L’incontro con Teresa Viarengo Amerio: 300 canzoni salvate dall’oblio
Franco Coggiola se n’è andato da quasi vent’anni, nel maggio del 1996, ma basta entrare nella casa del centro storico di Asti dove vivono Vittoria, la moglie, e Giacomo, il figlio, per ritrovarsi quasi per incantesimo nel suo mondo fatto di voci e di canzoni, con i dischi, le locandine degli spettacoli, i ricordi di una vita spesa in giro per il mondo. Nato ad Asti nel 1939, Franco Coggiola ha collaborato con le edizioni Avanti e con il Nuovo Canzoniere Italiano e infine con l’Istituto Ernesto de Martino, di cui è stato prima conservatore dei materiali e dal ’72 direttore, fino alla prematura scomparsa. Con personaggi come Dario Fo, Roberto Leydi, Gianni Bosio, Alessandro Portelli, Ivan Della Mea, Giovanna Marini, Michele Straniero, Eugenio Cirese ha condotto ricerche, prodotto dischi e portato in scena spettacoli. Il suo lavoro ha posto le basi per un metodo e costituito un prezioso archivio, prima che i cambiamenti cancellassero il patrimonio popolare.
Fondamentale fu il suo incontro con Gianni Bosio a Milano, dove si era trasferito per seguire una scuola per interpreti. Gianni, mantovano di Acquanegra sul Chiese, è stato protagonista di un lavoro di ricerca e di organizzazione culturale che ha posto al centro la storia del mondo popolare e delle classi che allora erano definite “non egemoni”, a partire dalle loro espressioni culturali. Con Bosio Franco ha iniziato, nel 1965, la sua attività di ricercatore, coinvolgendosi poi a fondo nelle attività del Nuovo Canzoniere Italiano, che lo hanno visto produttore di dischi e organizzatore di spettacoli.La sua ricerca è stata talmente ampia e diversificata che risulta difficile ricostruirla in modo completo. Quando, nel 1965, entra a far parte del gruppo che fa capo all’Istituto Ernesto de Martino, Franco ha già all’attivo moltissime registrazioni sul campo, fra cui le più importanti sono quelle, a partire dal marzo 1964, con l’astigiana Teresa Viarengo Amerio, custode di un eccezionale repertorio di canzoni tradizionali, un pozzo di memorie: sono più di 300 quelle registrate da Franco. Notevole, in particolare, la grande quantità di canti narrativi riscontrabili, in lezioni diverse, nelle varie raccolte ottocentesche riguardanti la regione e soprattutto nella raccolta dei Canti Piemontesi del Nigra: quella sua scoperta portò ad un disco importante: Il cavalier crudele. La moglie Vittoria ricorda la ricerca in Sardegna, cui ha partecipato fra il 1969 e il 1970. Incontrarono pastori, pescatori, minatori, carbonai, gente delle tonnare… registrarono le danze e le feste tradizionali, documentarono la religiosità popolare, il canto tradizionale e il nuovo canto sociale.
Nel 1997 a un anno dalla morte ad Asti arrivano i suoi amici per ricordarlo a Chiaroscuro
Nel 1997, un anno dopo la morte, Asti ricordò Franco nell’ambito di Chiaroscuro, la rassegna organizzata dalla Biblioteca che è rimasta nella memoria per la travolgente presenza di scrittori sudamericani del calibro di Luis Sepulveda, Paco Taibo II, Daniel Chavarria e altri. Quell’anno arrivarono in città Giovanna Marini, Paolo Pietrangeli, Ivan della Mea, Cesare Bermani, Paolo Ciarchi e fu pubblicato un numero speciale di Palinsesto, il periodico della biblioteca, che ne riporta il ricordo e le testimonianze. Peppinu Marotto, poeta sardo, scrive Sonettos pro sa morte de Franco Coggiola, Paolo Pietrangeli gli dedica una canzone, Ivan Della Mea ricorda che «chi ha compagni non muore», Cesare Bermani l’inizio di un’amicizia nata sui campi da tennis (Franco, la cui famiglia gestiva ad Asti il Circolo della mura, era un ottimo giocatore), Giovanna Marini sottolinea la profonda influenza di Franco sulla sua vita artistica.
Tutti mettono in rilievo le sue competenze straordinarie, la capacità di lavoro, la facilità nei rapporti umani e le sue mille conoscenze in giro per il mondo. E sono ancora le parole a ruota libera di Giovanna Marini a Piadena (con la sua mitica Festa della Lega di cultura) che restituiscono tanti frammenti del Coggiola uomo e professionista: «… Questo qua, io devo diventare amica di questo qua, questo è straordinario… E così veniva a casa mia, a Roma, sempre con quel suo giubbottino senza maniche di lanetta che io guardavo con venerazione perché mi pareva un indumento di Franco fondamentale di questa sua natura che aveva un po’ della saggezza del pecoraio sardo e allo stesso tempo la competenza di uno studioso, però senza mai darla a vedere! Ecco io li ho conosciuti così [gli studiosi e i ricercatori], o pallosi o introversi, e Franco era l’introverso; ma un introverso “solare” che sapeva ridere… Quando provavamo Ci ragiono e canto con Dario Fo e i Piadena… non avete idea di quel che succedeva alle prove… in mezzo a tutto questo, Franco sembrava un blocco notes, pigliava appunti, ma tutto nella testa… La memoria di Franco, oggi, non è una memoria, è una presenza costante». Vittoria sfoglia i documenti e scova le fotografie del compagno, ci fa ascoltare canzoni cantate con la sua bella voce, e ne mette in rilievo uno dei dati caratteriali più tipici: una riservatezza che confinava con la voglia di nascondersi, con la volontà di confondersi nel lavoro collettivo, l’unico che per lui contasse davvero. «Era silenzioso e indistruttibile come la memoria» ha scritto di lui Alessandro Portelli. Forse è il suo ritratto più vero.
Dai dischi del sole alla riscoperta di “bella ciao”
Mimma Bogetti e Giovanni Ruffa
Nel 1965 registra in varie località emiliane il repertorio in uso in occasione delle festività “politiche”: esecuzioni bandistiche da cui sono stati tratti molti brani pubblicati nei Dischi del Sole. Nel 1967 comincia insieme a Riccardo Schwamenthal e Franco Castelli una ricerca focalizzata sulla provincia di Alessandria che terminerà nel 1968 dando vita allo spettacolo Domani Alessandria Ieri Oggi noi. In quell’occasione fu scoperto Ernesto Sala, l’ultimo grande suonatore di piffero della zona. Nello stesso anno parte una vasta campagna di ricerca sul lavoro in risaia. Lavorando sui canti della Resistenza, Franco si era reso conto dello stretto legame intercorrente fra quelle canzoni e il repertorio tradizionale, a cominciare dalla più famosa, Bella ciao, di cui svelò l’origine di canto di risaia. La ricerca continua nel 1968-69: si tratta di uno dei lavori più importanti dell’Istituto Ernesto de Martino. Nel maggio-giugno 1968, inviato a Parigi, raccoglie la documentazione diretta del maggio francese, dando vita alla più grande raccolta di materiali orali in argomento esistente al mondo. Insieme a Cesare Bermani effettua poi altre registrazioni che documentano l’occupazione dell’Università Statale di Milano. Fra il 1969 e il 1970 svolge una lunga ricerca in Sardegna, nel corso della quale incontra pastori, pescatori, minatori, carbonai, tonnaroti. Nel 1970 si dedica al canto sociale in Emilia Romagna. Nel 1972 segue l’occupazione della Crouzet, una fabbrica milanese dove le operaie protestano contro il progettato trasferimento dello stabilimento da Milano a Zingonia. Per lui il mondo popolare e proletario e le sue espressioni andavano studiate nel passato, per conservarne la memoria, ma anche nella contemporaneità, per metterne in rilievo i caratteri peculiari, alternativi.
Sul finire dello stesso anno parte, per volontà della Regione Lombardia, un lavoro che impegnerà fino al maggio 1974 sedici ricercatori e che prevede di tracciare uno spaccato della realtà culturale della regione lombarda seguendo il corso del fiume Adda fino al lago di Como e al Po. Coggiola registra per primo nell’area di Premana, nell’alta Val Varrone. Nel 1981 cura insieme a Gilberto Grasso, Piero Perotti e Marco Revelli il film I trentacinque giorni della FIAT. Uomini in carne e ossa. Una sconfitta operaia, risultato di una ricerca in fabbrica. Negli anni 1994-95, mostra attenzione per le “posse”, giovani espressioni musicali che usano il dialetto e testi dai contenuti di critica socio-politica. Intanto, dal 1994 l’Istituto de Martino trova sede a Sesto Fiorentino, dove Coggiola si trasferisce. Nel marzo 1996, insieme a Cesare Bermani e Claudio Lolletti, ripercorre il cammino di Ernesto de Martino in Romagna durante la Resistenza e le sue ricerche negli anni Cinquanta.
Gli spettacoli teatrali
Nell’ottobre del 1966 Franco Coggiola entra stabilmente a lavorare alle Edizioni del Gallo di Milano, retroterra delle attività dell’Istituto, come ricercatore e montatore dei materiali sonori. I dischi non solo montati, ma curati da lui sono stati una ventina, in diverse collane: Canti sociali italiani, l’Altra Italia, Archivi sonori, Gli uomini, le opere e i giorni, L’Italia nelle canzoni, La Quarantacinquegiri. Da ricordare le sue esecuzioni di Miseria Miseria (in Avanti popolo alla riscossa), Or che innalzato è l’albero e Amore ribelle (in Quella sera a Milano era caldo), Curagi Fiöi (con Cesare Bermani, in Camicia rossa). Nel disco Italia Le Stagioni degli anni ’70, curato insieme ad Alessandro Portelli, fatto di documenti originali di tutte le regioni italiane, compaiono anche registrazioni e fotografie della Festa del pitu di Tonco. Vanno ricordati Ci ragiono e canto, nel 1966, rappresentazione su materiale originale curato da Cesare Bermani e Franco Coggiola, con la regia di Dario Fo, in cui Franco compare anche fra gli interpreti; La canzone popolare narrativa. Prova di concerto n.1, con Roberto Leydi, in cui è anche interprete. Nel 1968, Domani Alessandria Ieri Oggi noi, rappresentazione popolare in due tempi su materiale originale raccolto da Franco Castelli, Franco Coggiola e Riccardo Schwamenthal. È anche interprete. 1970, La Grande Paura, rappresentazione popolare in due tempi a cura del Collettivo Teatrale di Parma su materiale originale raccolto da Cesare Bermani, Gianni Bosio e Franco Coggiola. 1971, Il bosco degli alberi. Storia d’Italia dall’Unità a oggi attraverso il giudizio delle classi popolari, rappresentazione popolare in due tempi a cura di Gianni Bosio e Franco Coggiola.