettere la conoscenza del mestiere».

Mario Delpuy durante uno dei suoi ultimi mercati a Nizza Monferrato

 

Non smise però di studiare e riuscì comunque a diventare ragioniere nel 1944, ma il diploma finì in un cassetto. Finita la guerra gli affari crebbero. Fu lui a occuparsi dell’apertura di un nuovo magazzino all’ingrosso a Torino nel 1952. Un investimento di 800 mila lire. «Mandai un telegramma a mio padre che in quel momento si trovava
in Sicilia, chiedendogli di mandare su i barili di acciughe. Lui li fece spedire, ma quando tornò mi disse di continuare a fare i mercati, perché il magazzino l’avrebbe diretto lui». Fu un buon affare per la famiglia Delpuy, perché nel frattempo Torino stava crescendo: la Fiat assumeva e l’indotto portava lavoro e reddito a una popolazione sempre più numerosa.

L’esperienza in Spagna tra i pescatori del Mar Cantabrico

Cresceva la richiesta di pesce, non solo acciughe, ma anche tonno, sgombri, sardine. Per assicurarsi gli approvvigionamenti, i Delpuy negli Anni Cinquanta avviarono uno stabilimento per la salagione in Spagna, nei pressi di Santander. Mario lo frequentava nei mesi primaverili e imparò lo spagnolo. Non solo: acquisì una conoscenza profonda
della pesca, delle specie marine, della conservazione degli alimenti. Nelle sue interviste parlò spesso del sale, spiegando che non è tutto uguale: meglio il salgemma del sale marino, e guai a usarlo umido, o il sapore è rovinato.

La conoscenza della materia prima fu fondamentale e gli offrì un vantaggio sui mercati italiani, dove era rinomata la qualità del suo prodotto. Ma davanti ai suoi occhi, il mondo cambiava. Il mare era stato sfruttato senza criterio, e in particolare si rese
necessario regolamentare la pesca nel Cantabrico, da cui giungevano le acciughe più apprezzate. Però ne arrivavano altre da Sicilia, Grecia, o addirittura da Honduras, Cile, Argentina.

Mario Delpuy macinava mille chilometri alla settimana per raggiungere mercati e clienti: «Ho consumato quattro furgoni Volkswagen», confessò. Fino agli Anni Settanta fu attivo il magazzino di via Ottolenghi, che si ridusse poi a piccola rivendita gestita fino all’ultimo dalla mamma Anna Girardi, scomparsa nel 1995 a 94 anni. Quell’angolo di Asti era ben conosciuto da chi voleva approvvigionarsi di acciughe per una buona bagna cauda.

Ultimo a destra, tra i vincitori del Premio Testa d’Aj nel novembre 2017

 

Mario Delpuy, ormai in pensione, frequentò i mercati (e anche le osterie) della provincia ancora per quasi vent’anni, salendo la mattina presto sul treno o su una corriera con qualche latta delle sue acciughe. Poi le condizioni di salute lo indussero al ritiro alla Casa di riposo Città di Asti, dove ha letto e scritto appunti fino all’ultimo. L’Anciué avrebbe voluto passare testimone ed esperienza a nuove generazioni di appassionati. Eppure un messaggio ai giovani lo ha lasciato, un messaggio che curiosamente non
parlava di acciughe, ma di libri.

Lo scorso novembre fu intervistato da alcuni ragazzi che partecipavano a Bagna Cauda alla Lavagna, l’iniziativa promossa dal Bagna Cauda Day che coinvolge gli studenti delle scuole medie. Ormai novantenne, Delpuy ha lasciato loro una raccomandazione, maturata sulla propria esperienza: «Non smettete di studiare. Anche se il diploma è solo un vestito, vi può servire molto nella vita. È con la cultura che si può fare molta strada». Perfino più che con le acciughe.

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